Animali e fiori, attori kabuki, beltà femminili, guerrieri, spiriti ed esseri soprannaturali, animali semileggendari, paesaggi della natura, naviganti, il monte Fuji e le sue tante vedute, vita dei campi d’Oriente, geisha che raccolgono conchiglie, giochi di seduzione, popolazioni intere sui ponti, barche di pescatori nel furore del mare, piccoli uomini nelle mani del destino, cortigiane e i loro giochi, seduzione, vapori, nubi, acque, fuochi, forze della natura e di corpi e menti umane.
Tutto minuziosamente particolareggiato nei tratti e sorprendente nelle gradazioni tonali, tanto che l’occhio si perde e la mente divaga per raccogliersi improvvisamente in quei luoghi inaspettati.
Dopo Milano e Londra, passando anche per il cinema con un docu evento lo scorso settembre, le circa 200 opere di Hokusai (1760-1849), il maestro dell’arte giapponese dell’Ukiyo-e (immagini del Mondo Fluttuante) e di alcuni dei seguaci “Sulle orme del Maestro” come si titola la mostra adesso a Roma al museo dell’Ara Pacis, fino al 14 Gennaio.
Silografie policrome, bijinga su carta e su seta, surimono, manga e manuali per imparare.
Provenienti dal Chiba City Museum of Art e da altri musei giapponesi, oltre che dal Museo d’Arte Orientale di Genova tante le opere mai viste prima insieme ad alcune delle più note, su tutte la “Grande onda presso la costa di Kanagawa”.
Silografia policroma, parte della serie delle Trentasei vedute del monte Fuji, che affascinarono gli artisti della scena parigina di fine Ottocento (tra i quali Manet, Toulouse Lautrec, Van Gogh e Monet), cosí tanto da crearne intorno un vero e proprio movimento (il Japonisme), dando così a quest’opera fama universale, oggi virale!
L’opera è in effetti sorprendente, mescola arte orientale ed arte occidentale, sullo sfondo il Monte Fuji, il monte più alto del Giappone, piccolissimo, in un gioco prospettico che soprende per la sua “occidentalità”. Il Fuji sotto l’onda che sembra stia per sommergerlo, e non solo la barca di pescatori, mentre intanto gli spruzzi provenienti dai tentacoli dell’onda si trasformano in fiocchi di neve che cadono sul mare e sulla cima stessa del monte in blue Prussia.
Peccato che le sale siano affollatissime nel pomeriggio di quel sabato in cui mi sono trovata a visitare la mostra.
Si consiglia tantissimo di unire ai divieti di scattare foto anche moniti al silenzio ai chiassosi visitatori italiani delle sale dei musei.
«Sin dall’ età di sei anni ho amato dipingere qualsiasi forma di cosa. All’età di cinquanta ho disegnato qualcosa di buono, ma fino a quel che ho raffigurato a settant’anni non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré ho un po’ intuito l’essenza della struttura della natura, uccelli, pesci, animali, insetti, alberi, erbe. A ottant’anni avrò sviluppato questa capacità ancora oltre mentre a novanta riuscirò a raggiungere il segreto della pittura. A cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Prego quelli tra loro signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato. Scrivo questo in tarda età. Usavo chiamarmi Hokusai, ma oggi mi firmo “Manji il vecchio pazzo per la pittura”».