Un albergo diroccato e sinistro, munito di quattordici lugubri stanze, in ognuna delle quali si nasconde un turpe segreto: riuscirà l’incauto ospite, una volta scoperto, a rivelare al mondo quanto scoperto in ognuna di esse, o sarà anch’egli risucchiato in questa dimensione dell’orrore?
È un concept interessante quello sviluppato da Marco Ghilardi, giovane scrittore classe 1981 proveniente da Romano di Lombardia (BG): “Hotel Pulp” è infatti il nome di questo albergo/raccolta di brevi racconti intrisi di inquietudine e sangue, ognuno dei quali dipinto come una stanza di questo losco hotel nel quale nessuno di noi vorrebbe mai capitare.
Opera figlia delle suggestioni dei maestri americani dei generi giallo, pulp e horror, “Hotel Pulp” si colloca nel filone delle raccolte di racconti di genere made in USA, da Poe a Ligotti: Ghilardi mostra una buona inventiva, riuscendo a sfruttare gli stilemi più classici del genere ma riuscendo nel contempo a trovare una serie di spunti interessanti ed originali.
Ambientati in luoghi di fantasia ispirati dal grande immaginario della letteratura americana, i racconti di “Hotel Pulp” mostrano una forte connotazione horror/gotica con una serie di inquietanti protagonisti, abitanti di un mondo assurdo che oscilla fra una squallida realtà ed una visione del mondo distorta da parte di una psiche malata, che ci invitano a seguirli in queste vicende che portano verso un’unica possibile conclusione, ovvero la sanguinolenta e surreale morte di ogni razionalità che conduce protagonisti e lettore in una pura dimensione di incubo.
Pur con uno stile a tratti frettoloso e legato ai cliché del genere – quando forse a nostro avviso un ritmo diverso avrebbe ulteriormente aumentato il pathos orrorifico dei racconti – “Hotel Pulp” è nel complesso una valida opera prima, da parte di un autore che sta assimilando bene la lezione dei grandi maestri del genere, riuscendo ad elaborare una serie di plot interessanti e suggestivi.