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No Interview

No Interview – Tusks ci parla del suo atteso ritorno!

Tusks, al secolo Emily Underhill, è una delle figure più interessanti della scena cantautoriale alternativa/elettronica made in UK. Dopo alcuni EP utilizzando il suo nome di battesimo, il cambio di monicker e un debutto importante su LP con “Dissolve”, album che ha raccolto consensi unanimi nel 2017 e la stima di tanti colleghi, che nel 2018 hanno contribuito ad un album di remix.

Nel mezzo, un brutto infortunio che ha rischiato di pregiudicarne la carriera, una lunga riabilitazione e, finalmente, l’atteso ritorno sulle scene nel 2019 con “Avalanche”, un meraviglioso ed entusiasmante album per dirci che Tusks è ancora qui con noi, più ispirata e desiderosa di suonare che mai. Abbiamo avuto occasione di poter intervistare la brava Emily, eccovi dunque la nostra piacevole chiacchierata.

 

 

Anzitutto, vorremmo dirti che siamo felici di vederti di nuovo sulle scene dopo l’infortunio subito all’inizio del 2018. Come ci si sente a tornare con un nuovo disco?

Grazie! Ci si sente alla grande, sono davvero entusiasta all’idea di pubblicarlo ed è bello avere un così veloce tempo di elaborazione – sento le canzoni ancora davvero fresche e rilevanti per me.

Quando e in che modo hai trovato la giusta ispirazione per il nuovo album?

È giunto tutto abbastanza velocemente, ed io ho sempre solo trovato ispirazioni nelle cose con le quali ho a che fare durante il tempo dedicato al processo di scrittura. Per quanto riguarda “Avalanche”, questo ha incluso argomenti come il sessismo, la salute mentale, l’amore ed il crepacuore.

Hai dichiarato che il nuovo album è stato registrato in quattro mesi: è stato un processo facile per te e il tuo team? Tutto è andato bene?

 Sì, è andata così, è stato un processo davvero piacevole e mi sono davvero divertita. I ragazzi di Bear’s Den (nda: una band folk-rock inglese attiva dal 2012) ci hanno gentilmente prestato il loro studio nella parte nord di Londra, che si è rivelata una base meravigliosa, e ci siamo davvero divertiti tantissimo a costruire i pezzi e a sperimentare coi suoni laggiù.

Hai scelto di lavorare di nuovo con Brett Cox, un grande tecnico del suono che lavora con tante grandi band: è una persona capace di farti sentire a suo agio ed aiutarti a trovare nuove idee?

Brett ed io ci siamo incontrati all’università  quando avevamo 18 anni, ed ora questo è il terzo album su cui lavoriamo insieme, perciò è una bella sensazione. Credo che abbiamo imparato come poter creare musica insieme e siamo ottimi amici, perciò non c’è nessun imbarazzo fra di noi, possiamo essere davvero onesti l’uno con l’altra.

Da “Dissolve” ad “Avalanche”: i titoli dei tuoi primi LP sembrano quasi antitetici, in quanto racchiudono un assai diverso tipo di energia e concettualità. Il primo è il concept di qualcosa che lentamente scompare nel nulla, mentre il secondo, al contrario, è una forza prorompente ed incontenibile. È corretta questa interpretazione?

Ho dato subconsciamente il titolo ad entrambi gli album – queste parole semplicemente mi sembravano giuste, piuttosto che mettermi a pensare consciamente a come presentare nel modo più corretto l’album attraverso il titolo. Credo tuttavia che queste due descrizioni esprimano bene le sensazioni legate ai due dischi.

Paragonando “Dissolve” ad “Avalanche”, descriveresti quest’ultimo quale evoluzione del primo o come un album totalmente diverso nel quale hai cercato di rinnovare il tuo sound?

Sì, credo che “Avalanche” sia per me come la sorella maggiore di “Dissolve”. Penso che i due dischi condividano gran parte degli stessi sentimenti e sonorità, ma “Avalanche” è più ricco e dà la sensazione di qualcosa in più di un semplice avanzamento.

Preparando quest’intervista abbiamo ascoltato i tre single finora pubblicati nel 2019 (“Be Mine”, “Foreign” e “Peachy Keen”), il cui sound è assai differente ed intrigante: puoi dirci qualcosa sugli artisti che hanno influenzato i nuovi pezzi?

