L’11 maggio è stato pubblicato “1972”, l’album d’esordio di Andreotti, cantautore indie-pop classe 1993, che ha scelto l’anonimato per presentare la sua musica. Si definisce ossessionato dal personaggio politico, tanto da sceglierlo come nome d’arte, e auspica un inedito ritorno al palazzo, quello della scena indipendente italiana.
Intervista a cura di Egle Taccia
Come mai hai scelto di chiamarti “Andreotti”?
A causa di una mia personale ossessione, quella relativa al personaggio politico Andreotti, un’ossessione tutt’altro che positiva.
La scelta dell’anonimato è volta a dare più spazio alla musica oppure ad attirare la curiosità del pubblico?
Credo entrambe, e la direzione in fondo é la stessa…attirando la curiosità del pubblico puoi fargli ascoltare la tua musica, e quindi, stai mettendo al centro la tua musica.
“1972” è il tuo album d’esordio, il cui titolo rievoca la candidatura vincente di quell’anno. In che modo arte e politica si fondono nella tua musica?
Non credo si fondano. Non c’é nulla di politico in ciò che scrivo.
Musicalmente, invece, qual è il tuo anno di riferimento?
Credo ci siano 5-6 anni che vanno dalla fine degli anni ‘60 ai primi anni ‘70, anni straordinari (musicalmente parlando).
Cos’è per te la scena indipendente italiana? Chi sono i suoi rappresentanti più significativi?
Bella domanda. Ormai é tutto un casino. È indipendente chiunque. Dal ragazzo che gira nei localini di paese a quello che fa sold out negli stadi. Fingendo, però, che non sia così, se dovessi pensare a qualche indipendente italiano penserei ad Andrea Laszlo De Simone. Lui sì che é indipendente, é uno dei pochissimi rimasti, almeno in Italia.
Pensi che negli ultimi anni si sia creata una sorta di confusione e non sia più molto chiaro cosa voglia dire essere indipendenti?
Assolutamente!
È ancora possibile essere dei sognatori oggi?
Credo che tutto sia possibile, quindi sì.
Domanda Nonsense: Qual è il tuo personaggio preferito degli “Aristogatti”?
Senza ombra di dubbio Adelina e Guendalina blabla
