In un’alternanza di racconti, piano solista e piano suonato sullo sfondo di basi pre-registrate, che fa partire dal suo apple posizionato sul nero piano a coda, Francesco Taskayali si esibisce all’Auditorium Parco della Musica di Roma lo scorso 7 dicembre, come da cartellone di Biennale MArteLive 2017 – la settimana bianca della cultura.
Nato a Roma da madre italiana e padre turco, fa apparire la Turchia già al primo brano, con una composizione che nella sua linea melodica, con grande evidenza, richiama il folk di certi luoghi d’Europa e di fatto porta il titolo Black Sea, una melodia del mar nero, che gli arriva direttamente dal padre.
Taskayali trascorre la sua infanzia e parte dell’adolescenza a Istanbul nel quartiere Cihangir, che racconta essere il quartiere degli artisti e dal quale si lascia ispirare nella scrittura di uno dei suoi brani.
Comincia a comporre musica nel 2004 all’età di 13 anni e ripropone diversi brani della sua infanzia in questa sua esibizione live.
Riceve molteplici riconoscimenti internazionali, gira il mondo e prova a metterlo nella sua musica, attraverso figure ispiratrici e luoghi della memoria.
E racconta del pianista turco Fazil Say con cui si sente molto in simbiosi, delle sue posizioni democratiche per le quali è anche stato condannato e pur continua a vivere a Istanbul, senza andar via. Francesco ci racconta anche di come suo padre non lo abbia mai riconosciuto come figlio in Turchia, per non fargli avere la cittadinanza turca che lo avrebbe obbligato ad arruolarsi. Fazil Say, invece, è riuscito a fare il militare solo per alcuni mesi pagando molti soldi e ha visto un ragazzo che si è preso una pallottola in testa in trincea… “Sono ragazzi come noi”, dice, “e ritengo che sia assurda una fine del genere”. Raccontata questa storia, proprio a Fazil Say dedica un brano.
Taskayali esegue brani degli album Emre, Levent Flying e Wayfaring. Le dita si destreggiano con grande padronanza della tecnica, le composizioni accennano a un postmoderno che certamente ha ancora tanto spazio di crescita davanti a sè.