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“La miseria” è l’esordio solista di Luca Romagnoli, un inno alla poesia [Intervista]

Parte da Milano il 16 gennaio 2025 “La Miseria Tour”, il tour di presentazione del nuovo album di Luca Romagnoli.

La Miseria è il primo album da solista del frontman dei Management (del dolore Post-Operatorio), che ha deciso di ritagliarsi uno spazio tutto suo per raccontare la sua parte più intima, strettamente intrecciata alla visione della società in cui viviamo. 10 canzoni (più una, presente in doppia veste) per un concept album sulla miseria contemporanea.

Intervista a cura di Egle Taccia

 

Di quale miseria ci parli in questo album?

 

Ovviamente è molto chiaro che non si tratta della miseria intesa come mancanza di soldi. È la miseria contemporanea, è una miseria al neon, una miseria molto spettacolare, la miseria di quello che mi duole anche solo nominare, ma che siamo costretti a vedere da questi schermi tutti i giorni in televisione, questi spettacolacci, questa deriva totalmente trash della cultura, che ormai non possiamo in nessun modo più chiamare così, con tutto il declino che ne deriva. Sia chiaro, io non sono contro la tecnologia, mi conosci, amo la scienza, la scienza medica, sono stato salvato dai dottori, non rinnego nulla della modernità, tranne questa arroganza dell’ostentare nella maggior parte dei casi anche delle vite false, delle felicità e delle ricchezze false, ma non sono fuori da questo senso di fastidio che mi generano anche le persone che ostentano la verità, perché non c’è nessun motivo per ostentare in faccia alla gente quello che si ha, le proprie ricchezze, la bella vita, quindi penso che oltre la miseria della guerra, della violenza, di questi orrori che fanno parte dell’umanità da sempre, purtroppo, e che speriamo un giorno possano non fare più parte della storia, anche più banalmente la miseria come vuoto, come vuoto di spiritualità, di sogni, di idee che poi porta semplicemente a mostrare. Quello che si mostra, in realtà, è una mancanza, perché se ho una cosa e non sono felice all’interno del cerchio della mia vita e per essere felice lo devo mostrare a qualcun altro e sottopormi al suo giudizio, vuol dire che io sto mostrando una mancanza, non sto mostrando una pienezza.

 

“Perdere” è stato il primo singolo estratto, un brano che dev’esserti costato tantissimo. Con quel “vediamo come va a finire” vuoi dirci che nonostante tutto dobbiamo continuare a crederci?

 

Non tanto crederci perché potrebbe essere una parola del capitalismo. Io so che tu sei sensibile e quindi me l’hai detta dal lato della tua sensibilità, ma crederci, farcela, per la maggior parte delle persone sono verbi del produrre, del raggiungimento di un risultato. Più che altro perché noi abbiamo un cammino, abbiamo una storia da poter scrivere e io che detesto la morte con tutto il mio cuore e tutte le varie tipologie di morte, voglio vedere cosa c’è oltre nonostante il dolore, nonostante tutta la cattiveria e la violenza della vita, della natura. Anche la parola lottare non mi piace, semplicemente vedere oltre, che per me è l’unica forma di amore, perché l’amore non lo vedo tra una persona e un’altra, lo vedo tra una persona e tutto ciò che può scrivere, tutto ciò che può lasciare di sé, ripeto, non come storia, che può sembrare voler esserci per forza a tutti i costi, ma è semplicemente una lotta contro la morte la mia quindi, questo lasciare qualcosa, deriva sicuramente dalla mia enorme paura di morire, ma mi commuove tutta l’umanità, l’essere umano, io adoro gli esseri umani, mi commuove questo loro tentare invano di scrivere qualcosa cercando di sopravvivere alla morte, anche se poi la morte cancella tutto, perché anche se noi lasciamo qualcosa, non ci saremo più quindi, il fatto che qualcuno possa parlare di noi o leggere quello che noi abbiamo scritto, per me non è una grossissima soddisfazione, però è una cosa per me molto commovente.

 

Da cosa è nata l’esigenza di questo album solista, che definisci come un salto in altro?

 

Salto in altro è un giochino di parole del cavolo, per descrivere il fare completamente un’altra cosa perché non ho molta simpatia per quegli artisti che vedono una piccola parentesi solista come un modo per farsi le cose da soli però poi a livello stilistico, a livello politico, a livello testuale, a livello poetico, alla fine fanno e dicono sempre le stesse cose, allora non trovo una motivazione reale per uscire da un progetto ed entrare in un altro. Avendo preso questa pausa coi Management, dove io e Marco avevamo un modo di fare ben collaudato, dove c’era molta tranquillità, ho sentito più che la voglia, non per forza dovevo fare qualcos’altro, ma dato che mi è venuta voglia di farlo a quel punto ho sentito il dovere di fare completamente un’altra cosa, di immergermi completamente in un altro mondo, altrimenti non lo avrei fatto. La necessità vera e propria, devo dire molto sinceramente che è vitale, vitale anche in senso economico, perché io faccio questo lavoro anche per vivere, faccio parte di quella categoria di persone che non possono prendersi una vacanza di un anno nei paradisi tropicali con i soldi che hanno guadagnato, e poi vitale a livello mentale perché, quando ci siamo dovuti fermare per la pandemia, io all’inizio sono stato bene poi pian piano, dopo un periodo troppo prolungato, ho rischiato di impazzire. Noi siamo quello che facciamo, io sono questo e faccio questo, se non faccio questo per troppo tempo non sto bene e quindi ho deciso di fare qualcosa per occupare il tempo.

