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A 20 anni dalla sua prima pubblicazione, la ristampa di “Ballate per piccole iene” degli Afterhours

A 20 ANNI DALLA SUA PRIMA PUBBLICAZIONE

IL 6 GIUGNO È STATA PUBBLICATA LA RISTAMPA IN EDIZIONE SPECIALE RIMASTERIZZATA DI “BALLATE PER PICCOLE IENE”

 

PER CELEBRARE L’ANNIVERSARIO MANUEL AGNELLI RIUNISCE LA BAND DI QUEGLI ANNI CON VITI, CIFFO E PRETTE: IL TOUR PARTIRA’ IL 26 giugno

 

GLI OPENING ACT SONO STATI SELEZIONATI TRA LE BAND CHE HANNO PRESO PARTE ALLA RASSEGNA MUSICALE “CARNE FRESCA: SUONI DAL FUTURO”, IDEATA DA FRANCESCA RISI E CURATA DA MANUEL AGNELLI, GIOVANNI SUCCI E GIANLUCA SEGALE PER CONTO DI GERMI LDC: UN PROGETTO CHE HA DATO NUOVA LINFA ALLA SCENA MUSICALE EMERGENTE ITALIANA

 

Uscito per la prima volta nel 2005, “Ballate per Piccole Iene” è uno degli album più rappresentativi della musica rock italiana. A vent’anni dalla sua pubblicazione, il 6 giugno, l’iconico disco degli Afterhours torna in una ristampa speciale, pubblicata da USM/Universal Music Italia.

 

Pubblicato nel 2005 da Mescal e distribuito in tutto il mondo nella sua versione inglese da One Little Indian (l’etichetta britannica dell’artista e performer islandese Bjork), l’ottavo album della band raggiunse il secondo posto nelle classifiche di vendita italiane e portò gli Afterhours in tour in Europa, negli Stati Uniti, in Canada e in Cina.

 

“Ballate per Piccole Iene” si compone di 10 tracce registrate in presa diretta tra Catania e Milano da Paolo Mauri e Daniele Grasso e contiene capolavori come “Ballata per la mia piccola iena”, “Ci sono molti modi”, “Carne Fresca” e “La vedova bianca”, ancora oggi parte importante del repertorio live di Agnelli solista e degli Afterhours.

 

Co-prodotto da Manuel Agnelli e Greg Dulli (leader degli Afghan Whigs e dei Twilight Singers che ha anche partecipato alle registrazioni), “Ballate per Piccole Iene” vanta la collaborazione di un’altra eccellenza del panorama musicale internazionale: il missaggio dei sei brani è infatti firmato da John Parish, produttore e cantautore di fama internazionale (PJ Harvey, Eels, Sparklehorse) mentre Hugo Race (Hugo Race and the True Spirit, The Fatalist e chitarrista nei Bad Seeds di Nick Cave) è alla chitarra slide nella title track.

 

La sua copertina iconica è stata realizzata in quattro versioni con foto di Guido Harari e artwork di Thomas Berloffa che, per la ristampa, ha creato una nuova versione della grafica originale.

 

In occasione dell’anniversario Manuel Agnelli ha deciso di tornare sul palco con la band di allora, composta da Andrea Viti (basso), Dario Ciffo (violino, chitarra) e Giorgio Prette (batteria).

 

La storica formazione sarà in tour a partire dal 26 giugno: 19 date per riportare live lo spirito e la forza di “Ballate per Piccole Iene”.

 

La tournée sarà arricchita dalla partecipazione di alcune delle band selezionate dalla rassegna “Carne Fresca, Suoni dal Futuro”, aperta a band tra i 15 e 29 anni, tenutasi per tre serate al mese, ogni mese, al Germi Ldc di Milano da Novembre 2024.

 

Il tour partirà da Bologna il 26 giugno.

 

Abbiamo incontrato Manuel Agnelli.

 

Il disco

 

Gli Stati Uniti sono fatti da immigrati, da gente che è arrivata ed ha spaccato il culo. Per noi è stata una grande lezione, ci ha tolto ogni complesso di inferiorità, ci ha aiutato a vivercela godendocela di più.

 

È successo che a seguito del tour americano e dei feedback di One Little Indian, è stata pubblicata una versione inglese del disco. Abbiamo contattato John Parish, che io già conoscevo, era uno dei miei produttori preferiti. Ci ho provato, lui ha detto di sì. È venuto a missare dei pezzi che avevamo già registrato a Catania. “Ballata per la mia piccola iena” non funzionava benissimo, lui lo ha organizzato a sezioni, dando dinamica al pezzo, facendo entrare e uscire gli strumenti. Lui usa pochissimi riverberi, perché pensa che tolgano personalità. Ci siamo scontrati moltissimo su questo. Io non ho mai avuto il coraggio di portare la mia personalità in un progetto come ha fatto John, e in questo ho sbagliato.

