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Il concerto di Paola Turci a Catania [Report]

Paola Turci è arrivata al Teatro Metropolitan di Catania col suo tour “Viva da Morire”, un live dalle forti tinte rock e molto coinvolgente, che porta in scaletta i cavalli di battaglia dell’artista insieme ai brani del nuovo album.

Si parte con un pezzo il cui titolo racchiude l’essenza del nuovo album “L’arte di ricominciare” per proseguire con “Viva da morire”, “L’ultimo ostacolo” e “Prima di saltare”. Un inizio tutto dedicato ai nuovi brani, dopo il quale si ferma per prendere fiato e salutare il suo pubblico, che confessa di amare particolarmente, mostrando la sua felicità di essere qui, a tal punto da aver voglia di parlare in catanese.

Si torna alla musica con “La vita che ho deciso” e “Stato di calma apparente”. Sul finire del brano, l’artista ci racconta di aver riascoltato tutte le sue canzoni per fare un tuffo nel passato. Alcuni di questi brani le hanno indotto una riflessione, ovvero che le cose nel mondo non sono cambiate poi così tanto in questi anni. Si riferisce in particolare a un brano che racconta di un viaggio verso un futuro migliore, di un essere umano bollato come clandestino, non accettato e riportato nel suo Paese, infrangendo così tutte le sue speranze. Era un brano degli anni ’80, quando l’artista era convinta che nella vita le cose brutte sarebbero cambiate col tempo ed il buonsenso, e invece oggi, dopo tanti anni, si ritrova ad ascoltare storie anacronistiche che parlano di razzismo, fenomeno che credeva ormai debellato. “C’è qualcuno che ci mette contro. Anni fa ho scritto “Rwanda”, un brano che raccontava di come avessero messo una razza contro l’altra. Vi confesso che oggi ho smesso di pensarla in modo ottimistico”. Il brano che segue è “Frontiera”, dal testo tristemente attuale. Il pubblico reagisce applaudendola.

Si prosegue con “Mani giunte”, “Volo così” sul cui finale la Turci si ritira, per ritornare in scena poco dopo in un completo bianco con un cappello in tinta.

A seguire “Off-line”, “Piccola”, “Ringrazio Dio” e la cover di “Dio come ti amo”.

Torna a chiacchierare con la sua platea, stavolta alleggerendo i toni e scherzando un po’: “Quando sono venuta qui l’ultima volta, vi ho cantato l’unica canzone siciliana che conosco e la voglio fare anche stasera.” Prima però esegue un pezzo che ha scritto pensando ad Anna Magnani, “una di quelle donne toste, cocciute, che non te la danno vinta su niente se non sull’amore”, tra le quali cita anche Chavela Vargas. “A me piace tantissimo quando la donna esprime femminilità e forza”. Il brano è “Ma dimme te”, che viene seguito dalla sua versione di “Cu ti lu dissi”.

Ci si avvia verso il finale con una strepitosa versione di “Io e Maria” seguita da “L’uomo di ieri”.

Ogni artista ha, nel suo repertorio, una canzone che è come un passaporto. Questa è la mia.” Con queste parole Paola Turci introduce quello che sicuramente è il suo pezzo più amato dal pubblico, “Bambini”, seguito da “Saluto l’inverno” e “Io sono”, sulle cui note si alzano tutti e vanno sottopalco per avvicinare l’artista, che subito dopo si ritira nel backstage.

Dopo avere ricevuto l’acclamazione della sala ed essere stata richiamata a gran voce, Paola Turci torna per gli encore: “Un’emozione da poco”, “Fatti bella per te”, “Piccola canzone d’amore” e “Questione di sguardi”.

Lo spettacolo di Paola Turci porta a viaggiare tra pop e rock, non tralasciando momenti di intimità acustica. Ascoltandola ci si ritrova di fronte ad una grandissima ed ispirata cantautrice, il cui talento non è stato minimamente scalfito dal trascorrere del tempo.

Report a cura di Egle Taccia

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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