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No New – Monica P e le mille sfaccettature di quel “Rosso che non vedi”

Rosso che non vedi è il titolo del terzo disco di Monica P, nome d’arte di Monica Postiglione, cantautrice nata a Torino e cresciuta tra la West Coast e l’Inghilterra.

Cantato melodico, rock e testi diretti si dosano sapientemente tra le dieci tracce di questo lavoro prodotto da Don Antonio e uscito ad ottobre per l’etichetta A Buzz Supreme.

 

A che immagini potremmo associare “Rosso che non vedi”?

Al politico che parla e dice le solite quattro cazzate che gli convengono, alla realtà distorta, alla verità nascosta, alla foto ritoccata, all’amore profondo, a quello che non hai per te stesso e a quello che non sai accogliere o dare. Alla violenza contro i più deboli, alla tua impotenza davanti ad essa, alla maschera che devi indossare perché sennò sei out. A una strada dritta che non finisce mai, alla tua passione, alla vanità che ti fa mettere in posa perché la foto su Instagram “deve venire figa”, a un mercato urlante dove nulla è necessario, al rumore che ti assorda, alla rabbia che ti trasforma, alla paura che ti immobilizza. A uno spazio che esiste e da tutto questo ti salva e che è solo dentro di te. A tutto quello che ti viene in mente pensando a “Rosso che non vedi” 😉   

In questo disco troviamo sonorità più pop rispetto ai precedenti, è stata una scelta ben precisa o semplicemente hai scritto i nuovi pezzi con uno spirito diverso?

La mia scrittura e le tematiche non sono poi così diverse dai brani dei miei dischi precedenti. Come hai intuito sono nati con uno spirito diverso, ma in tutti e 3 i dischi c’è sempre la Monica P dall’animo rock ed essenziale, messa a nudo in modi diversi, tra fragilità e dissenso, di fronte alle cose che vede e percepisce di se stessa e del mondo. Tutto il resto è una questione di suoni e arrangiamenti, e mi pareva che questi fossero adatti ai testi e al mio stato d’animo del momento.

“Tuttofare” rappresenta perfettamente la situazione attuale. La disoccupazione, anche se si vuol far credere il contrario, non cala e lo stress generato da tutto il caos in cui siamo immersi non ci permette più di condurre vite “normali”. L’unica soluzione per salvarci è riuscire a trovare uno spazio solo nostro, senza tempo, in cui ritrovare l’energia e la vera essenza della vita. Impresa difficilissima ma fondamentale.

Qui non c’è una domanda, hai colto in pieno, vedo. Potevo soltanto ironizzare e ridicolizzare questa “era del Tuttofare”, dove io sogno di immergermi nella cultura del “fare qualcosa in meno”, semplicemente perché il contrario tanto non è mai abbastanza e finisce solo con l’alienarci. Riuscissimo a vivere pensando all’essere e non al fare, credo ci sentiremmo tutti più gratificati.

 

 

Un altro brano che ho apprezzato molto è “Calma apparente”: è possibile ritrovare se stessi e superare quel senso di frustrazione provato di fronte a compromessi che si sono dovuti accettare. Ti sei mai trovata in una situazione analoga nella tua carriera artistica?

Fortunatamente fino ad ora ho sempre fatto quello che volevo con la mia musica. Ho scelto il suono che mi sentivo addosso, i musicisti che mi piacevano, ho detto e scritto quello che mi sentivo, non ho mai dovuto cambiare per forza un ritornello perché qualcuno stabiliva così. E’ il bello, e il “vero” dell’essere indipendenti, che è diverso dal voler fare per forza da soli, sia chiaro. E’ un esprimere se stessi focalizzandosi su chi si è e gioire del fatto che all’ascoltatore arriverà il più possibile quello che tu hai voluto mostrargli. Mi è capitato soltanto di pensare, col senno di poi, che avrei fatto diversamente, se avessi avuto più esperienza.

I compromessi a cui faccio riferimento nel brano sono quelli dettati dalla nostra società ogni giorno e dai rapporti tra le persone, riguardano un discorso più ampio. Non puoi uccidere il panettiere perché ha fatto lo stronzo, quindi scendi a un compromesso. Non puoi sparare al capoufficio perché non ha capito nulla del tuo lavoro, quindi scendi a un compromesso. Però puoi cambiare panettiere e licenziarti, con le conseguenze del caso, oppure ti tieni quel senso di frustrazione castrandoti continuamente, piccola cosa dopo piccola cosa, giorno dopo giorno, finendo con l’annientarti. L’unico compromesso a cui di certo non vorrò mai scendere è proprio quello di apparire qualcosa che non sono, almeno là dove provo la massima libertà: la mia musica.

 L’album è stato prodotto da Antonio Gramentieri (Don Antonio). Com’è nato questo incontro?

Parecchi anni fa, al Barrio a Torino, dove lo vidi in concerto con Hugo Race Fatalist. Sul palco erano in tre, c’era anche Diego Sapignoli, il batterista che più è riuscito ad emozionarmi tra quelli che ho conosciuto fino ad oggi. Quel live mi ha procurato una catarsi, era quello che mi ci voleva in quel momento.

Mi ha lasciato senza parole il suono, la bravura, l’umiltà e la simpatia che hanno avuto quando abbiamo scambiato due chiacchiere dopo il concerto. Da lì a breve ho iniziato a lavorare ai brani del mio album “Tutto Brucia” proprio con loro. Immagina la mia felicità.

Antonio è una perla rara della musica, in più ha un’ampia visione delle cose e passione da vendere.

Una cantautrice italiana con cui ti piacerebbe collaborare?

 Cristina Donà, Nada, Carmen Consoli.

Domanda Nonsense: tramonto in riva al mare o alba sulle Alpi?

Senza dubbio tramonto in riva al mare.

 

 

Intervista a cura di Cinzia Canali

 

 

Written By

Cinzia Canali nasce a Forlì nel 1984. Dopo gli studi, si appresta a svolgere qualunque tipo di lavoro, ama scrivere e ha la casa invasa dai libri. La musica è la sua passione più grande. Gira da sempre l'Italia per seguire più live possibili, la definisce la miglior cura contro qualsiasi problema.

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