 

Lo hai definito un omaggio ai tuoi poeti. Qual è la vera funzione della poesia?

 

Questa è una bella domanda. Rimanendo su quello che ci siamo detti, mettendola parallelamente alla vita, la funzione della poesia è cercare qualcosa nell’ignoto che sia nuovamente vita, anche nel vuoto assoluto, anche nel vuoto della morte, intesa anche come morte politica, civile, la morte di quello che ci circonda anche a livello metaforico e non solo di sopravvivenza, quella ricerca dell’altro e di altro anche che non esiste, è un po’ come creare la vita, un po’ come sostituirsi, non voglio esagerare, ma nel senso della creazione, a Dio. Non voglio mettere in ballo Dio, mi sembra esagerato, anche perché non esiste, quindi è un po’ un riferimento all’atto creativo, a ciò che non c’era, e quindi al creare vita. I pensieri sono vita e sono anche fragili, è per questo che sono importantissimi e vanno protetti.

 

Odio, linguaggio di basso livello, guerra. Come si può venire fuori o almeno proteggersi da tutto questo?

 

Innanzitutto, bisogna andare a scuola, ma non tanto andare a scuola, che per l’amor del cielo al giorno d’oggi…cancelliamo la risposta, non bisogna andare a scuola! Questa è una domanda a cui non so rispondere. Siamo circondati da persone che essendo completamente incapaci di sognare, perché cresciute all’interno di una società che li vede semplicemente come oggetti di prestazione, loro devono raggiungere degli obiettivi, devono produrre, devono raggiungere dei risultati. Di conseguenza, questo tipo di persone camminano su questa linea retta della storia, si guardano indietro e dicono è sempre stato così e sempre così sarà, la guerra c’è sempre stata, l’uomo è sempre stato violento, l’odio ci sarà per sempre e sotto un certo punto di vista, ragionandoci, sono anche d’accordo, però ritornando al discorso di prima, potremmo fare un collegamento a questo punto con tutte quelle risposte che ci stiamo dando, la poesia è proprio cercare di immaginare l’impossibile, cercare di immaginare la fine di tutto questo, anche perché se vogliamo le tre parole chiave dell’odio, della guerra e della violenza sono il denaro, l’amore e Dio, che sono le tre cose che detesto di più al mondo, quindi immaginando un mondo, e non è difficile, ce lo diceva anche John Lennon, un mondo senza denaro, senza le religioni, senza questa competizione ossessiva dell’uno contro l’altro e l’amore inteso come possesso, inteso come questo è l’amore mio, mentre l’amore, come la felicità, deve appartenere a tutti, perché se appartiene a una piccolissima fetta della popolazione è un privilegio e non è nient’altro, è una cosa che fa schifo come tutte le altre e bisogna lottare per tutte la tipologie di diritti.

 

Pensi che siamo diventati vittime dei nostri stessi desideri?

 

Assolutamente, perché il desiderio inteso come viene inteso al giorno d’oggi è una parola che è penosa, che fa ridere, che ha perso tutto il suo significato. Io desidero la macchina, io desidero quei pantaloni, ci sono ragazzi che impazziscono perché non riescono a comprarsi le scarpe che vogliono, tutte queste cazzate qui, questa è la poetica contemporanea e quindi questa forma di desiderio è più che ridicola, è un orrore, mentre il desiderio appunto e ritorniamo sempre lì, vedi che abbiamo seguito una linea importante, la parola desiderio pare che venga da de sidera, sidera sono le stelle, quindi l’assenza di stelle. I marinai quando non c’erano le stelle non sapevano dove andare e quindi desideravano le stelle per sapere che via dovevano prendere. Il desiderio nasce appunto da questo vuoto, da questa assenza di direzione, e bisogna cercare una direzione poetica, andare oltre nell’immaginare ciò che non c’è e come può essere il mondo, la vita, come possiamo fare forme più alte di poesia o cercare delle nuove forme di stupore. Poi, quando qualcuno mi viene a dire che il suo sogno è comprarsi qualcosa, non so se mi viene da ridere o da piangere, perché tutto quello che ha un prezzo ovviamente non vale niente.

 

Nella società del condividere, cosa dobbiamo tenerci per noi?

