Il 2017 è stato l’anno dell’esordio solista di Giorgio Poi con Fa Niente, album complesso e dalle molteplici sfumature che, concerto dopo concerto, l’ha fatto arrivare fino ai Phoenix, che gli hanno proposto di aprire i loro concerti di Milano e di Parigi.
Egle Taccia l’ha incontrato in una delle date del tour.
Questo 2017 è stato un anno super positivo, qual è la cosa che non ti saresti mai aspettato che accadesse?
Sicuramente di entrare in contatto con i Phoenix e, adesso, di aprire il loro concerto a Marzo. Ho sempre scritto in inglese e l’ultima cosa che mi sarei aspettato facendo un disco in italiano era di arrivare a qualcuno come i Phoenix, anche soltanto di essere ascoltato da qualcuno come i Phoenix, mentre invece è successo ed è stata sicuramente la sorpresa più grande.
Nelle varie community del web ho visto che il tuo live è considerato come il più bel live del 2017 con la migliore formazione dal vivo. Ti saresti mai aspettato questo riconoscimento?
No, non ci ho mai pensato. L’idea dall’inizio era quella di costruire un bel live e speravo di riuscire a mettere su un bel concerto, poi ho scelto due persone fortissime con cui suonare dal vivo e quindi, sulla carta, doveva funzionare per forza. Ce l’abbiamo messa tutta e sono contento che poi effettivamente sia piaciuto.
Ci hai proposto un album con delle costruzioni armoniche complesse, non propriamente radiofoniche, e comunque hai raggiunto molte persone e hai avvicinato una bella fetta di pubblico, dimostrandoci che facendo bene le cose si possono ottenere dei grandi risultati…
È un disco che è passato poco in radio, ma per quello che è lo stile dell’album, il pacchetto, il vestito che ha addosso è andata molto bene, sono molto soddisfatto.
Hai viaggiato tanto e hai studiato chitarra jazz a Londra. Questa esperienza all’estero e i tuoi studi hanno influenzato il tuo modo di comporre?
Sicuramente sì, in qualche modo sì. Fondamentalmente all’epoca, quando scelsi di studiare chitarra jazz, lo feci perché credevo che mi avrebbe dato una serie di opzioni più vaste tra cui scegliere, perchè il jazz è un ottimo modo per imparare e per capire come funziona la musica, l’armonia, il ritmo, le melodie. Ho imparato molto di più di quello che poi effettivamente volevo utilizzare, però mi ha dato la possibilità di scegliere, mi ha presentato davanti una serie di carte e poi ho scelto quelle poche che mi piacevano.
Cosa vuol dire per te essere alternativo o indipendente?
Forse alternativo è una parola che capisco di più rispetto alla parola indie, in realtà. La musica alternativa è alternativa appunto a qualcosa, a un certo sound, a un certo modo di scrivere. Alternativa può essere considerata una qualunque musica che in qualche modo è sincera nel suo essere originale, mentre indie non ho capito cosa voglia dire.
Il 2018 è da poco iniziato. Che programmi hai? Hai in cantiere un nuovo album?
Sì sicuramente. Mi sono già messo a scrivere, ho già qualche pezzo. Servirà un periodo di concentrazione, che inizierà a partire dalla fine del tour. Nel frattempo sto anche producendo il disco di un altro artista (Francesco De Leo, n.d.r.), quindi concluso questo percorso mi concentrerò sulle mie cose.
Domanda Nonsense: Ti sei mai buttato col paracadute?
No, non lo farei mai! (Ride)