Abbiamo incontrato Serena Brancale, dotata di una voce scura e versatile che ha conquistato il pubblico sanremese nel 2015, per parlare del suo ultimo album, Vita da artista, nuovo progetto decisamente nu-soul che, con la sua creatività, attraversa funk, jazz e R’n’B strizzando l’occhio al rap ma senza mai dimenticare i moderni suoni dell’elettronica.
Vita da artista, il tuo ultimo album, è stato definito demodè, ironico, romantico ma spiccatamente groovy: in che modo questi elementi convivono nelle tracce del disco?
Sono degli elementi che rispecchiano la mia personalità, non sono stati scelti a caso ma sono tasselli che fanno parte di me e del mio modo di fare musica.
Perché il titolo Vita da artista?
Negli ultimi anni ho amato questo mestiere, questa vocazione. Avevo bisogno di omaggiare il mondo dell’arte con un singolo che parlasse del nostro disordine, della nostra innocua pazzia.
I tuoi esordi sono legati al mondo del cinema e del teatro: raccontaci in che modo queste esperienze hanno influito nella tua formazione.
Inizialmente il mio sogno era quello di fare l’attrice, ho studiacchiato un po’ teatro e ho avuto l’onore di partecipare a vari lavori cinematografici ma la musica ha preso il sopravvento e ha deciso che sarebbe stata compagna di vita.
Vita da artista è una live session svizzera di soli 3 giorni che conserva la freschezza della prima take: come mai tanta “fretta”?
Non avevamo assolutamente fretta, potevamo prenderci anche dieci giorni e dedicarli al disco. Abbiamo preferito conservare la bellezza delle prime take che spesso sono sporche di errori interessanti. Dopodiché si tende a pulire e a perfezionare i suoni. In Vita d’artista ho cercato un suono più roots.
Hai collaborato con tanti e diversi artisti: in che modo hanno contribuito ad arricchire il tuo bagaglio personale?
Ogni artista che ho incrociato nella mia vita mi ha arricchito, inevitabilmente, si è così diversi e, soprattutto, è talmente diverso il modo in cui ognuno fa musica che bisogna attingere l’uno dall’altro. Questo è il miglior modo secondo il mio parere di collaborare.
Domanda Nonsense: qual è la tua canzone con il più alto tasso di nonsense?
Ce ne sono due: Il gusto delle cose, un brano del primo disco con un bridge finto scat e Chiediti perché, molto particolare, quasi un flusso di coscienza.
A cura di Laura De Angelis