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Nesli, pubblica il nuovo album tra la fine e nuovi inizi [Intervista]

A distanza di tre anni dal suo ultimo disco, il dieci marzo è stato pubblicato “NESLIVING VOL. 4 – Il Seme Cattivo”, l’undicesimo album in studio di Nesli.
L’artista torna con il suo nuovo progetto discografico: pieno di vita, dolore, sangue e sudore; ma anche un disco liberoprofondo e autentico.
L’album, prodotto interamente da Nesli con la preziosa collaborazione di Prince Vibe, è stato creato con totale libertà di espressione da parte dell’artista e senza sottostare a nessun tipo di regola di mercato.
Viviamo in un mondo in cui il fallimento non è socialmente accettato. In quest’ultimo lavoro Nesli vuole mettere al centro chi non fa sempre gol nella vita ed esprimere attraverso le sue canzoni quanto sia fondamentale sbagliare per poter imparare, rialzarsi e ripartire. Demolizione e ricostruzione si intrecciano in queste 22 tracce, alcune soliste alcune realizzate in featuring con artisti stimati e ammirati da Nesli: Davide Shorty, Zoelle, Maruego, Jack The Smoker, Hanami, Raige.

 

Intervista a cura di Egle Taccia

 

“Nesliving vol.4 Il seme cattivo” è il tuo nuovo album. Di cosa ci parli in questi 22 brani?

 

È il mio nuovo e ultimo album, questo è l’ultimo album della mia fantastica e strabiliante carriera che pubblicherò. Sono 22 canzoni, parlo degli ultimi tre anni della mia vita, ma sono canzoni che per quanto siano intime e personali parlano comunque di alcuni momenti che riguardano tutti o almeno se non ci riguardano adesso, ci riguarderanno prima o poi. Sono canzoni nelle quali chiunque davvero ci si può o ci si potrà trovare, sono canzoni che parlano sicuramente di vita e di periodi particolari della vita. E’ un disco nato dopo l’esperienza della pandemia ed è anche un po’ figlio di quelle lunghe riflessioni. Ultimo album perché ho voglia e intenzione di dedicarmi alla scrittura di canzoni per altri, di fare questa esperienza d’autore, ne ho fatti tanti e in questo disco dico davvero tutto quello che dovevo dire.

 

Spero che ci ripenserai!

Lo definisci un viaggio tra demolizione e ricostruzione. Pensi che spesso si abbia paura a demolire, a lasciare andare le cose che non ci appartengono più, perché è molto più semplice vivere nel passato che avventurarsi in una nuova vita?

 

Che domandona! Quello che hai detto è vero in parte, sono due processi legati, quello della distruzione e della ricostruzione o della costruzione e distruzione. Rinascita e ripartenza, sono due facce della stessa medaglia. Secondo me questa è un’epoca che si può metaforicamente raccontare, sotto tanti punti di vista, tramite la distruzione e la ricostruzione. Di ricostruzione ce n’è ben poca intorno a noi a quanto vedo, per quanto riguarda lo scenario politico, le persone, la condivisione, insomma sotto tanti aspetti. Quello di misurare le cose, le esperienze o le persone attraverso la distruzione, in particolare, è un processo che ho sempre attuato, ahimè, sbagliando, però è quello che ho imparato, quello che ho visto come esempio nella mia vita, di conseguenza poi l’ho applicato, sbagliando, e questo disco rappresenta un po’ la fine di questo processo malato o per lo meno la volontà di spezzare la catena.

 

Qual è il seme cattivo che vuoi piantare con questo nuovo lavoro?

 

In realtà non voglio piantare un seme cattivo, il seme cattivo sono io, come mi sono sentito tante volte. Proprio perché mi sono sentito tante volte così, la raffigurazione è quindi legata a me e non alla volontà di piantare un seme cattivo. È come se io ormai fossi la pianta di quel seme.