Il mastering fatto allora, invece, non mi piace affatto. Per anni ho skippato dei pezzi perché non mi piaceva la voce, era diventata molto gracchiante. Per questo sono molto felice di questa operazione, perché il remastering per me è stata un’occasione d’oro per dare nuova vita ai brani.

 

Lo ha curato Giovanni Versari. Oltre ai mezzi che vent’anni fa non c’erano, il disco suona dieci decibel più alto dell’altro, in realtà c’è una profondità, una trasparenza, una definizione, che l’altro mastering non era riuscito a dare a queste tracce. In questo disco sentivo quel problema e grazie a questo mastering comincerò ad ascoltarlo. Mi ridà una freschezza, una voglia di ascoltare i pezzi, che avevo perso.  

 

Il ritorno in Italia

 

Partimmo negli Stati Uniti, dove abbiamo fatto una trentina di date. Tornammo in Italia e facemmo una ventina di date, con 7 pezzi in inglese e gli altri in italiano. C’erano 22 pezzi e i pezzi in inglese vennero duramente contestati dal pubblico, nel senso di fischi, lancio di oggetti sul palco. Pensavamo “abbiamo fatto 55 date in italiano, ne facciamo altre 20, vi facciamo sentire una novità” e invece ci fu un rifiuto pazzesco. Quella roba lì ci fece un po’ paura, perché capimmo che c’è un amore pazzesco da parte del pubblico, che però è come avere un marito o un fidanzato troppo geloso che alla fine ti ingabbia. Non ci piacque per niente. Ci furono situazioni estreme, fino a che in Emilia scesi in mezzo al pubblico e picchiai un tizio che mi aveva lanciato un chewing-gum nell’occhio. Lanciai la chitarra di Roberto Dell’Era e scesi in mezzo al pubblico. Mi ruppi la mano, mi vergogno di questa cosa, ma è stato un turning point importante. Fu una cosa terribile, ma che stabilì un punto, da allora nessuno ci ruppe più i coglioni. È come per i cani, fiutano la paura, il pericolo, ed è come se avessimo detto “noi siamo disposti a fare questo per la musica, per cui vediamo fino a che punto arriviamo.” La gente ha capito che poteva anche stare a casa. Gli abbiamo fatto capire che non eravamo disposti a fare dei compromessi. È stata una cosa traumatica, ma secondo me definitiva anche per noi, ci ha fatto capire cosa saremmo stati disposti a fare per la nostra musica. E’ stato veramente fondamentale. Però voglio aggiungere un aneddoto. Quando dopo il fatto avevo la mano rotta, quando mi sono reso conto di quello che avevo fatto, volevo sapere come stesse il tipo ed ho chiesto ai nostri collaboratori, che sono subito andati a controllare e sono tornati ridendo, dicendomi che aveva un occhio nero, ma aveva appena comprato il nostro poster.  

 

Afterhours

 

Mi sono fermato con gli After, perché ero stufo delle dinamiche che si erano create nella band. Sembrava che la band fosse la moglie che deve stare a casa a cucinare e lavare calzini e mutande ed essere pronta a trombare quando vuoi e intanto tu te ne vai in giro a trombare con chi vuoi, per cui mi ero veramente rotto i coglioni. Ognuno dei membri di quella formazione è un grandissimo talento musicale, ognuno di loro ha 5 o 6 progetti diversi, che ha la libertà di curare come e quando vuole, gli After bisognava organizzarli nei ritagli di tempo e questa cosa mi ha stufato, aspettare gli altri mi ha stufato, la programmazione mesi prima mi ha stufato. Si diceva “da settembre andremo in studio per un mese e mezzo per provare a scrivere qualcosa”, non è così che ho iniziato a fare musica! E’ la mancanza di quell’amore vero che ti fa fare le cose anche quando non ti convengono. Era sempre un cercare di fare le cose che fossero perfette per tutti ma non lo erano mai, era sempre un mare di lamentele e perciò ho smesso di suonare con loro. Quando la Universal mi ha proposto di ristampare il disco mi è sembrata una buona idea andare in tour e vedere se chi aveva fatto parte del disco in qualche modo potesse avere quell’energia che mi mancava da tempo. Quando ho parlato con loro ho visto questa luce negli occhi. Era un’occasione per riallacciare dei rapporti che si erano interrotti, non in maniera traumatica, ma neanche in maniera armonica, e anche di sistemare delle cose nella propria vita nel rispetto del progetto Afterhours. Le prevendite sono mostruose. Faremo un tour mastodontico, meraviglioso, perché avremo un mare di gente che rispetta quello che stiamo facendo. È un colpo di mano, però è stato un colpo di mano fatto per amore della visione della musica che voglio avere io. La musica è anche un lavoro, è la cosa che mi ha salvato la vita. Se non c’è quella roba lì diventi un infelice di successo e un infelice di successo è un vero fallito.

