“Labirinti umani” è il disco d’esordio di Mattia, figlio di avvocati, ma con l’arte nel cuore. I nonni, infatti, sono gli artisti di fama internazionale, Mirella Freni (cantante d’opera che ha calcato per 50 anni palchi come quello della Scala di Milano e del Metropolitan di NY) e Leone Magiera (pianista, musicista, ex direttore di diversi teatri tra cui la Scala, e maestro dei prodigiosi modenesi Freni e Pavarotti).
Nove tracce, numero volutamente dispari per esplicita scelta dell’artista che ha una repulsione nei confronti dei numeri pari. Anche la scelta del nove non è casuale, poiché in numerologia rappresenta la fine di un ciclo, quello che in fondo l’album è per l’artista.
Il disco si apre con la title track “Labirinti umani”, un pezzo pop ben arrangiato che invoglia alla scoperta delle tracce successive. Durante l’ascolto si intravede subito la direzione che prenderà l’album, che non è il classico disco pop. Gli arrangiamenti, infatti, evidenziano un lavoro differente da quello che ci propongono le radio e che poggia le proprie radici nel pop anni ’90-2000.
Pezzi romantici come “Resta come sei” e “Siamo in due o siamo in tre”, brano che parla di quelle tentazioni che portano un rapporto a sgretolarsi, rappresentano l’anima più sentimentale del disco. Non bisogna farsi ingannare, però, dai ritmi frenetici di “Diana”, al cui interno si nasconde un testo doloroso, che racconta la sofferenza di una madre per la morte del figlio suicida, ma anche la voglia di riscatto dal suo passato doloroso e da un mondo incapace di comprendere.
L’album ha una trasformazione nel brano “Forse un altro uomo”, un misto di malinconia e speranza, accompagnato da un suono di pianoforte poggiato su un tappeto elettronico, che nel loro mescolarsi rappresentano il tormento interiore che si divide tra la speranza di un ritorno e il timore dell’altro che impedirà il lieto fine. Giusto un momento di riflessione, che viene subito interrotto dalla dance di “Tieni il resto se lo vuoi”, secondo singolo estratto dall’album. Si torna al tema della perdita con “Distante”, primo brano scritto dall’artista, nel quale ritornano i tormenti del distacco. Il disco non dimentica di trattare uno degli argomenti più battuti del momento, ovvero la dipendenza che molti di noi hanno sviluppato verso il virtuale e i social, un mondo dove abbiamo perso la nostra identità (Nella mischia).
Un bell’esordio questo di Mattia. “Labirinti umani” è un disco consigliato per chi rimpiange il pop di una volta e per chi ha subito un distacco da cui ancora non è del tutto uscito ed ha bisogno di compagnia per vivere i suoi tormenti.
Attendiamo con ansia i lavori futuri, che ci permetteranno di delineare la personalità musicale di Mattia in modo più netto.
Recensione a cura di Egle Taccia