Anna Carol ci parla del suo nuovo album “Principianti” (INRI Records/Metatron), fuori su tutte le piattaforme.
L’album esplora il concetto di essere principianti nella vita e nelle relazioni, mettendo in luce l’equilibrio tra scoperta e continua ridefinizione di sé. Al centro dell’album ci sono le relazioni, che in una società sempre più concentrata sul lavoro e priva di tempo, si stanno perdendo, lasciando spazio alla solitudine.
Una crisi delle relazioni sembra derivare dalla continua trasformazione della società, che però conserva vivi miti del passato, come l’idea di un amore perfetto, sempre più difficile da raggiungere. L’album invita a riflettere su come la società potrebbe rivedere questa visione, aprendosi a un concetto di amore più genuino, libero dalle pressioni del tempo.
Intervista a cura di Egle Taccia
Di cosa ci parli nel tuo nuovo album “Principianti”?
“Principianti” è un album che esplora le relazioni umane, per scoprire che nelle relazioni in effetti siamo sempre principianti. È la narrazione di una generazione che, diventata trentenne, si rende conto di quanto si rimanga principianti per sempre, che in realtà poi è una cosa molto bella, una condizione in cui ci si pone nei confronti della vita in modo esplorativo, con sempre qualcosa di nuovo da fare, da scoprire, quindi sì, è una condizione che tutto sommato mi piace molto. Spesso viene raccontata come una condizione di non arrivo, invece penso che questa sia la cosa bella.
È stato definito come un elettrocardiogramma che pulsa tra i miti del passato e la crisi delle relazioni. Quali sono questi miti?
I miti del passato sono quelli che ci arrivano dalle generazioni dei nostri genitori, dei nostri nonni e via dicendo. Sono tutti quei modi in cui sono state vissute le relazioni in passato e che in qualche modo le generazioni prima di noi pensano possano valere ancora, mentre la società cambia in modo veramente drastico e tra l’altro sempre più celere. I miti sono i costrutti, le regole che si pensa debbano valere anche ora, i modi di vivere le relazioni.
Qual è, secondo te, il vero amore oggi?
Credo che molto spesso, recentemente, si parli dell’amore verso se stessi, si dice che se non stai bene con te stesso non puoi stare bene con gli altri, ed è una cosa molto bella il fatto di stare prima di tutto bene con se stessi, penso che però questo porti alla crisi delle relazioni che stiamo vivendo, che appunto non è per forza una cosa negativa, forse in questo periodo storico stiamo lavorando molto su noi stessi e troviamo difficile al momento una collaborazione tra lo stare bene con se stessi e lo stare bene con gli altri. È un processo a cui forse arriveremo con il tempo.
In cosa ti senti una principiante?
In realtà in tantissime cose, anche nelle piccole cose di ogni giorno. Ci sono varie cose in cui mi piace esserlo, ma banalmente sono una principiante a cucinare delle cose che non ho mai cucinato, mi sento molto spesso anche io una principiante nelle relazioni e forse per questo ne ho voluto parlare. Alcune volte non capisco come risolvere certe tensioni e quindi continuo a scoprire di dover scoprire.
Che tipo di suoni hai cercato per questo album?
Per questo album per la prima volta ho voluto lavorare a suoni più acustici, ho voluto lavorare in studio con i musicisti, con un gruppo di persone con cui ho collaborato, cercando di tirare fuori l’identità sonora di ciascuno di loro, che poi fosse nella scelta la mia, che portavo nel bagaglio. Mi piaceva l’idea di avere sicuramente strumenti acustici, non per forza escludendo quelli elettronici, però, proprio nell’approccio del suonato, volevo che ci fosse dentro l’umanità di ciascuno, la vitalità e la vita che ogni musicista porta come bagaglio di suoni. Ho pensato che fosse il modo più giusto, sono state le canzoni a dettare la necessità di lavorare in questo modo. Erano canzoni molto vive che parlavano di relazioni e tra l’altro arrivavano anche da relazioni che ho vissuto personalmente ed ho pensato che il modo più giusto per onorare queste canzoni fosse farlo con qualcuno che suonasse, che lo facesse in modo molto vivo.
“Vorrei tatuarmi qualcosa, ma ho paura di cambiare idea” dici nel brano “Il contrario”. È la paura di cambiare idea che spesso ci impedisce di essere felici?
In effetti spesso il cambiare idea viene raccontato come una cosa assolutamente ignobile, da non fare, perché non si è stati costanti o si è voltato pagina. Si viene molto spesso giudicati quando si cambia idea, c’è questa regola non scritta per cui cambiare idea significhi per forza non essere giusti, invece io trovo che cambiare idea sia una forma di intelligenza, per cui vivendo si scoprono delle cose che poi ci fanno vedere le cose in modo diverso, da prospettive diverse. Forse alcune volte ci intestardiamo, ci diciamo mi ero detta che ero in questo modo quindi non posso farlo. Può essere quello che hai detto, che sia proprio la paura di cambiare idea che ci porti a non essere poi veramente felici o liberi, semplicemente.
C’è un brano a cui sei particolarmente legata?
È sempre un po’ come scegliere tra i propri figli, non ne ho, ma è sicuramente difficile dire a quale dei figli si è più affezionati, però te ne dico una, perché quando la faccio ai concerti sento di rilassarmici sopra e sento di creare una connessione con me stessa, con le mie emozioni, ma anche col pubblico, ed è “Diversi tipi di dolore”, parla dell’amore non corrisposto, parla di una delle presunzioni più grandi dell’essere umano che è quella di pretendere di essere amati. Lo diceva Nietzsche, provoca, da sempre e per sempre lo farà, grande dolore.
Progetti per l’estate?
Siamo partiti da poco per il tour estivo, abbiamo fatto le prime date, sarà suonare e portare in giro il disco il più possibile e incontrare più persone possibile in tutta Italia.



















