C’è stato un ampio ventaglio d’ispirazioni, ma per queste canzoni in particolare c’è stata una preminente influenza di Banks, Nils Frahm e Wolf Alice.

Cosa ci dici a proposito dell’atmosfera dei nuovi brani? Come definiresti il nuovo album?

Credo vi sia molta emozione lì dentro e davvero un grande insieme di argomenti ed influenze musicali. Preferisco che siano le persone a mettere le proprie personali definizioni nella musica, interpretandola da sé, per questo non provo a definirla io stessa in termini assoluti. È bello quanto tu puoi prendere una canzone e renderla così personale per te stesso.

Perché hai scelto “Tusks” come nome d’arte? In che modo gli album pubblicati come Tusks differiscono da quelli a tuo nome?

È tratto dall’album “Tusk” dei Fleetwood Mac. Sono cresciuta ascoltando tantissimo i Fleetwood Mac da bambina, quindi quando stavo scegliendo un monicker è semplicemente calzato e suonava bene. Le pubblicazioni fatte in precedenza col mio nome sono molto più casuali e disordinate. Stavo solo sperimentando con ogni genere musicale, dal noise al folk a tracce di house elettronica per vedere cosa mi piacesse, quindi, una volta trovato ciò, ho iniziato a pubblicare come Tusks.

Hai dichiarato che il lungo periodo di convalescenza e riabilitazione è stato davvero duro, perché talvolta sei giunta a pensare che non saresti più stata capace di suonare musica come prima. Come sei riuscita a superare quella sensazione? Cosa ti ha aiutato maggiormente in quei mesi?

Sì, è stato uno schifo. Prima di operarmi per riaggiustare il mio gomito, il chirurgo mi avvertì che avrei potuto patire un danno ai nervi, e in tal caso non sarei stata capace di piegare e distendere correttamente il mio gomito. Ci è voluto molto e non è ancora tornato del tutto normale diciotto mesi dopo. Credo che per superare quella sensazione io abbia solamente pensato a tutte le altre cose che avrei potuto fare, come solamente suonare sintetizzatori a pad qualora non avessi potuto suonare la chitarra, cercando di pensare la cosa come ad una sfida positiva e non ad una sconfitta.

Negli scorsi mesi hai visitato l’Islanda, uno dei luoghi più stupendi sulla Terra: cosa ci racconti sulla tua esperienza personale in questo incredibile Paese?

Sì, adoro l’Islanda, ci sono stata già un paio di volte ed ogni volta è stato qualcosa di davvero impressionante. Io amo molto la natura e l’esplorazione, è semplicemente un posto incredibile per fare queste cose.

In questo viaggio hai avuto modo di incontrarti e frequentare i musicisti locali, come ad esempio i Vök, che hanno realizzato un interessante remix di “Last” per l’album “Dissolve – The Remixes”?

Beh, il motivo per cui mi trovavo in Islanda è stato per fare da insegnante presso un camp musicale per ragazze che mi è stato fatto conoscere da Gudrun, che appunto è stata chitarrista per i Vök: è stato davvero bello rivederla.

Cosa ci possiamo aspettare dal nuovo tour? Hai qualche idea speciale per i tuoi set?

Versioni dal vivo delle tracce del nuovo album, un bel po’ di chitarre e sintetizzatori ed una speciale versione alla chitarra di “Bleach”!

Domanda NonSense: ti trovi di nuovo in Islanda, la terra del ghiaccio e del fuoco. Quale di questi due elementi sceglieresti come fonte d’ispirazione per una nuova canzone?

Credo il ghiaccio. C’è qualcosa di semplicemente incredibile ed unico in questo elemento. Specialmente in posti come l’Islanda, dove enormi frammenti di ghiaccio sono spinti dall’acqua sulla spiaggia. È qualcosa che adoro.

English Version

First of all, we would like to to tell you that we are happy to see that you are back on the scenes after the injury you suffered at the beginning of year 2018. How does it feel to be back with a new record?

Thanks! It feels great, I’m really excited to release it and it’s nice to have such a quick turn around time – the songs still feel really fresh and relevant to me.