 

C’è un brano a cui sei particolarmente legato o che ti è costato maggiormente a livello emotivo?

 

“Questa follia”, perché in parole molto semplici, in un tempo molto ristretto legato alla durata della canzone, racconto cose molto importanti che mi sono successe, però lo faccio con grande leggerezza e con un linguaggio molto semplice. È la canzone alla quale sono più legato. Le tracce dell’album sono 22, ce ne sono sicuramente tante altre, ma questa è la prima che mi viene in mente di getto.

 

In che senso per te questo disco è un disco libero?

 

Perché nessuno mi ha detto cosa dovevo fare, come dovevo farlo e come dovevo dirlo. In primis per questo, perché ho curato la direzione artistica dell’album, producendolo insieme a dei colleghi e collaboratori, ma la visione e la gestione del progetto l’ho seguita io senza che nessuno mi dicesse cosa si potesse e cosa non si potesse fare, cosa fosse giusto e cosa non fosse giusto.

 

Che tipo di lavoro hai fatto sui suoni dell’album?

 

L’album è tutto concepito con una Akai Mpc, che è una drum machine con la quale lavoravo da ragazzino, questa macchina si è evoluta tantissimo, l’ultima versione che è uscita è veramente avanti anni luce, quindi me ne sono innamorato, mi ha anche ridato il gusto e il divertimento di riprodurre musica giocando, perché mi ero un po’ annoiato del modo di fare le canzoni nel percorso dal quale provenivo, quindi mi sono rimesso a giocare con l’Mpc e in questo gioco e in questo divertimento ho creato la spina dorsale, lo scheletro di buona parte delle canzoni dell’album e poi le ho riprodotte con amici musicisti e produttori per mettere un po’ in bolla tutto il progetto, però tutto nasce dalla Akai MPC.

 

Come ti relazioni col fallimento?

 

Io e il fallimento andiamo a braccetto nel senso che è un’esperienza che nella mia carriera e nella mia vita ho provato tante volte, è stato sempre tipo le montagne russe, su e giù, dove il giù era sempre legato al fallimento. Passavo da un momento brutto a un momento di sconfitta, ne ho vissuti tanti. Come mi ci relaziono? In realtà hai due vie, o resti lì o riparti in qualche modo, non è che ci sono troppe alternative al fallimento, la reazione è e deve essere solo una delle due, sicuramente la volontà di cambiare le cose. Non è facile, io poi sono un tipo che a volte se non riesce a cambiare le cose aspetta che le cose cambino lui e questo è un po’ più doloroso, però so che non è sempre facile cambiare certi meccanismi, certe situazioni, le persone. Il fallimento è un aspetto che conosco bene, a differenza di chi te lo racconta dall’alto di un olimpo o da dentro una Ferrari, quello è un fallimento un po’ diverso. Quello che racconto nell’album è visto sotto tanti punti di vista, può essere quello economico, quello lavorativo, quello di un progetto, quello sentimentale, quello della vita privata, quello dei sogni che avevi, di un miglioramento. Insomma, è legato a tanti aspetti e, tornando al caos dell’epoca in cui viviamo di cui parlavo prima, fallimento, povertà, isolamento sono tutte cose che esistono in maniera diffusa ma di cui non si vuole e non si può parlare.

 

Hai dichiarato di sentirti estraneo al tuo stesso ambiente. Come mai?

 

Non lo so, questo dovresti chiederlo all’ambiente, è una sensazione che ho sempre avuto nei contesti legati al mio lavoro, sarà per carattere, sarà perché non sono mondano o non sono un bravo PR di me stesso e quindi mi sono sempre un po’ sentito un pesce fuor d’acqua, diciamo così.

 

Domanda Nonsense: Fine o inizio?

 

Che domanda particolare! Io sono il re della fine, sono proprio quella roba lì, è un’associazione che si fa con me, proprio per questo ti dico l’inizio, ho già dato con la fine!

 

 

 

 

Written By

Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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