Leonard Cohen è morto il 7 novembre 2016, all’età di 82 anni, a causa delle gravi fratture riportate a seguito di una caduta nella sua abitazione di Los Angeles.
Poco meno di un mese prima aveva pubblicato “You Want It Darker”, l’ultimo meraviglioso album in studio considerato il testamento musicale del cantautore canadese, contenente le sue ultime riflessioni sulla morte e su Dio.
Per il disco aveva lavorato fianco a fianco con il figlio Adam, a cui aveva affidato il compito di pubblicare, dopo la sua morte, le canzoni che non avevano trovato posto in “You Want It Darker” e di completarne l’arrangiamento e la parte musicale.
Adam ha tenuto fede alla promessa fatta al padre e, tre anni dopo la sua morte, giunge a pubblicare “Thanks for the Dance”.
L’album comprende “sketches” che sono stati lasciati fuori dalla registrazione di “You Want It Darker” perché ritenute da Cohen fuori contesto rispetto alle ballate melodiche e nostalgiche registrate dal poeta canadese per l’ultimo album in studio.
Per completare la parte musicale dei testi scritti dal cantautore di Montreal, Adam Cohen ha chiamato in raccolta i vecchi amici e collaboratori del padre, tutti prontamente accorsi nel garage vicino alla vecchia casa di Cohen per rendere l’ultimo affettuoso e commosso tributo musicale al poeta.
Così, hanno collaborato agli arrangiamenti dell’album postumo, il musicista spagnolo Javier Mas e la corista ed amica Jennifer Warnes, già collaboratori di Cohen, oltre a Beck, Leslie Feist, Damien Rice, Bryce Dessner dei National, Richard Reed Parry degli Arcade Fire, il produttore Daniel Lanois e il pianista Dustin O’Halloran.
“Thanks For the Dance” è il ringraziamento del cantante per la bellezza della vita, caratterizzato da suoni più acustici ed arrangiamenti rarefatti, da testi che abbandonano la melodia per lasciare spazio a parlati recitati con voce sempre più rauca e profonda, meravigliosamente senile.
Nove tracce asciutte e talora molto brevi, più che altro poesie e riflessioni recitate con voce cupa su basi acustiche ed ovattate, fatta eccezione per i cori e il liuto che raramente appaiono all’inizio o alla fine del testo.
L’album si apre con Happens To The Heart, una meditazione sulla vita e sull’arte del cantautore poeta, che racconta la sua creazione artistica con la sobrietà e la modestia che lo ha sempre contraddistinto (“Ho lavorato costantemente, ma non l’ho mai chiamata arte. Ho messo insieme la mia merda, ho incontrato Cristo e letto Marx”).
Una riflessione sulla vita recitata con voce rauca e profonda che accenna alla melodia solo quando canta il ritornello what happens to the heart.
“I was always working steady / But I never called it art / I got my shit together / Meeting Christ reading Marx / I’ve come here to revisit / What happens to the Heart” (Ho sempre lavorato in modo costante / Ma non l’ho mai chiamato arte / Ho messo insieme la mia merda / Incontro Cristo che legge Marx / Sono venuto qui per rivisitare / Cosa succede al Cuore).
Segue la traccia Moving on, in cui Cohen canta l’addio ad un vecchio amore attraverso un testo recitato su un sottofondo di chitarra acustica, con un incipit e un finale di liuto che amplificano il senso dell’addio e dell’abbandono.
In The Night of Santiago, Cohen si cala nei panni del protagonista di La sposa infedele di Federico Garçia Lorca per ricordare un amore perduto, attraverso il suono spagnoleggiante del liuto e delle nacchere di Javier Mas.
“Her thights they slipped away from me / Like schools of startled fish / Though I’ve forgotten half my life / I still remember this” (Le sue cosce sono scivolate via da me / Come banchi di pesci spaventati / Anche se ho dimenticato metà della mia vita / Ricordo ancora questo).
Thanks for the dance è una ballata dolcissima che Cohen dedica alla moglie ed al viaggio della vita con lei affrontato, che il poeta vede come un valzer.