 

 

Mercato musicale

 

Mi informo sulla musica vedendo le cose in giro per il web. Ho cominciato a vedere queste piccole rassegne, che ci sono ancora oggi nei centri sociali che sopravvivono in qualche piccolo locale, anche grazie a mia figlia, perché lei suona in una band ed andavo a vederla. Ho scoperto che c’erano altri gruppi che suonavano gli strumenti e suonavano con un certo tipo di attitudine e di suono. Ho scoperto che c’era un pubblico di ragazzini dai 15 ai 30 anni che andava a vedere questi gruppi e quindi mi sono appassionato. Ho cominciato ad andare a vederli anch’io ed ho scoperto che c’erano anche dei buoni gruppi, gente con talento ed idee musicali, e questa roba non la trovavi in giro da nessuna parte, neanche sui giornali specializzati sinceramente, dove continuano ad estrapolare delle piccole perle, ma… lasciamo perdere. Francesca Risi, una dei soci di Germi, ha deciso di organizzare questa rassegna e di chiamarla Carne Fresca ed invitare i gruppi a suonare, con un età compresa tra i 15 ed i 30 anni, perché quella è la fascia dove c’è possibilità di crescere. A quarant’anni non hai possibilità di miglioramento, se non hai combinato niente entro quell’età è difficile che tu possa crescere ulteriormente. È questa la generazione a cui devo dare chance. Vogliono suonare e sono fortissimi per questo e ancora per qualche anno lo saranno ed è come avere un esercito che non pretende niente ed è dirompente. Quando abbiamo aperto ci sono arrivate centinaia di richieste. Gianluca Segale e Giovanni Succi si sono occupati della selezione e ci siamo accorti che una buona percentuale ha delle potenzialità ottime. Preferisco gente con talento acerbo che gente compiuta, buona. Preferisco gente speciale che ancora si deve definire. Questa cosa ci è scoppiata in mano, perché penso che ci sia una sete di cambiamento.

Il mercato musicale

Il mercato musicale è perfetto dal punto di vista imprenditoriale. Sono anni che è strutturato in una certa maniera, è una catena di montaggio super oliata, dove pochissime persone producono i pezzi, pochissime li scrivono, c’è un controllo totale sulla produzione, l’algoritmo, che è entrato a far parte della musica, è nutrito perfettamente da cose che sono tutte uguali. Questi ragazzi vengono presi dai team di produzione per i faccioni che hanno e alla fine vengono sfruttati fino al midollo, ma l’industria discografica non ha costi di produzione, perché sono veramente minimi, non ha costi di distribuzione perché è quasi tutto in digitale, non ha resi, non ha macero, non ha quasi promozione perché sono tutti influencer, si promuovono quasi da soli, alla fine a livello di impresa è fantastico, a livello di qualità è una merda, è una disgrazia. Da vent’anni a questa parte la musica italiana sta diventando una merda, ci sono naturalmente tantissime eccezioni, però il grosso del mercato è quella catena di montaggio lì, che tra l’altro non è aperta a nient’altro, non è aperta a nessun tipo di penetrazione, per cui non ci sono come una volta le sottoetichette delle major che fanno crescere i gruppi, gli fanno fare due dischi per vedere se al terzo esplodono, non è più così, dal primo disco o fai San Siro oppure ti levi dai coglioni e poi anche se fai San Siro vai dallo psichiatra perché non duri più di tre o quattro anni. E’ una grossa palla quella del riscatto sociale che viene raccontata con questa generazione di musicisti. Per cinque che ce la fanno ce ne sono 5 milioni che non ce la fanno. È una bugia, è una palla, questa storia della periferia che finalmente si è ripresa lo spazio, sono puttanate che servono a vendere cose ai ragazzini. C’è una cultura che viene propagandata in un certo tipo di ambiente che è negativa. L’atmosfera è negativa. Negli anni ’90 c’era un’energia positivissima che ti spingeva verso l’alto, questa invece è la cultura dell’io, c’è un materialismo cosmico mostruoso e un egoismo pazzesco nel pensare solo a sè stessi e alla propria realizzazione, al proprio successo, ai numeri. In nome dei numeri si sono fatte delle cose tremende, non voglio fare il qualunquista. Questa generazione, questa dei quindici-trentenni, rifiuta questo tipo di malessere, rifiuta i numeri, rifiuta l’obbligo del successo a tutti i costi, rifiuta di uniformarsi a un certo tipo di estetica, sono in tantissimi. Quello che vogliamo fare è dire “noi c’eravamo e li abbiamo aiutati a riconoscersi”, perché loro non lo sanno di essere una scena, ma lo sono. Sono abbastanza sicuro che ci vorrà un po’ di tempo, ma saranno la prossima wave e certamente prenderanno il posto di quello che c’è adesso.

