Dopo “La grande abbuffata”, il loro primo disco ufficiale, è uscito in primavera Amorrandagio, il nuovo lavoro de Le Madri degli Orfani, band garage-pop formata da Logan Laugelli e Andrea Manenti alla voce e chitarra, Dario Bertoletti alla batteria e Paolo Finazzi al basso. 13 brani nei quali troviamo una cura meticolosa dei testi, una presenza massiccia di chitarre e un basso che la fa da protagonista.
Come nascono Le Madri degli Orfani?
Logan: Le Madri Degli Orfani nascono quasi per caso alla fine del 2008 come duo acustico, eravamo io e Andrea, facevamo qualche cover e qualche pezzo che poi è finito nei primi demo e qualcosa anche in “Amorrandagio”, perché non si butta via niente! All’inizio del 2009 abbiamo ampliato la formazione a quattro elementi, con Dario alla batteria e inizialmente Saul Pagnoni al basso, poi sostituito nel 2014 da Paolo.
Lasciatemi dire che “Amorrandagio”, il vostro ultimo album, ha una copertina talmente bella che verrebbe da acquistarlo senza minimamente sapere chi siate!
Logan: Grazie! Per la copertina siamo rimasti in famiglia, ci siamo affidati a Lucia Costa, compagna di Paolo, la quale oltre a questo ha anche elaborato un disegno rappresentativo per ogni canzone, che prima dell’uscita dell’album abbiamo postato sulla nostra pagina Facebook una o due volte alla settimana, presentando le canzoni in maniera visiva e concettuale. Se cercate “Amorrandagio” su Bandcamp ogni brano ha la sua copertina personale.
Tornando seri, qual è il punto forte di questo nuovo lavoro?
Logan: Spero che le canzoni in sé siano già un punto forte! A parte gli scherzi, credo che la sincerità sia un qualcosa che contraddistingue le nostre produzioni, compresa questa. Per sincerità intendo l’approccio genuino che abbiamo rispetto proprio alle canzoni, a partire dai testi che raccontano le nostre esperienze senza censure.
Il video di “Un minuto prima della fine”, singolo che ha anticipato il disco, continua ad avere un ottimo riscontro su Youtube. Raccontateci qualcosa di più riguardo al messaggio di questo pezzo.
Logan: L’atmosfera che ho voluto creare quando ho scritto il testo era una specie di circo sull’orlo del precipizio, una fine del mondo ammortizzata da una frenesia generale. Prendo le distanze da varie situazioni, cerco del bene anche dove non c’è, consapevole che tanto non aspetterò la fine, me ne andrò un minuto prima, che non è per forza una vittoria, dipende da come la si legge, magari dopo tutto perdersi il finale non è bello. Insieme abbiamo ricreato questa atmosfera grottesca perfettamente, con il ritmo reggae e le tastiera di Titta.
In questo disco troviamo, come avete appena anticipato, la partecipazione di Titta Colleoni, tastierista, tra gli altri, di Lucio Dalla. Come ha preso forma questa collaborazione?
Logan: La collaborazione, che è soprattutto un’amicizia, con Titta è nata anche lì quasi per caso: lui abita a pochi passi dallo studio di registrazione dove abbiamo inciso il disco, La Maison de la Musique. Già prima che iniziassimo le sessioni di registrazione avevamo stretto rapporti, tra un caffè e un bianchino al bar, e quando eravamo in procinto di iniziare gli ho chiesto se voleva farmi questo regalo. Ha accettato subito e si è divertito quanto noi!
A fine luglio avete avuto la fortuna di registrare un singolo negli studi di Abbey Road a Londra. Quanto hanno tremato le gambe?
Logan: Almeno per me le gambe non hanno tremato fino a che non mi sono trovato davanti al cancello… Quando si parla di Abbey Road è sempre tutto legato al mito, quando sei dentro il mito sembra di respirarlo. Poi di fuori c’è un pellegrinaggio continuo di turisti con macchine fotografiche (credo che saremo apparsi in un bel po’ di foto senza saperlo e senza che loro sapessero chi fossimo).
Domanda Nonsense: Siete costretti a salire sul palco travestiti da supereroi, che costume scegliete?
Logan: Non sono mai stato un grande fan dei supereroi, però quand’ero piccolo era Hulk che mi affascinava di più, malinconico e incazzato!
Andrea: Io scelgo Batman in quanto unico supereroe senza poteri, né completamente buono né completamente cattivo. Batman in quanto umano.
Paolo: Io sarei Deadpool, immortale, si rigenera, è irriverente, strafottente e specialmente sa di essere in un fumetto e allora dialoga con il lettore facendo doppi sensi e riferimenti a vecchi film, serie televisive, canzoni e immagini popolari.
Dario: Io Supergiovane, perché ha la moto scurreggiante!
Intervista a cura di Cinzia Canali