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No Art – A lullaby for the death, il nuovo lavoro di Sofia Bucci

A cura di Giorgia Molinari

A lullaby for the death: una canzone. Un video. Un racconto. Un colore. Una serie di fotografie. Una fotografa che ogni tanto scrive, due tipografe amanuensi e un musicista.

A lullaby for the death è il titolo del nuovo lavoro fotografico di Sofia Bucci, una fotografa di Giulianello (Lt) classe 1991.

A lullaby for the death sono le ninna nanne che avreste sempre voluto e non vi hanno mai cantato. Il primo numero è dedicato alla casa, al ritornare a casa. Protagonisti sono il lago e l’azzurro. Degli occhi, del cielo, dell’acqua, del silenzio. Di tutto ciò che ci appartiene inesorabilmente da sempre, dalla nascita alla morte. La canzone scelta non parla che di questo: I’m coming back home di Bakemono.

 

Abbiamo incontrato Sofia Bucci per farci raccontare di più su questo nuovo e appassionante lavoro.

 

Da dove è nata l’idea di A lullaby for the death?

È nata tra le pareti azzurre della mia stanza con l’intenzione di essere una sfida. “A lullaby for the death” nasce da un video, il mio primo video realizzato completamente da sola, la mattina del 25 Gennaio 2017. Dal video sono nate le foto, la scelta della colonna sonora targata Bakemono, l’inserimento del racconto e da qui il packaging che poteva contenere tutto ciò: un vinile 45 giri, senza vinile.

 

Il tuo lavoro precedente, Dodici, era “un sudario di un trauma”, A lullaby for the death è la pagina successiva al superamento del trauma?

È la consapevolezza del superamento e della trasformazione. È un inno a tutte le cose perdute, alle cose che non avremmo mai voluto perdere ma per fortuna non le abbiamo più. “A lullaby for the death” è la colonna sonora per cullare il buio e attraversare le gallerie.

 

Che cos’è l’azzurro per Sofia Bucci?

L’azzurro è la sintesi di tutto. Sono le pareti della mia stanza, l’acqua del lago del mio paese. Il silenzio e le bugie velate. La calma apparente e l’impeto della tempesta. L’azzurro sono gli occhi in cui mi specchiavo quando era buio e potevo avere il cielo affianco, di fronte. Sono gli occhi che ho avuto la fortuna di perdere quando si sono chiusi.

L’azzurro di cui parlo è un azzurro incontaminato, qualcosa di puro, di liscio come la pelle della schiena, di dolce come l’acqua del lago. Di imprevedibile come le profondità, del buio che può calare all’improvviso, delle spalle voltate e i calci in faccia. Della resistenza alla banalità e alla superficialità. Della forma più grande di Amore, ovvero la Libertà e la Verità. “Che possa esploderti in faccia e spaccarti la testa”.

 

Il cofanetto di A lullaby for the death contiene sia aspetti analogici che digitali: oltre alle foto e ad un racconto, ci sono un poster stampato a caratteri mobili e un QR code che rimanda ad un video. Qual è l’aspetto predominante in Sofia Bucci?

Sicuramente l’aspetto analogico. Nasco dalla pellicola, dai libri realizzati a mano e perennemente innamorata del Letterpress. In generale sono molto vicina a tutte le tecniche che prevedono una manualità e un certo peso materico. L’inserimento del QR code è il primo passo verso il ponte che può ricollegarci al mondo digitale.

 

Perché hai scelto proprio la stampa a caratteri mobili?

Non è la prima volta, già Dodici aveva un suo precedente, un mio testo stampato interamente in Letterpress. Questa volta il lavoro è stato completamente affidato alle ragazze di Betterpress Lab (Via Eugenio Barsanti, 14 – Roma ) che ne hanno fatto una vera e propria grafica d’arte. Il motivo è tutta la pressione, l’inchiostro, il sudore che c’è dietro una stampa, che sono le mani che aiutano ad unirci. Vuoi mettere tutte le sbavature e la puzza d’inchiostro contro una stampa piatta digitale?

 

In questo lavoro hai abbandonato le Polaroid, è una necessità momentanea o un segno di un cambiamento più profondo?

Una necessità momentanea, per questo lavoro non era il mezzo che volevo. Probabilmente salterà fuori qualcosa di nuovo. Ma appunto nasce da un fattore digitale come il video. Il Polaroid solo questa volta è stato messo da parte. Ma ritorneremo.

 

È possibile acquistare A lullaby for the death a questo indirizzo.

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Nasce nello stesso paese di Martufello, dove cresce mangiando crostatine alle visciole. Scegliendo di seguire i sogni, si iscrive ad Archeologia innamorandosi della preistoria anatolica. La vita da pendolare non fa per lei: impacchetta la sua roba e approda a Rebibbia insieme al pappagallo Rio; a casa giù torna spesso, ché 90km son troppo pochi per fuggire davvero. Vorrebbe essere una bolla di sapone, crede di essere una volpe selvatica, in realtà cerca di fare tutto incastrando vita e accolli.

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