Punk, post punk, neoromanticiscmo, elettronica e prime avvisaglie di industrial. Undici anni di musica, accuratamente selezionata e raccolta in quattro CD, contenuti a loro volta in un un cofanetto contenente la storia della scena di Sheffield e le informazioni essenziali e l’artwork di ogni singolo 45rpm qui contenuto. Dopo i volumi dedicati alla scena di Liverpool, Manchester e alla musica indipendente scozzese, la Cherry Red Records sforna una nuova, ricca compilation dedicata ad una delle scene più seminali della musica UK: “Dreams to Fill the Vacuum (The Sound of Sheffield 1977-88)” è un compendio ricco di interesse, nel quale i selezionatori della casa discografica inglese hanno raccolto una lunga serie di brani oggi dimenticati, ad opera di diversi gruppi appartenenti a quella fervida scena.
Città industriale e proletaria, Sheffield nel periodo di queste canzoni fu attraversata profonda crisi legata al fallimento dell’industria dell’acciaio inglese, di cui era uno dei principali centri produttivi. Un ambiente grigio e poco invitante per le tensioni sociali esplose in epoca thatcheriana, che però si rivelò terreno fertile per la creatività dei più giovani, che attraverso la musica sognavano di uscire dalla squallida quotidianità della principale città del South Yorkshire, salvo non riuscire più a dimenticare la loro città di origine, come le parole di Jarvis Cocker testimoniano.
Alcuni di questi musicisti ce la fecero, fra cui proprio i Pulp del mitico Jarvis, dei quali “Dreams to Fill the Vacuum” ci propone il primissimo singolo “Everybody’s Problem”, pubblicato nel remoto 1983. Si rimane assai stupiti nel constatare quanto il sound delle band che riuscirono a sfondare fosse diverso agli inizi, rispetto al periodo del successo commerciale: è la rabbia repressa attraverso un sound elettronico polveroso e freddo come l’acciaio ad accomunare insospettabilmente alcune band, band giunte alla fama sotto veste più patinata, come The Human League, Thompson Twins, ABC o Heaven 17.
L’artwork marziale e le immagini delle architetture della vecchia Sheffield rievocano un ambiente a tratti inquietante, nel quale la musica e la creatività rappresentavano l’ideale di salvezza e speranza per questi giovani artisti, capaci di dar vita a sonorità variegate e ad un’infinità di stili spesso piacevolmente danzerecci, che avremmo ritrovato tanto nel pop elettronico d’alta classifica degli eighties, quanto nell’attuale scena alternative/indie.
“Dreams to Fill the Vacuum” è una sorta di documentario musicale dalla parte degli ultimi, il cui ascolto si traduce in viaggio immersivo e completo all’interno di una scena in grado ancora oggi di stupire per la sua vivida creatività, che continua a trasparire attraverso le sbiadite e logore immagini di un’epoca cupa.