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No Art – Sgarbi porta a Catania i “Tesori nascosti” dell’arte italiana

Un viaggio lungo più di sette secoli attraverso la mostra “Da Giotto a De Chirico”, curata dal celebre critico d’arte e in esposizione al Castello Ursino di Catania.

“La caccia ai quadri non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi, è imprevedibile. Non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova. Talvolta molto oltre il desiderio e le aspettative”. Così Vittorio Sgarbi descrive il mistero del collezionismo: “l’interesse per ciò che non c’è”.
Da qui l’idea della grande mostra “I Tesori nascosti. Da Giotto a De Chirico” che fino al 30 settembre 2018 sarà ospitata nel Museo Civico del Castello Ursino a Catania (lunedì-venerdì dalle 9 alle 19 / sabato-domenica dalle 9 alle 21; la biglietteria chiude un’ora prima).

Quel castello voluto da Federico II e realizzato fra il 1239 ed il 1250, col fine di costruire un simbolo dell’autorità e del potere imperiale svevo in una città spesso ostile e ribelle. Secondo il Correnti sarebbe stato costruito sulla riva del mare per volontà dell’Imperatore e il nome “Ursino” dato al castello deriverebbe da Castrum Sinus ovvero il “castello del golfo”.

L’ingresso alla fortezza – e di conseguenza alla mostra – avviene attraverso il prospetto nord: il portone, ha sopra, in una nicchia, una scultura raffigurante un’aquila sveva che afferra una lepre simbolo del potere del sovrano Federico II sulla città etnea, erroneamente scambiata talora per agnello. Già da questi particolari si nota la grandezza e il prestigio di una location che tutto è, meno che una semplice cornice.

Una volta entrati, ciò che colpisce sono due protòmi femminili (una testa muliebre con corona e una con velo) di scultore federiciano, risalenti a metà del XIII secolo e che nelle loro installazioni sembrano dare il benvenuto al visitatore.

L’esposizione catanese, attenta al dettaglio, evidenzia l’evoluzione degli stili, delle correnti, e degli snodi fondamentali della storia dell’arte del Belpaese attraverso una selezione di oltre cento opere, tra dipinti e sculture, di proprietà di fondazioni bancarie, istituzioni e collezionisti privati con l’obiettivo di valorizzare, come indica il titolo stesso, un patrimonio artistico “nascosto”, perché non esposto nei musei pubblici, e al contempo creare un interessante approfondimento sulla peculiare e complessa “geografica artistica” italiana.

L’obiettivo (pienamente raggiunto da Sgarbi, vedi le varie proroghe della mostra) è raccontare attraverso preziosi tesori “nascosti” lo svolgimento della storia dell’arte italiana, da Giotto, l’artista che ha rinnovato la pittura, così come Dante, suo contemporaneo, è ritenuto il “padre” della lingua italiana, a Giorgio de Chirico che, affascinato dell’arte antica, fu il principale esponente della pittura metafisica, attraverso la quale tentò di svelare gli aspetti più misteriosi della realtà.

 

Tra le circa 150 opere, moltissime quelle degne di nota. La “Madonna” di Giotto apre la straordinaria galleria, dove sono raccolti capolavori come la “Madonna in trono con il Bambino” di Antonello de Saliba (1497), la “Vergine Maria” di Paolo Veronese (1565-1570), la“Maddalena addolorata” di Caravaggio (1605-1606), “Ercole e Onfale” di Giovanni Francesco Guerrieri (1617-1618) fino a “Santa Caterina da Siena adora il Crocifisso” di Giovanni Battista Caracciolo detto Battistello (1622).

Tanti anche i capolavori della pittura del Settecento e dell’Ottocento come la “Natività di Cristo” di Ignaz Stern detto Ignazio Stella (1728), “Oro di Pompei (o Oro di Napoli)” di Domenico Morelli (1863-1866 circa) e “Piccolo cantiere” di Francesco Lojacono (1880-1890 circa).

Approdati al Novecento, si possono ammirare importati opere di celebri maestri, tra le quali, solo per citarne alcune,  “Il vaso giapponese” (1923) di Camillo Innocenti, “I Bagni misteriosi” (1937-1960) di Giorgio de Chirico, “Il tavolo del maresciallo” (1957) di Pippo Rizzo e “Damigiana e bottacino (Natura morta nordica)” del 1959 di Renato Guttuso.

Al visitatore quel che rimane – oltre alla meraviglia di aver visitato un luogo simbolo di Catania, scrigno già di capolavori grazie alla “mostra permanente” – è un’ampia panoramica sui soggetti affrontati dagli artisti, da quello sacro alle raffigurazioni allegoriche e mitologiche, dal genere del ritratto a quelli del paesaggio e della natura morta attraverso l’evoluzione degli stili, delle correnti e degli snodi fondamentali della storia dell’arte italiana.

Una vera e propria occasione di rilancio per il nostro Paese luogo della felicità compiuta, da Stendhal a Bernard Berenson, per qualunque straniero che abbia eletto l’Italia a sua patria, non potendo immaginare un luogo di maggiore beatitudine sulla terra. La grandezza dell’arte italiana è infatti nel tessuto inestricabile, radicato in un territorio unico al mondo per cui le opere maggiori e i contesti minori si illuminano a vicenda”.

Edward Agrippino Margarone nasce a Caltagirone il 13 Giugno 1990. Cresce a Mineo dove due grandi passioni, Sport e Musica, cominciano a stregarlo. Il suo nome è sinonimo di concerto tanto che se andate ad un live, probabilmente, è lì da qualche parte. Suona il basso ed è laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni.

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