Il 2019 sembra essere l’anno della svolta per Franz, al secolo Francesco Riva, che nel suo percorso artistico ed umano giunge ad un’importante svolta cantautoriale. Un cambio di direzione importante ed apprezzato dalla critica, come testimonia il secondo posto ottenuto alla XVII edizione del “Premio Fabrizio de André”. Franz, tuttavia, è un artista che non dimentica le proprie esperienze, le quali continuano ad accompagnarlo in questo cammino.
Curiosi di scoprire dove ci condurrà il suo intrigante percorso di formazione, abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche domanda con l’eclettico cantautore: ne è uscita una piacevole chiacchierata in cui si è parlato di musica, radici e crescita personale. In attesa di poter ascoltare il nuovo lavoro, ancora in fase di lavorazione nel momento in cui pubblichiamo questo articolo, lasciamo la parola a Franz.
Un passato dietro le pelli come batterista punk, la fondazione dei Greenman studio, i 7Marzo – che finalmente hanno dato alle stampe il proprio disco lo scorso anno – ed oggi un acclamato esordio solista nelle vesti di cantautore: chi è Franz Riva, e cos’è che lo spinge ad esplorare la musica in territori così diversi fra loro?
Franz Riva (mi piace parlare di me in terza persona, come Berlusconi) è un musicista piuttosto nevrotico che ha il bisogno compulsivo di suonare. Ha sempre avuto la “sindrome della persona piuttosto creativa”, che consiste nell’essere spinto a fare mille cose per non finirne mezza, quindi per tutto il decennio che è andato dai venti ai trent’anni ha girovagato senza sosta da uno strumento e un genere all’altro. Poi ha cominciato a fare un po’ d’ordine.
Parlando della tua musica, hai fatto espliciti riferimenti non solo alle influenze strettamente musicali, ma ad artisti dal forte impatto visionario sia nell’ambito della letteratura (Buzzati) sia della cinematografia (Miyazaki Hayao): in che modo queste influenze si esprimono nelle tue composizioni e nel tuo stile?
Ho sempre avuto una specie di nostalgia per qualcosa che non sono sicuro di avere mai vissuto, anche da ragazzino (ero già probabilmente anziano dentro). Alcuni libri, fumetti, videogiochi e canzoni sono riusciti a farmi sentire in qualche modo a “casa” portandomi in questa specie di luogo indefinito (direi “Luogo dell’anima”, ma temo di sembrare borioso).
In ambito musicale, invece, chi ti incuriosisce e stimola di più fra gli artisti contemporanei?
Gli Alt-j su tutti sono la band contemporanea che più mi ha affascinato. Di italiano mi piace molto come autore Brunori.
“Settembre” è stato un bel colpo per te: secondo arrivato al premio Fabrizio de André, questo brano ha contribuito a farti conoscere a livello nazionale. Cosa credi che in questo brano sia riuscito a colpire la giuria e il pubblico del concorso?
In questo progetto ci sono diversi elementi che incuriosiscono. Già il fatto di presentarci con un’orchestra di nove elementi è piuttosto inconsueto, poi il genere è particolare: fonde la musica per film e il cantautorato; inoltre il pezzo esordisce con un riff quasi alla “Rage Against The Machine”, ma suonato con appunto un set lontano anni luce da quelli classici rock’n’roll.
Trovo molto suggestivo il videoclip, ambientato in un angolo ancora incontaminato della Brianza dal quale si scorgono le Prealpi lombarde: come ti è venuta l’idea per l’ambientazione? In quale modo la metti in parallelo con il deserto dei Tartari, che di primo acchito suggerisce l’idea di un ambiente arido?
Ho trovato passeggiando (e qui avete la conferma definitiva del mio essere anziano dentro) questo luogo bellissimo. C’è un casolare, in mezzo al niente, e mi è venuta subito in mente la fortezza del “Deserto dei Tartari”. Volevo fare un parallelo tra la routine alienante della vita militare con quella del lavoro impiegatizio, ma volevo che lo scenario fosse surreale e sospeso nel tempo. Questo posto mi è parso da subito perfetto.
Viene spontaneo porti una domanda anche sul tema delle radici. Quanto è importante per te la tua terra di origine, visto che oltre all’ambientazione del videoclip, in cui hai coinvolto anche i tuoi familiari, hai inserito una bella immagine della pianura brianzola sulla homepage del tuo sito?
Moltissimo, sono orgogliosamente brianzolo. Amo questa terra di confine, perennemente in tensione tra la vicina metropoli, i campi e il richiamo delle montagne.
Il disco di cui “Settembre” è il singolo di anteprima sarà incentrato sulla più famosa opera di Buzzati: quando credi che potremo ascoltarlo per intero? Hai intenzione di pubblicare altri singoli nel frattempo?
Il disco uscirà in autunno. In realtà solo “Settembre” è ispirata al lavoro di Buzzati, anche se tanti elementi del suo immaginario me li porto ormai dentro. Il prossimo singolo uscirà insieme al disco e si intitola “L’America”.
Oltre al tuo lavoro come compositore ed al progetto solista, ci sarà modo di sentire ancora dal vivo e/o su disco i 7marzo, che molto abbiamo apprezzato sulle nostre pagine?
Certo, con i 7marzo stiamo finendo di scrivere il secondo disco, quindi il 2020 sarà l’anno del ritorno della banda!
Sei giunto dopo tanti anni a dar vita ad un progetto solista che stai curando nei minimi dettagli – non avevamo mai visto una scheda tecnica dello stage plan direttamente consultabile dal sito di un musicista! – come mai solo adesso hai sentito il bisogno di esprimerti in questo modo?
Prima pensavo di poter fare tutto coi 7marzo. Pian piano mi son reso conto che questo era dannoso per la band e frustrante per me: avere un secondo progetto mi ha dato un sacco di libertà e permesso di non snaturare i 7marzo, che rimangono una meravigliosa band rock’n’roll di “amabili cialtroni”.
Domanda Nonsense: nel tuo deserto immaginario vi è solo aridità o è un luogo in cui possono fiorire le rose di Atacama?
Oh, il mio deserto è un continuo fiorire di cose stravaganti e animali misteriosi. Se mai si inaridirà smetterò di fare il musicista – e magari avrò un po’ più di pace, anche, chissà! – ma la vedo molto remota, come possibilità.