Dario Ciffo lo abbiamo conosciuto negli Afterhours e nei Lombroso, ma da qualche mese ha intrapreso una nuova avventura solista con la pubblicazione dell’ep intitolato “Sarebbe bello”, un concentrato di sogni su arrangiamenti elettronici, che segnano un nuovo percorso musicale per l’artista.
Egle Taccia lo ha incontrato per conoscere meglio il nuovo lavoro e le caratteristiche della Brotula!
“Sarebbe bello” è il tuo primo ep di una nuova avventura solista. Cosa ti ha spinto verso questo nuovo inizio?
Ho voluto cambiare, distaccarmi un po’ dalle mie consuetudini musicali, quindi dall’ essere stato sempre più a contatto col rock, con quel tipo di composizione da sala prove, e fare qualcosa in studio, un po’ diversa dal solito, confrontandomi con suoni più elettro.
Hai deciso, quindi, di sperimentare nuovi suoni. Sono stati i brani a chiamare questi arrangiamenti o avevi già in mente di addentrarti verso un sound più pop?
Il pop l’ho fatto anche coi Lombroso, secondo me, con una struttura musicale diversa, però sempre pop. È uscita una cosa differente, ma perché, per caso, mi sono trovato a collaborare con un ragazzo che si occupa maggiormente di suoni elettronici, quindi ci è venuto naturale seguire quel percorso, anche per cambiare un po’, per fare qualcosa di diverso, che avesse senso, in modo da cambiare completamente.
Telepatia, possibilità, caso. Sono questi gli ingredienti di “Sarebbe bello”?
“Sarebbe bello” è, in un certo senso, un pezzo che descrive quello che sarebbe bello, che non è possibile, ma che sarebbe bello lo fosse. Ho fatto dei piccoli esempi, poi ognuno può aggiungerne degli altri. Rappresenta le cose impossibili, come correggere un sogno o altre fantasie che per me sarebbe bello si realizzassero, in maniera giocosa.
Brotula parla di conformismo e di quanto sia importante andare a scoprire quel mondo che si nasconde dietro ai luoghi comuni. Nella vita sei un tipo che ama andare controcorrente?
Non per forza. In realtà è più semplice come testo, è contro l’essere accecati dalle apparenze. Da una parte il pesce che tutti conosciamo, quello più bello e più famoso, e poi dall’altra uno nuovo che, se ci si limita alla forma non è tanto bello, ma, andando a fondo, si scopre che è appetibile allo stesso modo. Trovare il bello anche in qualcosa che è meno conosciuto e meno ovvio. Scovare il bello in altre cose.
C’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Tutti, perché essendo quattro fanno tutti parte della stessa tavolozza e hanno tutti lo stesso sapore e lo stesso mood. Direi tutti allo stesso modo.
Che progetti hai per il futuro? “Sarebbe bello” è l’inizio di una carriera che andrà verso questa direzione o è un episodio isolato?
Trovo che sia una realtà mia, parallela a quello che ho sempre fatto, un mio ambito personale in cui posso esprimermi, poi quello che sarà, sarà, vedremo come andranno le cose. È nato così, per gioco, poi potrebbe andare avanti, mantenendo in piedi anche i Lombroso, che sono un progetto che non è interrotto del tutto, sono congelati in questo momento, ma mi piacerebbe portarli avanti di pari passo. È sempre bello passare da un suono a un altro, così da aver sempre voglia di riproporli, di trovare nuova linfa cambiando, in modo da avere sempre nuova ispirazione.
Hai partecipato al concerto celebrativo degli Afterhours a Milano, che esperienza è stata per te?
Per me è stata un’esperienza che racchiudeva un senso del concerto più intimo che celebrativo. È stato più intimo rendersi conto di come un percorso iniziato per me non trent’anni fa, ma venti, ha portato ad esibirsi in un contesto così grande e importante per Milano. La consapevolezza di partire dal basso con serietà, e anche con un po’ di fortuna, perchè poi certamente il successo è anche un po’ legato a questo. È un gruppo che non è nato dall’oggi al domani; per arrivare a suonare lì ci ha impiegato tanti anni, senza per forza essere commerciale o un fenomeno che brucia subito, uno di quelli usa e getta.
Domanda Nonsense: Quale superpotere vorresti avere?
Un po’ quello di “Sarebbe bello”, magari tornare indietro nel tempo e correggere qualcosa che avrei voluto correggere, quindi una macchina del passato per migliorare qualcosa, provare a farla in un altro modo.