 

Io credo che dobbiamo ricominciare a dare valore alla solitudine, al vuoto, alla noia, uno quel vuoto lo deve sentire per andare oltre, lo deve vivere, la noia va vissuta per tornare a stimolare l’immaginazione. Questa condivisione è un po’ un modo di riempire sempre quel vuoto e allora condividiamo ogni nostro momento. Cosa dobbiamo tenere per noi? Io credo quasi tutto, dobbiamo ricominciare al contrario, nel senso che quello che condividiamo è la minima parte, non la quasi totalità, e soprattutto per me condividere non è condividere una mancanza, nel senso che devo mostrare a voi quello che ho, così magari sarete pure un po’ invidiosi ed io mi sentirò migliore come fanno i ricchi di solito, ma per me condividere sta nell’ambito delle cose reali. I telefonini, tutte le cose che condividiamo tutti i giorni, per me sono cose che non hanno nessun senso, sono vuote, sono cose che non servono a niente, per me quello non è condividere, assolutamente, per me quello moltiplica il vuoto. Per me condividere è stare seduti a un tavolo, proprio con delle cose ferme, solide, una sedia, un pezzo di pane in mano, stare con gli amici, toccarsi, per me questo è condividere, tutto il resto genera solo altro vuoto, ecco. Se condividere è quella pratica che porta una persona a postare e poi anche lui lì a scrollare e un’altra persona a girare con queste cose, vedere, vedere, per riempire che cosa? Quello è un processo che a me svuota, è come se tutto quello che vedo rubasse qualcosa e non mi desse niente, è l’esatto contrario di quello che sembra secondo me. Io vedo allora riempio il mio vuoto, no. Io penso che tutta quella robaccia lì sia fatta per rubarci qualcosa, in generale per rubarci la vita, che poi tutto quello che abbiamo è il nostro tempo, noi dobbiamo lottare solo per avere più tempo, il tempo è la nostra battaglia. Se il tempo lo regaliamo a questa roba a me viene da piangere.

 

Come saranno i live di questo tour?

 

I live di questo tour saranno molto improntati anche sulla poesia, perché leggerò anche le poesie dei poeti che mi hanno ispirato nella scrittura, principalmente Paolo Maria Cristalli, chi mi conosce sa di chi sto parlando, e Vik Stragovin, che è questo ragazzo che ho conosciuto, un poeta secondo me formidabile, poi ce ne sono tanti altri che voglio tenere nascosti, mentre per la parte musicale abbiamo tentato di riprodurre il disco campionando dei suoni che abbiamo utilizzato nella scrittura e quindi sarà molto più sull’elettronica salvo pochissimi momenti acustici come quello di “Perdere”, però siccome abbiamo scritto il disco in un certo modo non mi voglio dilungare, comunque sì, c’è questo ragazzo Vik Di Santo, che suona questi pad con questi suoni campionati e Pier Blasioli che segue tutta la parte sintetica e digitale. Poi vedrete, non voglio andare oltre.

 

Quando torna invece il Management?

 

Abbiamo ricominciato a scribacchiare, penso che a primavera ci mettiamo in studio e vediamo le tempistiche normali, sane, di un disco. Non so dire un periodo preciso, insomma, torniamo con un altro disco nella tempistica di scrittura e registrazione e tutto l’altro lavoro che sappiamo.

 

Domanda Nonsense: Scappare o restare?

 

Io sono uno che è restato, sono restato anche in provincia, sono restato con gli amici di sempre, è un mondo più piccolo che mi stupisce di meno in termini di novità, ma devo dirti la verità, considerando quali sono tutti i desideri indotti e quali sono tutte le reali cose che ci vengono proposte, direi che non mi perdo grandi cose, invece guadagno molto di più sulla sensibilità di certi comportamenti, sulla vicinanza a certe cose come soprattutto gli amici e le persone che ti conoscono da sempre e anche una certa forma di vicinanza alla cultura con la quale si è cresciuti, nel senso che mi posso anche permettere di parlare in dialetto e di essere molto più vicino a quello che sono, di esprimermi in una lingua che mi è più congeniale per lo meno nelle cose di tutti i giorni. Diciamo che mi posso permettere di restare al bancone del bar, per farti un esempio, come se dovessi tramandare le cose arcaiche che mi hanno insegnato, come se portassi dentro anche un po’ di tutto quello che la storia della mia famiglia, della mia città, del mio territorio, della geografia che vivo, mi ha insegnato, quindi tutto questo lo trasporto all’interno delle canzoni, anche se non può sembrare è sempre presente, quindi mi sento più io, mi sento più vero, mi sento più vicino alla strada che dicevamo all’inizio, di cui abbiamo parlato per tutta l’intervista, una forma poetica in cui cerco qualcosa di nuovo all’interno di un percorso che conosco bene.

Queste le date del tour:

16.01 BIKO, MILANO
23.01 ALCAZAR, ROMA
24.01 AUDITORIUM NOVECENTO, NAPOLI
31.01 B SIDE, TERNI
20.02 LOCOMOTIV, BOLOGNA
22.02 SCUMM, PESCARA
23.02 SCUMM, PESCARA
08.03 SPAZIOPORTO, TARANTO

 

 

 

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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