Dopo il fortunato “All You Can Eat”, i napoletani Slivovitz sono tornati con un nuovo album, Liver. Un esordio in vinile pubblicato dall’etichetta napoletana SoundFly e distribuito in Italia da Self. Il disco è stato registrato dal vivo durante il concerto tenutosi il 27 maggio 2016 presso la Casa di Alex, club milanese molto conosciuto per la proposta artistica incentrata sulla scena Jazz Rock Progressiva italiana ed internazionale.
Pietro Santangelo ha risposto a qualche nostra domanda riguardo a questo lavoro.
Come avete scelto la tracklist di “Liver”?
Tutte le tracce sono state registrate durante lo stesso concerto, abbiamo selezionato quelle dove le performance erano più energiche e più liriche. C’è da dire che abbiamo ricalcato fedelmente la scaletta, per cercare di rendere a pieno l’atmosfera del live.
Primo album dal vivo e impresso su vinile. Apparentemente una scelta controcorrente, ma in realtà sempre più artisti si stanno riavvicinando a questo tipo di registrazione. Come mai secondo voi?
Probabilmente dipende dal fatto che il digitale ormai esiste senza più bisogno di un supporto dedicato, come il cd, ma evidentemente per alcuni la musica merita di essere ancora associata ad un oggetto da collezione, alla stregua di un libro. Inoltre ci piace pensare che mettere su un disco possa essere un atteggiamento “rituale”, un momento particolare in cui dedicarsi solo all’ascolto senza la distrazione del computer sempre acceso.
Come ultimo brano troviamo una cover dei Nirvana, “Negative Creep”. Perché questo pezzo?
Durante l’inverno abbiamo organizzato un concerto particolare in cui eseguivamo solo cover di canzoni, riarrangiando il cantato con gli strumenti. Alcuni pezzi del repertorio sono rimasti parte della nostra scaletta come “National anthem” dei Radiohead, “Eat that question” di Frank Zappa e, appunto, “Negative Creep” dei Nirvana. Quest’ultima ha davvero una potenza di suono notevole, e semplicemente non abbiamo resistito al lato oscuro della forza…
Chi ha ideato l’artwork di copertina?
Il ciuccio è da sempre il soggetto delle copertine dei nostri album e di volta in volta scegliamo un artista napoletano che stimiamo. Questa volta è toccato a Centoottantanove, un giovanissimo artista murale che in questi ultimi anni si è fatto notare per le sue opere visionarie e tribali.
Ascoltandovi è chiaro l’estremo affiatamento che c’è tra voi musicisti. Quanto tempo c’è voluto per raggiungerlo?
Noi, oltre a suonare insieme, amiamo condividere gran parte del nostro tempo libero nonché altri progetti tra cui anche il Crossroads Improring, che è un laboratorio di improvvisazione radicale. Un ambiente perfetto dove sviluppare una sensibilità comune, come diceva Art Blakey: the group that plays together is the group that stays together.
In questi anni avete suonato tantissimo in Italia ma anche all’estero. Quando tornate a Napoli qual è la prima cosa che fate?
Andare a cena fuori! ☺
Intervista a cura di Cinzia Canali
