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Guardare per aria è meglio di guardare per terra. Alberto Bianco torna a casa dieci anni dopo “Guardare per aria”

Avevo sedici anni quando ho iniziato ad ascoltare la musica di Alberto Bianco e già mi piaceva e già la sentivo mia. Eppure, forse, ripensando a quella ragazza che stava fiorendo, con i capelli lunghissimi e quasi rossi, mi viene da pensare che non capisse fino in fondo le cose che cantava forte nella sua camera di una cittadina del sud Italia. È un’idea che mi è passata per la testa sotto il palco di un club torinese, Hiroshima, che conosce bene il cantautore, dalle tante volte in cui lo ha visto suonare. L’ultima data del tour di Bianco non poteva, in effetti, che essere a casa sua, insieme a Levante e Guido Catalano tra gli ospiti, dove la sua esperienza artistica è nata e cresciuta e da dove ha tratto ispirazione per evolversi e raccontare la realtà. Il ritorno a casa non è solo quello che vede il capoluogo piemontese come la fine del viaggio musicale per alcune città italiane, ma è anche quello dei dieci anni di un album che ha segnato la carriera musicale di Alberto: “Guardare per aria”, un manifesto esistenziale, una visione del mondo che tanti di noi, che giovedì sera eravamo ad ascoltarlo live, condividono e di cui si sono appropriati.

Oggi non voglio scrivere una recensione, voglio scrivere che lì, sotto quel palco, mi sono sentita tutta, dalla testa fino ai piedi e mi sono chiesta: “Cosa ti piace davvero?” mentre ascoltavo “30 40 50”. Me lo sono chiesto in un momento in cui, davanti agli ultimi sgoccioli del percorso universitario, avere una risposta mi risulta piuttosto difficile. Trent’anni ancora non li ho, ma io l’ho capito ora, molto più di quando di anni ne avevo sedici, cosa significa fermarsi e chiedersi chi si è veramente, un giorno in mezzo a tanti altri in cui un po’ ci si prende in giro e un po’ ci si fa sfottere dalla vita, che ti prende e ti trita in un ciclo che va velocissimo e non conosce pausa. E poi l’ho ripetuto, tante volte quanto l’ha ripetuto Alberto e poi ancora infinite dentro la mia testa, che “La paura di andare lontano mi fa restare vicino alle cose che amo, a quelle che in fondo io merito veramente” e che quindi, forse, io di lasciare Milano non ne ho proprio voglia, anche se mi fa arrabbiare, anche se a volte la odio così tanto che me ne devo scappare sotto un palco di Torino. Perché Milano ha le cose che amo – ha, soprattutto, le persone che amo – e io a tutto questo amore, che fa parte delle cose semplici ma difficilissime, non so se voglio rinunciarci.

Mi sono ricordata, come faccio sempre – come ho fatto al Tunnel Club quattro anni fa, quando ho chiesto a Bianco di scrivermi “Drago” su un pezzo di carta, ma poi non ho mai avuto il coraggio di farmelo scrivere sulla pelle – che “la felicità è un drago fatto di gesti piccoli, ma così piccoli, quasi invisibili” e che “la paura è fatta di niente”. Alberto è il cantautore delle cose semplici, sono le sue preferite, come “l’ora buca in un giorno di sole” e “un pomeriggio senza compiti” di “Certo che sto bene”. Io lo guardo cantarle dolce e penso che ha proprio ragione e che tutto il casino intorno me le fa dimenticare troppo spesso. Penso che ha ragione quando dice che è proprio facile sbagliare in un mondo feroce e che io, in questo mondo feroce, mi sento minuscola, piccola piccola, e che ora che devo scegliere che posizione voglio occupare, mi verrà piuttosto facile sbagliare.

La musica di Bianco è per chi, come me, sente “troppo forte il volume del corpo”. È per gli umani, prima di tutto, che sbagliano e amano e si chiedono se stanno bene, si chiedono: “Cosa ti piace davvero?”. Vivere per loro è cercare di trovare una risposta, credendo che guardare per aria sia decisamente meglio di guardare per terra.

 

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Studentessa di Comunicazione per le Imprese e dottoressa in Economia dei Beni Culturali e Dello Spettacolo, ha 22 anni, ma al suo primo concerto era nel passeggino, mentre Ligabue urlava contro il cielo. "Il favoloso mondo di Amélie" è il suo film preferito, forse perché, come la protagonista, lascia la testa sulle nuvole, abbandonandosi a una realtà fatta di libri, musica, cinema, teatro e podcast.

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