I cori di Jennifer Warnes e l’ukulele di Javier Mas trasformano il valzer in una ballata dalle atmosfere arabeggianti ed è l’unica canzone dell’album in cui Cohen lascia il recitato per cantare i versi con intonazione melodica.
“Thanks for the dance / It was hell, it was swell, it was fun / Thanks for all the dances / One-two-three, one-two-three, one” (Grazie per la danza / È stato un inferno, è stato bello, è stato divertente / Grazie per tutti i balli / Un-due-tre un-due-tre, uno).
In It’s Torn, uno dei brani più cupi e drammatici dell’album, il baritono solenne del canadese recita su una linea di basso fino a curvarsi in intonazioni melodiche intense e doloranti.
The Goal, primo singolo estratto dall’album, è uno struggente spoken word tratto dal testo di The Goal, La meta, una poesia contenuta in Book Of Longing, il libro di poesie e diario di confessioni scritto da Cohen durante il suo soggiorno presso il monastero Zen sul monte Baldy in California e pubblicato nel 2008.
Il testo della canzone sembra quasi la profezia della fine del cantautore statunitense, cominciata con una caduta che lo ha costretto a letto nell’ottobre 2016 e che lo ha spento nel sonno pochi giorni dopo.
“I can’t leave my house / Or answer the phone / I’m going down again / But I’m not alone / Settling at last / Accounts of the soul / This for the trash / That paid in full / As for the fall, it began long ago / Can’t stop the rain / Can’t stop the snow” (Non posso uscire di casa / O rispondere al telefono / Scendo di nuovo / Ma non sono solo / Assestandomi alla fine / Faccio i conti dell’anima / Questo per la spazzatura / Quello ha pagato per intero / Come per la caduta, iniziò molto tempo fa / Non riesco a fermare la pioggia / Non riesco a fermare la neve).
Puppets è una canzone che parte da uno spunto politico e sociale per giungere ad una considerazione complessiva sulla società odierna, che il cantautore grottescamente immagina come un mondo popolato da marionette, recitando versi sardonici e terribili come “le marionette tedesche hanno bruciato gli ebrei”.
“German puppets burnt the Jews / Jewish puppets did not choose / Puppet lovers in their bliss / Turn away from all of this / Puppet reader shakes his head / Takes his puppet wife to bed / Puppet me and puppet you / Puppet German Puppet Jew” (I burattini tedeschi hanno bruciato gli ebrei / i burattini ebrei non hanno scelto / Gli amanti fantoccio rapiti / Voltano le spalle a tutto questo / Il lettore fantoccio scuote la testa / E porta a letto la moglie fantoccio / Fantoccio io e fantoccio tu / Tedesco fantoccio, Ebreo fantoccio).
Il testo di The Hills è tratto dalla poesia di apertura del Book of Longing, e contiene riflessioni zen sulla libertà e sulla vita, anche qui recitate con un parlato intenso e vibrante, con innesti di cori femminili di voci angeliche.
Anche Listen to the Hummingbird, l’ultima traccia dell’album, assume la forma di una poesia zen, recitata sulle note di un pianoforte lontano ed ovattato in cui il monaco zen Jikan (il silenzioso, nome zen di Cohen durante il ritiro nel monastero buddista sul monte Baldy in California) si concentra sulla bellezza di queste tre stanze (il colibrì, la farfalla, la mente di Dio).
“Thanks for the Dance” è il disco in cui Leonard Cohen svanisce lentamente, con la grazia, l’eleganza e la dignità che da sempre lo hanno contraddistinto.
È il ringraziamento alla vita di un uomo elegante, garbato, appassionato, autoironico, un uomo per cui la danza ha sempre rappresentato la metafora della vita, che lo ha guidato fino alla fine dell’amore. Dance me to the end of love.
So Long, Leonard.
“C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che viene la luce”, Leonard Cohen, Anthem.
Tracklist
- Happens To The Heart
- Moving On
- The Night Of Santiago
- Thanks For The Dance
- It’s Torn
- The Goal
- Puppets
- The Hills
- Listen To The Hummingbird