In silenzio e in punta di piedi ci siamo presentati durante il soundcheck per la serata del venerdì del Linoleum a Milano: all’ingresso del Rocket Club ci siamo trovati davanti Alex (Germanò), che con il suo Per Cercare il Ritmo Tour sta portando in giro per la penisola il suo primo disco, una delle opere più interessanti del 2017, una bellissima, fresca e poetica novità per la nostra musica. Noi dopo avervi raccontato il concerto vi riportiamo la nostra chiacchierata avvenuta nel retrobottega del club: ci siamo infatti seduti su delle poltroncine nere e Alex ci ha aperto il suo mondo, parlando di Roma, della sua cameretta e delle sue canzoni.
Allora Alex, sembra che in questi anni a Roma ci sia un po’ di aria magica, nel senso che si sta formando un grande movimento musicale che parte dalla capitale: volevo chiederti se riesci a spiegare il motivo di tutta questa magia che riesce a sfornare praticamente anno dopo anno sempre più promesse e conferme del nostro panorama musicale.
A dire il vero non lo so.
Io da quando faccio l’università mi sono imbattuto, per caso, nella musica suonata e attraverso dei conoscenti sono riuscito a fare un giro di amici semplicemente facendo quello che mi piaceva, suonare: si è creato in qualche modo un confronto, una possibilità. C’è in questi anni una vera attenzione alla musica suonata a Roma, inoltre si vive una realtà completamente diversa da quella per esempio di Milano, dove ci sono frustrazioni diverse. Roma e la sua musica comunque si rispecchiano molto.
Quindi il disagio e le frustrazioni aiutano a comporre meglio a Roma?
Anche, ma solo in parte: tutto quello che vediamo è frutto semplicemente di una serie di situazioni nate dalla musica suonata (non parlo di musica elettronica o altri generi).
Quindi all’interno di questa giungla infinita di storie, come hai trovato la tua musica?
In realtà cerco di portare avanti un discorso che parte molto da me, dal mio gusto. Prima cercavo di orientarmi più verso gli altri, poi una serie di ascolti e la riscoperta della musica italiana mi hanno portato a fare un tipo diverso di canzoni. Le canzoni hanno molto dell’autobiografico, però cerco sempre di capire cos’è che ci accomuna, cosa può unire te e me. Magari abbiamo delle situazioni in cui possiamo ritrovarci.
Tra tuoi ascolti c’è il Jazz?
La componente jazz e improvvisazione nasce con Francesco Aprili, attuale batterista di Giorgio Poi, perché io non riuscivo a portare al di fuori della mia cameretta quello che facevo, perchè mi mancava quel lato appunto live in più che io mi aspetto dalla musica in generale, fortunatamente mi hanno aiutato a tirarlo fuori.
Ecco, tornando alla tua cameretta, secondo me c’è un aspetto molto interessante in questo: in un mondo musicale (anche indipendente) che aspira alla socialità e al fan come unico attore, tu hai ridato dignità alla timidezza e alla riservatezza del cantautore.
Sicuramente non nasco come un personaggio dello spettacolo. Io sono Alex, e penso che chi si muove nel mondo della musica, in particolare in quella indipendente (anche se non ha senso come parola) deve dire qualcosa e può farlo solo attraverso la sua musica, altrimenti non c’è distinzione con il “mondo commerciale”. Un musicista non può partire dai propri fan, ma quando loro ci sono (se ci sono) e crescono, bisogna essere bravi e onesti nel mantenere un rapporto con loro: mi fa ridere certo che ci sono quelli che hanno fatto un disco e già si concentrano su cose del genere.
Tornando alle storie del disco, che sono bellissime, volevo chiederti se tra loro c’è un filo rosso, un legame che ad esempio unisce Dario a Grace?
Il filo conduttore l’ho trovato alla fine del lavoro: ho dovuto ragionare un po’ su quello che avevo fatto. Non c’è stata un’intenzione. Quando sarò un genio come Battiato, magari farò un disco concettuale con un filo conduttore serio e ragionato, io ho messo in realtà tanto tempo a capire chi sono, però il filo conduttore è in realtà che amo la musica fatta così e mi piace quello che è venuto fuori.
Un artista ha ancora uno sguardo privilegiato sul mondo?
In realtà non si tratta di uno sguardo privilegiato, ma semplicemente diverso: l’artista tende ad essere colpito in modo più particolare e delicato e su alcune cose è un po’ più suscettibile/ impressionabile. Da un lato questo può essere molto utile, dal un punto di vista creativo, dall’altro lato può essere molto negativo per la vita in generale.
Una delle canzoni più belle del disco è Grace, ma è una canzone d’amore?
No, non d’amore, è semplicemente camuffata. Il protagonista in realtà si attacca a Grace come una soluzione momentanea ai suoi problemi: lui capisce perfettamente che lei non è una risoluzione definitiva, in realtà sta piangendo per una mancata soluzione a tutti i suoi problemi.
Per salutarci volevo chiederti, come sta andando il tour?
Bene, bene, anche se abbiamo fatto solo 4/5 date e quindi dobbiamo ancora fare molta strada: per ora siamo stati in Puglia e Campania, ma c’è tanto da fare e speriamo vada sempre meglio.