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No Book

No Book – Le suggestive “Polaroid Stories” di Wim Wenders

In un periodo storico in cui il vintage viene recuperato/resuscitato come oggetto di culto e di moda, la lettura di “Polaroid Stories” di Wim Wenders è particolarmente interessante. Il modo in cui il regista e fotografo tedesco ci narra il suo rapporto con le Polaroid camera, strumento fondamentale per la sua formazione artistica, dato per defunto e recentemente assurto a nuova gloria. Prima delle immagini digitali, dei selfie, degli smartphone, le Polaroid erano l’unico mezzo per ottenere una fotografia quasi istantanea nonché il primo tipo di fotocamera ad offrire l’autofocus a prezzi abbordabili (il modello SX-70 citato da Wenders). La peculiarità della tecnologia Polaroid presenta tuttavia un altro importante dettaglio: a differenza delle immagini su pellicola negativa/diapositiva, stampabili e riproducibili più volte, le immagini prodotte dalla fotocamera americana sono degli Unikat, dei veri e propri pezzi unici ed irriproducibili in un tempo in cui gli scanner erano ben lungi a venire.

Se oggi con un semplice smartphone possiamo permetterci il lusso di scattare un numero spropositato di immagini, la Polaroid presentava comunque un limite legato a pose, costi e sensibilità della pellicola che portava comunque il suo utilizzatore a centellinare gli scatti, concentrandosi su ogni singola immagine: ai tempi della pellicola, gli scatti errati rappresentavano delle vere e proprie perdite economiche, per cui ogni scatto andava pesato, ragionato, composto a regola d’arte. “Polaroid Stories” è un duplice racconto: nel libro troviamo la storia delle Polaroid come mezzo di espressione artistica e di come un giovane artista di talento le abbia sfruttate per studiare inquadrature e luoghi, tenendo con esse un personale diario di viaggio e del backstage dei propri film.

Ritrovate in alcune scatole di sigari in cui l’artista era uso conservare le sue Polaroid e ri-catalogate all’interno del proprio archivio,  le immagini raccolte in questo corposo volume edito in Italia da Jaca Book spiccano per intensità e per il tono fortemente intimo, che ha spinto Wenders a interrogarsi più volte sull’opportunità di renderle pubbliche. Alla fine, per fortuna del pubblico, l’artista ha riflettuto sulla distinzione fra “personale” e “privato”, concludendo che queste immagini, per via della forte relazione che hanno con “gli altri” che lo hanno accompagnato nel primo periodo della carriera, abbiano molto da trasmettere. In esse vi è la storia della formazione di uno degli sguardi artistici più importanti e profondi degli ultimi cinquant’anni.

Istantanee che racchiudono immagini di un mondo diverso, diviso dalla guerra fredda: in quell’epoca i viaggi erano qualcosa non ancora alla portata di tutti e luoghi come gli USA, l’Islanda o la stessa Germania (Ovest) appaiono così lontani ed esotici. Fotografie di città, oggetti, persone, artisti facenti parte di un mondo che non c’è più, ma che colpiscono non solo per questo, quanto per il modo con cui sono raccontati dallo sguardo attento e critico di Wenders, che con le Polaroid studiava il mondo forgiando il suo sguardo e la sua sensibilità di regista.

Prove, esperimenti e foto ricordo che, probabilmente, solo riprese in mano dopo decenni sono state viste con un nuovo sguardo e rielaborate come narrazioni continue di un determinato periodo di vita dell’artista: non sono le “stories” usa e getta che imperversano sui social di oggi, sempre più drogati da un’overdose di immagini ripetitive finalizzate al banale obiettivo di “massimizzazione dei like” per poi finire nel dimenticatoio. La fisicità della pellicola e il fatto di trasporre davvero su di essa le emozioni dell’osservatore ha reso queste immagini qualcosa di concreto e duraturo, che si è contestualizzato in una narrazione che rifugge dalla superficialità: ad accompagnare la loro sequenza cronologica vi sono infatti le parole di Wenders che racconta i suoi primi tormentati anni, non nascondendo delusioni e fallimenti che hanno contribuito a forgiare la sua cifra stilistica assolutamente unica.

Viene spontaneo domandarsi cosa ne pensi l’artista sull’attuale “revival della Polaroid”, grazie all’operato di alcune case produttrici che cercano di cavalcare l’ondata di revival vintage di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo: le fotocamere istantanee oggi sono infatti un mezzo fotografico ancora interessante, divenuto in alcuni casi assai più tecnologico e sofisticato. Purtroppo il libro non risponde a questo interrogativo, ma proprio per la sua ricchezza di contenuti ed ispirazione può essere certamente usato come “manuale” per chi volesse cimentarsi con questo tipo di mezzo. A prescindere da queste considerazioni, “Polaroid Stories” è un appassionante diario di viaggio corredato da immagini in cui Wenders ci racconta in maniera asciutta ma assolutamente coinvolgente i suoi anni di apprendistato: la perfetta qualità del volume e delle immagini contenute lo rende un testo imperdibile per gli appassionati del regista tedesco.

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