Il 5 novembre ripartirà il tour autunnale di Bagaglio a mano, il disco del cantautore romagnolo Andrea Amati, pubblicato da Borsi Records e contenente nove brani e una cover di Tenco. Le nuove date, sono state rese possibili grazie alla vittoria del bando S.I.A.E. S’illumina, che ha permesso all’artista di finanziare questa tranche di concerti.
Facciamo subito un tuffo nel passato: ti sei avvicinato al mondo artistico attraverso il teatro. Quando e come hai scelto la strada del cantautorato?
Più o meno negli anni dell’università, attorno ai 20/22 anni. Ho sbattuto il muso contro l’opera di Fabrizio De André che mi ha segnato profondamente, non tanto musicalmente ma proprio nel modo di vedere le cose. Ho iniziato a cantare le sue canzoni, per qualche anno ho fatto parte di una tribute band, i “Guandi di Marco”, e in quell’esperienza ho capito di voler stare su un palco a cantare le mie canzoni che nel frattempo avevo iniziato a scrivere.
Il Teatro ha indubbiamente formato la mia attitudine, il mio modo di stare sul palco, di “interpretare” i personaggi e le storie che canto.
“Bagaglio a mano” ti ha visto metterti in gioco andando ad esplorare un nuovo approccio sia per quanto riguarda le sonorità che per quanto concerne la scrittura. Qual è stata la genesi del disco?
Avevo voglia di fare un disco che fosse figlio del presente, che si allacciasse sia a quelle che sono le mie radici musicali di riferimento (la grande canzone d’autore) sia alle infinite possibilità che ti permette la tecnologia al giorno d’oggi. Un disco che dicesse delle cose ma che fosse anche orecchiabile, un cantautorato Pop musicalmente incalzante ma raffinato e con una storia da raccontare.
Allacciadomi al brano che dà il titolo all’album, quanto pesa in questo momento il tuo bagaglio?
Ora direi che il bagaglio si sta svuotando per lasciare posto a quello che verrà, a canzoni nuove, a nuove suggestioni, a nuove idee… Quindi al momento è particolarmente leggero anche perché devo portarlo in giro per presentarlo a più persone possibili.
Sei reduce da un tour che ti ha visto suonare in molte location, c’è un live che ricordi con particolare emozione?
Sicuramente il primo opening ai Nomadi è stato molto emozionante, a Casalromano vicino Mantova. Uscire e trovare tutta quella gente che non mi conosceva, suonare le mie canzoni e portarli dalla mia parte è stato entusiasmante e sicuramente gratificante.
I Nomadi sono un gruppo storico nel panorama musicale italiano; come hai vissuto questa esperienza?
Ho finito il tour a settembre con loro. Che dire? Un’esperienza bellissima che mi ha portato a entrare nella famiglia Nomade, la quale mi ha accolto ovunque con affetto e calore. La rifarei mille volte e sarò sempre grato a Beppe e ai ragazzi per avermi invitato.
Prossimo step?
A novembre partiamo con un tour che durerà fino a gennaio; gireremo quasi tutta l’Italia e ne sono felicissimo; si parte il 5 al Ronchi 78 di Milano e si chiude il 10 gennaio al Teatro Lavatoio di Santarcangelo di Romagna, a 500 mt da casa mia. Sarà il tour più lungo e meglio strutturato che abbia mai fatto e ti giuro che non vedo l’ora di iniziare, sto lavorando alla scaletta e a tutti i dettagli; sarà un viaggio molto emozionante e i concerti molto caldi, intensi e intimi.
Domanda Nonsense: da romagnola non posso non chiederti cosa preferisci tra piada e cassone?
Senza ombra di dubbio… la piadina anzi la piada, come diciamo noi riminesi.
Intervista a cura di Cinzia Canali