Il colombre è un pesce di grandi dimensioni, spaventoso a vedersi, estremamente raro. A seconda dei mari, e delle genti che ne abitano le rive, viene anche chiamato kolomber, kahloubrha, kalonga, kalu-balu, chalung-gra. I naturalisti stranamente lo ignorano. Qualcuno perfino sostiene che non esiste.
– Dino Buzzati
Giovanni Imparato è il Colombre.
Prima del concerto si naviga in acque tranquille, sorride e risponde gentile, saluta e chiede come stai. Ringrazia per la tua presenza.
È pacifico e ti invoglia ad avvicinarti, a sorridergli a tua volta.
Mezz’ora dopo, sul palco, si rivela il Leviatano che poco prima se ne stava a sopire in acque profonde. E ti rapisce.
Non c’è più nulla di pacifico in quella sala dell’Arci Ohibò di Milano, il giorno prima di Pasqua.
“Bugiardo” apre il concerto ed il terribile mostro inizia ad affiorare: ” sapevo, tacevo, mentivo/ e ti confondevo”.
In quella sala avvolta dalla voce calda di Giovanni e dai suoi suoni iptonici nessuno balla. La gente ascolta.
E non è affatto scontato, per quanto lo possa sembrare.
Per la prima volta, dopo diversi concerti, infatti ho avuto l’impressione che chi stava sul palco parlasse a ME. A noi tutti lì sotto.
Ho trovato in questo la forza di Colombre: nella sua capacità di rivolgersi al pubblico direttamente e senza giri di parole.
Quando in “Sveglia” canta ” fottetevi tutti” non è un invito generico destinato a persone al di lá della nostra conoscenza, no. Siamo noi.
Siamo tutti tirati in causa, coinvolti e rapiti dal mostro.
Non c’è nulla di lasciato al caso, di generico o astratto, e ce lo fa capire quando fugacemente introduce le sue canzoni: ” T.S.O” dedicata ad un amico, così come “Anna é una scintilla”, canzone del vecchio gruppo Chewingum e performata come bis, é stata scritta per un’amica di qualche anno prima, così come ” Dimmi tu” è per Letizia o in arte Maria Antonietta, compagna di Giovanni che era presente durante questa data.
Insomma, un concerto vero e concreto, dove protagonista sei tu ascoltatore, nel bene e nel male.
Nel bene quando in ” Deserto” sei invitato a “volerti bene senza aculei” e nel male quando in “Blatte”, primo singolo dell’album Pulviscolo, sei accusato di “sputare solo odio”.
Non credo di essere l’unica ad avere vissuto così intensamente ed in prima persona questa esibizione: nessuna lamentela a fine concerto, nessuna critica, solo tanta ammirazione.
Dopo un bis con “Svastiche”, singolo dei Chewingum, e “Dimmi tu” il concerto si conclude.
Qualcuno chiede il bis di “Blatte”, ma ” blatte col cacchio” risponde diplomaticamente dal palco.
A fine show lo si può trovare accanto al merch con i suoi cd, calmo e sorridente come prima dell’inizio del concerto; ci avviciniamo ma non riesco che a fargli dei complimenti a mezza voce, quando avrei voluto più che altro ringraziarlo per quello che è stato un dei migliori concerti degli ultimi tempi.
Forse avevo ancora un po’ paura del colombre appena visto sul palco.
Ma voi non abbiatene, ne vale la pena.
( ps: se non avete mai letto “Il colombre”, uno dei cinquanta racconti di Dino Buzzati, fatelo).