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I Ronin e il fascino della sconfitta [Intervista]

“BRUTO MINORE” è il nuovo album dei RONIN uscito il 16 settembre per Black Candy Records, il cui titolo riprende una canzone di Giacomo Leopardi in cui si immagina il monologo di Marco Giunio Bruto dopo la sconfitta di Filippi e l’assassinio di Giulio Cesare.

Solitamente ascritta tra le canzoni del suicidio, non incita alla resa ma ad una lotta valorosa combattuta fino alla fine, in accordo perfetto con le tematiche della formazione, da sempre affascinata dalla sconfitta.

Intervista di Egle Taccia

 

Iniziamo parlando del titolo. Come mai avete scelto di ispirarvi alla canzone di Giacomo Leopardi “Bruto Minore”?

Essendo una band strumentale, l’unico modo che abbiamo per comunicare col pubblico è farlo attraverso i titoli e le immagini. Abbiamo un mondo estetico ben preciso, ma non è facile farlo arrivare senza i testi. Questa Canzone rappresenta una parte di questo immaginario. Inoltre, ha un titolo ambiguo, che si presta a varie associazioni, e segue la falsariga del titolo dell’album precedente, “Adagio Furioso”.

 

“Bruto” come la violenza che ci circonda?

Bruto mi piace perché evoca subito la violenza, senz’altro. Avendolo abbinato alla parola “Minore”, e sapendo che il titolo della poesia leopardiana si riferisce in realtà al personaggio storico, ecco che si crea un bel cortocircuito.

 

“Minore” invece è riferito alla tonalità in cui vi trovate più a vostro agio, che però è comunemente associata a tristezza e malinconia. Come mai i suoni in minore vi sono più affini?

Questione di gusti.

Con questo titolo fate riferimento a quelle che vengono definite “canzoni del suicidio”, un tema forte, ancor di più se lo caliamo nei tempi bui che stiamo vivendo. In che modo volete accostare il gesto più estremo ai vostri brani?

Ci piacciono i concetti di sconfitta, fallimento, suicidio (anche figurato: un suicidio artistico, amoroso, ecc.). Sono temi che sentiamo vicini, e molto affascinanti. Ovviamente ci interessa solo se arriva come gesto libero e valoroso, nobile. Non come fuga vigliacca.

Cosa rappresenta la sconfitta nel vostro immaginario?

È forse il nostro tema preferito. C’è molta più poesia che nella vittoria.

Con questo album volete mandarci un messaggio di resa nei confronti della vita?

Assolutamente no, non vogliamo essere fraintesi su questo punto. Adoriamo la vita, non ci suicideremmo mai e non ammiriamo chi lo fa per sfuggire ai problemi. Ammiriamo invece chi viene sconfitto lottando fino alla fine, e troviamo ammissibile che la fine dopo una lotta valorosa sia il suicidio.

È un disco in cui a metà troviamo due scherzi. Come sono nati questi brani?

Sono dei contrappunti di ispirazione barocca. Uno dei due inizia in maggiore, cosa piuttosto rara nella nostra produzione. Però finisce in minore, da cui il titolo “Scherzo Quasi Maggiore”. Il seguente “Scherzo” è un brano più articolato, che però, nel finale, riprende il tema in minore del precedente. Un piccolo gioco tra i due brani, uno scherzo, appunto.

C’è anche una cover, “Tuvan Internationale” degli Hun-Huur-Tu. Cosa vi affascinava di questo brano, a tal punto da volerlo nel disco?

È semplicemente un pezzo meraviglioso, appena l’ho conosciuto, qualche anno fa, ho sognato di rifarlo in versione Ronin, e questa era l’occasione giusta.

Domanda Nonsense: Qual è l’epoca in cui avreste voluto vivere?

Se sei ricco ogni epoca va bene, se sei povero non ne va bene nessuna. La storia umana è incredibilmente violenta, la natura lo è ancora di più. Non credo (Bruno) potesse andarmi molto meglio di come mi è andata: nascere bianco, in Italia, in questa epoca. Piuttosto, mi interesserebbe sapere cosa divento quando crepo. Si diventa qualcosa? Si diventa materia? Ci si reincarna? Si è coscienti? Magari si finisce proprio in un’altra epoca…

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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