 

Abbiamo chiesto a Manuel Agnelli e Marco Gallorini di Woodworm, presente all’incontro:

 

Questa nuova generazione, questa scena, sarà in grado di far rifiorire di nuovo i locali di musica dal vivo di cui siamo rimasti orfani dopo la pandemia?

 

Manuel Agnelli: Questo è interessante, perché uno dei progetti che abbiamo e vogliamo sviluppare è proprio quello di fare rete con le situazioni che già esistono, per usare un po’ della visibilità che abbiamo e riuscire ad aiutarli a ricostruire una rete di locali. I locali in realtà, non come una volta, però ci sono, non ci sono più i club medi, adesso ci sono i posti piccolissimi oppure quelli grandi. Bisogna ricreare quell’altro tipo di dimensione, chiaramente si creerà da sé quando il pubblico crescerà e ci sarà un po’ più di diffusione anche mediatica di quello che sta succedendo, ma secondo me anche lì è importante fargli capire che possono esistere, dargli questa possibilità, dirgli “guardate che esistiamo, c’è una situazione, quindi prendetela in considerazione”, già questo, secondo me, farà svoltare una situazione. Anche per questo non ci vorranno tre mesi, però secondo me questo non sarà poi così distante nel tempo.

 

Marco Gallorini: Questo è un aspetto fondamentale, il fatto di far vedere che si può fare. Qui da Germi hanno fatto vedere che si può fare, al di là di Manuel Agnelli, perché delle sere sono venuto qui e mica c’era Manuel, non vive murato qui dentro, eppure c’era la fila fuori per vedere gli sconosciuti, era una cosa normale. Io ho il mio locale ad Arezzo, che vi assicuro non è un territorio facilissimo per fare musica dal vivo, sono riuscito comunque a fare delle serate belle piene con degli sconosciuti, tutto sommato. Ci sono delle cose tecniche che si possono fare e qui viene la nostra esperienza e il nostro network. Questo per me, l’ho detto subito a Manuel, è un altro pezzo fondamentalissimo e ci stiamo lavorando. Ho fatto un giro per l’Italia, sono stato in Sicilia, sono stato in Campania, c’è veramente sete e voglia. Io ho visto in questi organizzatori di grandissima volontà o magari di pochissime possibilità, un grande senso di isolamento. La mia teoria è che come quando c’è un Paese o un governo che è più permissivo o più violento poi guarda caso c’è più violenza nelle strade o c’è più voglia di andare in certe direzioni, allora noi dobbiamo dare un segnale che questo si può fare e farlo fa tutta la differenza del mondo. Ci sono tanti modi di sostenere, creare network, aiutare anche in maniera pratica. Ci stiamo lavorando e secondo me questo aspetto è fondamentale, perché poi questi spazi diventano luoghi di aggregazione, di incontro, anche simbolici in qualche maniera ed io ci credo, perché l’ho vissuto sulla mia pelle in una città come Arezzo, molto piccola e conservatrice, nonostante Arezzo Wave, assolutamente reazionaria rispetto a questo tipo di spazi qua, che si può fare. Nel momento in cui molli il colpo… Il mercato ha ucciso questi locali, secondo me non è stato il covid, è successo prima del covid, il covid ha proprio dato il colpo finale. Questo, secondo me, fa parte della missione che dobbiamo contribuire a portare avanti.

 

Le date

26.06 – Bologna – Sequoie Music Park
28.06 – Firenze – Anfiteatro Delle Cascine Ernesto De Pascale
02.07 – Genova – Balena Festival – Porto Antico
03.07 – Torino – Flowers Festival
05.07 – Roma – Roma Summer Fest – Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Cavea
06.07 – Roma – Roma Summer Fest – Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Cavea
08.07 – Milano – Carroponte
09.07 – Padova – Sherwood Festival
15.07 – Brescia – Brescia Summer Music – Arena Campo Marte
19.07 – Pordenone – Pordenone Blues & C. Festival
23.07 – Napoli – Noisy Naples Fest – Arena Flegrea
25.07 – Servigliano (FM) – NoSound Fest – Parco Della Pace
26.07 – Bellaria Igea Marina (RN) – Beky Bay
01.08 – Cagliari – TBA
03.08 – Assisi (PG) – Rocca Maggiore
08.08 – Locorotondo (BA) – Locus Festival
13.08 – Zafferana Etnea (CT) – Anfiteatro Falcone e Borsellino

 

A cura di Egle Taccia

 

 

 

 

 

 

 

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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