When and how did you get the right inspiration for the new album?

It all came quite quickly and I always just find inspirations in things that I’m dealing with during the time of the writing process. For Avalanche – that included sexism, mental health, love and heartbreak. 

You told that the new album was recorded in four months: was this an easy process for you and your team? Did everything go well?

Yeah it did, it felt like a really nice process and I really enjoyed it. The guys from Bear’s Den kindly leant us their studio in North London which was an amazing base and we had loads of fun building the tracks and experimenting with sounds there. 

 You chose to work again with Brett Cox, a great sound engineer which works with many great acts: is he able to make you feel comfortable and help you finding new ideas?

Brett and I met when we were 18 at university and this is now the third release we’ve worked on together so it feels really good. I think we’ve learnt how to create music with each other and we’re good friends so there’s no awkwardness between us and we can be really honest with each other.

From “Dissolve” to “Avalanche”: the titles of your first LPs are almost antithetical, as they contain very different kind of energy and concept. The first is the concept of something that slowly disappears into the void, while the second, instead, is a disrupting, uncontainable physical force. Is this interpretation correct?

I named both albums subconsciously – the words just felt right rather than consciously thinking about how to present the album through the title in the correct way. I think those two descriptions do describe the feeling of the albums well though.

Comparing “Dissolve” to “Avalanche”, would you describe us the latter as an evolution of the first or as a totally different kind of record in which you wanted to renew your sound?

Yeah I think Avalanche feels like the big sister to Dissolve for me. I think there’s still a lot of the same feeling and sounds between the two albums but Avalanche feels richer and more of a progression.

When preparing this interview, we listened to the three singles released in 2019 (“Be Mine”, “Foreign”, and “Peachy Keen”), whose sound is very different and intriguing: could you tell us something about the artists which influenced your new compositions?

There was a big range of inspirations, for these songs in particular it was predominantly a combination of Banks, Nils Frahm and Wolf Alice.

How about the mood of the new songs? How would you define the new record?

I think there’s a lot of emotion in there and quite a big mix of topics and musical influence. I prefer for people to put their own definitions on the music and interpret it themselves though so I try not to define it in absolute terms- it’s nice when you can take a song and make it personal to you.

Why did you choose “Tusks” as your monicker? In which way is Tusks’ music different from the releases under your real name?

It’s from the Fleetwood Mac album Tusk. I was brought up on a lot of Fleetwood Mac as a child and when I was choosing a moniker it just stuck and sounded right. The releases I did previously under my name are way more random. I was just experimenting with every genre from noise music to folk to electro house tracks to see what I liked and then once I’d I found that, I released under Tusks.

You stated that the long period of convalescence and recovery was very hard, because sometimes you felt that you wouldn’t have been able to play music like before. How did you overcome that bad feeling? What helped you most in those months?

Yeah that sucked. Before I went into surgery to fix my elbow the surgeon warned me I might have lasting nerve damage and I was told I wouldn’t be able to bend and straighten my elbow properly.  It took a long time and it’s still not back to normal 18 months later. I think overcoming the feeling, I just thought of everything else I could do like I could just play sample pads if I couldn’t play guitar and tried to think of it as a positive challenge rather than a defeat.

In the past months you visited Iceland, one of the most beautiful places on Earth: what could you tell us about your personal experience in this incredibile land?

Yeah I love Iceland, I’ve been there a couple of times and it’s always awe inspiring. I love nature and exploring so it’s an amazing place for that.

During this travel did you have the chance to meet and hang out with the local musicians, i.e. Vök who did a very interesting remix of “Last” in the “Dissolve – The Remixes” album?

So the reason I was in Iceland was to teach at a music camp for girls which was introduced to me by Gudrun who played guitar for Vök – it was great seeing her again.

What can we expect from the new tour? Do you have some special idea for your sets?

Live versions of the new album tracks, lots of guitars and synths and a special guitar version of “Bleach”!

NonSense Question: you are back to Iceland, the land of Ice and Fire. Which of these two elements would you choose as an inspiration for a new song?

I think Ice. There’s something just so amazing and unique about it. Especially in places like Iceland where massive chunks are washed up on the beach – I love it.

 

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