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No Interview – Profuma di Sicilia “Pericoli e ballate”, il nuovo disco di Salamone

Pericoli e ballate è il titolo del nuovo album del cantautore siciliano Salamone. A distanza di due anni dall’esordio con “Il Palliativo”, in questo disco troviamo dieci brani accomunati da una scrittura sicuramente fuori dagli schemi, intimista e poetica; storie che raccontano la nostra epoca con la giusta dose di cinismo ed ironia.

Abbiamo fatto una chiacchierata con l’artista per scoprire qualcosa in più riguardo a questo secondo lavoro.

 

Che storie ci propone “ Pericoli e ballate”?

In “Pericoli e ballate” si racchiude il mio mondo di uomo e di abitante del mondo, ma soprattutto si respirano le strade battute, la gente incontrata e l’eco della mia città. E’ un disco partorito interamente nel cuore di Palermo e credo si possa accostare metaforicamente a questo grande porto di mare, il quale racconta molto ma destina alcuni aspetti di sé solo a chi è capace di analizzare la realtà con una coscienza poco incline al perbenismo e alle convenzioni. In avvio e in chiusura di album ci sono brani in cui il centro narrativo è costituito da quella che io chiamo la mia “insana ironia”, soprattutto nel singolo del disco che è “Se non m’inganno”, dove irrido la mafia ed i “padroni”, analizzando in parte le cause storiche del problema secondo il mio punto di vista. Il resto si apre semplicemente agli incontri, alla passione, alla ricerca di un io più intimo e ad un approccio nel quale si racconta di benevoli stranezze e di “anime fragili”, che hanno tanto da raccontare.

 

Nel disco si respira molta aria siciliana. Quanto sei legato alla tua terra?

La terra in cui nasci e che respiri sin dai primi echi di esistenza è come una madre, penso per qualsiasi uomo. Lo spirito di adattamento di un siciliano è forte quanto combattuto. Nelle mie canzoni c’è gente, ci sono contrasti, luci, ombre che la Sicilia e in particolare Palermo mi hanno indotto a descrivere. Sì, sono molto legato alla Sicilia e soprattutto a Palermo che penso mi abbia insegnato il caos non solo emozionale, ma visivo, musicale, teatrale. E sono legato molto ai sapori, all’aria e a quella spontaneità che a volte può essere anche fuori luogo ma che ti fa vivere continuamente all’interno di un vasto palcoscenico.

 

Nel brano “Terusa” hai accompagnato con la musica parte di un testo di Neruda. Perché hai scelto questo poeta?

E’ l’unico brano il cui testo non è nato dalla mia penna… avevo composto questa musica che mi piaceva molto ma pur avendo un bel corpo era praticamente arida di parole, e così stava per essere catalogata, come un brano strumentale. Ma il cruccio di metterle le parole era diventato ormai una sfida per me. Tra i tanti miei libri mi trovai tra le mani un giorno “Todo el amor” di Neruda, scrittore che amo,  e a un certo punto mi soffermai analizzando la musicalità di quella prosa e mi accorsi che le misure combaciavano quasi a perfezione. Arrangiai il brano e incominciai a suonarlo dal vivo e successivamente lo incisi e adesso fa parte di questo disco.

 

 

In cosa trovi più ispirazione per comporre?

L’ispirazione è quasi evanescente per me…non mi metto lì – quasi mai – a cercare canzoni. Diciamo che il più delle volte è la canzone, è una musica, un ritmo, una melodia…che vengono a bussare alla porta della tua creatività. Certo è che nelle mie canzoni trovo spunto sia dal mio vissuto che da quello di altra gente, da concetti che mi balenano in testa, e sicuramente sono influenzato dalla mia esperienza di vita e dalla mia abitudine a guardare senza paraocchi e senza filtri le cose che mi circondano.

 

La tua passione per la musica nasce durante l’infanzia; già a 9 anni inizi a studiare pianoforte e solfeggio. Chi ti ha avvicinato a questo mondo?

Ma… diciamo che vengo da una famiglia dove – per capirci – subito dopo pranzo, anziché riposare o guardare la tv ci si metteva attorno alla tavola per cantare insieme…con mio padre che suonava la chitarra, quindi sin da piccolissimo ho avuto in mano la prima chitarra grazie a mio padre; poi mi sono avvicinato al piano e al canto  e già a tredici anni scrivevo. Sono stato molto fortunato a crescere in quest’ambiente dove la musica contava e dove anche il teatro o altre forme artistiche come la pittura, la letteratura, hanno fatto parte della mia crescita di uomo e artista.

 

Hai ricevuto diversi riconoscimenti importanti negli ultimi anni, ce n’è uno che ti ha particolarmente emozionato?

L’anno scorso ho vinto il “Premio Bruno Lauzi” e devo dire che è stato quasi imbarazzante vincere i tre premi più importanti per il brano originale in un colpo solo…la giuria mi ha assegnato i premi all’unanimità ma ciò che mi ha fatto sentire veramente bene è stata la gente che sin dal momento della mia esibizione aveva veramente uno sguardo e un’attenzione palpabili e che si sono appalesati ancora prima della proclamazione…tutti a coccolarmi, a dirmi che si erano davvero divertiti ed emozionati…insomma, lì ho capito che gli artisti, i musicisti, oltre ad essere merce rara per la gente che sta dall’altra parte sono come un cassetto di emozioni che si apre solo se l’artista c’è e fa bene il suo mestiere.

 

 

Intervista a cura di Cinzia Canali

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Cinzia Canali nasce a Forlì nel 1984. Dopo gli studi, si appresta a svolgere qualunque tipo di lavoro, ama scrivere e ha la casa invasa dai libri. La musica è la sua passione più grande. Gira da sempre l'Italia per seguire più live possibili, la definisce la miglior cura contro qualsiasi problema.

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