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Mannarino a Zafferana – I telefoni ci hanno fatto perdere la magia e il rituale del concerto [Report]

Lo scorso 25 agosto Mannarino si è esibito a Zafferana (CT) per la penultima tappa del “Tour Corde 2023”. Entrando nell’anfiteatro, lo sguardo viene subito catturato da una splendida scenografia con delle corde intrecciate, che fa da sfondo allo spettacolo e che durante la serata si colorerà di luci ed ombre. Dopo una breve attesa, viene diffuso il brano di Fausto Mesolella “Tulipani”, artista con cui Mannarino aveva un fortissimo legame di amicizia che andava oltre la musica e che con questo brano viene ricordato proprio in apertura dello spettacolo, come a volerlo rendere protagonista della serata. Entra in scena la band, tutta vestita di chiaro, e subito dopo arriva anche Mannarino, che indossa invece un completo nero, creando un bellissimo contrasto scenografico.

Il concerto inizia con “Fiume nero” e “Congo”, entrambi estratti dall’album “V”, che ci danno sin da subito la possibilità di apprezzare sia l’artista che i musicisti che lo accompagnano, fedeli compagni scelti con grandissima attenzione, una famiglia elettiva che apprezziamo sempre di più ogni volta che abbiamo modo di ascoltarli insieme a Mannarino.

Si prosegue con “Deija”, “Apriti cielo” e “Cantarè”, che cominciano ad alzare il ritmo, per poi tuffarci in una versione riarrangiata di “Scendi giù”.

Sul finale di “Maddalena” Mannarino comincia a mostrare un po’ di insofferenza per la forte maleducazione del pubblico, che aveva già infastidito la platea. L’artista spiega che sul palco porta in scena la propria vita e che durante i concerti si crea una sinergia coi musicisti che non dovrebbe essere interrotta da un calo di concentrazione per via di qualcuno che con la torcia del telefono fa segno a qualcun altro per farsi trovare. Il pubblico reagisce con un applauso strameritato.

Si va avanti con “Gente” e “Signorina” tratti dal fortunatissimo album “Al Monte”. Per introdurre uno dei brani più amati, “Statte Zitta”, ridendo dice “statti muta” in omaggio alla Sicilia che lo ospita.

Mannarino resta solo sul palco per presentarci un monologo inedito che si chiama “Il carcerato” a cui segue la parte più scatenata del live con brani come “Marylou”, “Tevere Grand Hotel”, “Serenata lacrimosa”, “Scetate vajò” sul quale scendono tutti davanti al palco per ballare. Mannarino a quel punto fa spegnere completamente le luci, per via dei soliti che abusano dei telefonini durante i concerti, per una versione di “Me So ‘Mbriacato” completamente al buio.

È il momento dei bis e spiega che la struttura dell’anfiteatro è stata concepita apposta per creare una sorta di rituale nel quale pubblico e palco si fondono cercando di raggiungere le stelle e l’immensità dell’universo. “I telefoni ci hanno fatto perdere questo rituale, che abbiamo ricreato stasera al buio.” Dedica “Un’estate” alla signora Liliana che festeggia i suoi 85 anni e a fine pezzo è felice perché grazie al buio tutti siamo riusciti a vedere una stella cadente. Ne approfitta per spiegarci l’etimologia di desiderio che viene da stelle ed umiltà che invece viene dalla terra.

Il live si conclude con “Il bar della rabbia” sul finire del quale ringrazia il pubblico dicendo che stasera ha sentito una frizione che gli ha fatto bene al cuore. Saluta tutti con “Vivere la vita”.

Come sempre si va via dallo spettacolo di Mannarino consapevoli di aver assistito a qualcosa di più di un semplice concerto. Ogni volta è come assistere a uno spettacolo teatrale nel quale la musica si fa strumento per raccontarci innumerevoli storie di vinti e di rivincite.

 

Report a cura di Egle Taccia

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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