Si è laureata da poco in pianoforte al Conservatorio di Palermo e, a fine marzo, è uscito Diventeremo adulti, il suo primo disco, pubblicato dall’etichetta indipendente Il cantautore necessario. Giulia Mei, autrice e compositrice siciliana ha risposto a qualche nostra domanda sul nuovo lavoro… e non solo.
Una cosa positiva e una negativa del diventare adulti?
In realtà, ed è quello che voglio comunicare in questo disco, credo che diventare adulti sia una cosa bella, e anzi il tentativo è quello di staccare di dosso a questo concetto l’accezione negativa che solitamente gli si dà, come se diventare adulti fosse qualcosa di poco auspicabile perché significa perdere la propria fanciullezza, invece diventare grandi, per davvero, penso significhi crescere senza abbandonare mai la meraviglia di ciò che si era da bambini. È una cosa difficilissima, ma d’altronde diventare adulti lo è.
Un disco d’esordio scritto e composto interamente da te, ad eccezione di un brano; che percorso è stato?
Fare un disco è una cosa bellissima anche se molto impegnativa, poi il primo è sempre una gran bella responsabilità. Io ho partecipato direttamente a ogni singola parte della produzione, volevo che questo disco fosse davvero mio, e la cura che ho riservato ad ogni singolo dettaglio ha sorpreso anche me, creare è un atto di amore grandissimo. Poi ho avuto la fortuna di condividere le mie idee con dei musicisti e dei collaboratori fantastici senza i quali questo album non sarebbe stato lo stesso. È stato un lavoro lungo e non privo di difficoltà, ma alla fine “Diventeremo adulti” è arrivato, e io sono felicissima dei risultati ottenuti.
Ascoltando l’album appare subito chiaro il tuo forte legame col cantautorato più classico. Come ti sei avvicinata alla musica?
Ho iniziato da bambina con la musica classica e addirittura con il canto lirico, poi all’età di dieci anni è arrivato il pianoforte e di lì a poco è iniziato il percorso di avvicinamento tra musica e poesia che alla fine mi ha condotta al mondo della canzone. In realtà le canzoni fanno parte di me da sempre, fin da quando ero bambina e mio papà mi cantava quelle di Morandi e Zarrillo, poi la maestra Angela mi fece scoprire De André e Guccini e piano piano trovai la mia identità musicale e i miei gusti, scoprendo tutti gli altri autori che hanno influenzato la mia scrittura, per poi esplorare tantissimi altri mondi, da Bowie agli Elp, dai Beatles ai Genesis, il tutto mentre continuavo a studiare il pianoforte e il repertorio classico, grandi amori che hanno sempre fatto parte della mia musica e a cui devo moltissimo.
A proposito di passione, senza quella che ti ha portata a diventare un corpo unico con il pianoforte, pensi saremmo qui, ora, a parlare di questo nuovo lavoro?
Non credo. Come dico sempre, io non mi sento una cantante, al massimo una cantante al pianoforte e anche il mio percorso di autrice non sarebbe mai stato lo stesso senza l’approfondimento e lo studio di questo strumento. Tutti i brani che ho scritto, compresi chiaramente quelli contenuti nell’album, sono stati scritti al pianoforte e addirittura di questi brani prima esistevano solo arrangiamenti pianistici. I miei primi live li ho fatti sempre da sola col piano e solo dopo anni ho iniziato ad esibirmi con altri musicisti e con una band. Questo la dice lunga su quanto il pianoforte non sia stato per me solo uno strumento di accompagnamento e di scrittura, ma una sorta di elemento imprescindibile, il mio primo vero compagno in musica nonché grande e insostituibile fonte di stimoli musicali. Per non parlare del fatto che sono fortemente convinta che i miei pezzi, almeno dal punto di vista della tessitura armonica e melodica, siano stati fortemente influenzati dal mio essere pianista e in generale credo che lo strumento che un autore suona entri fortemente in gioco nella sua scrittura.
C’è un brano nella tracklist intitolato “La Bellezza”, quanto risulta ostico saper ritrovare questo elemento in noi e nel mondo che ci circonda?
In un mondo che richiede e pretende la perfezione e che appiattisce le diversità e le sfumature, diventa sempre più difficile ritrovare e valorizzare la propria bellezza e quella altrui. E allora in questo brano io parlo dei tulipani, che non hanno nulla da invidiare alle rose, e di quella Bellezza con la B maiuscola, quella che ti cammina dentro e non si vede alla specchio, quella che si vede col cuore, perché è da quella che scaturisce il vero amore, quello che sfugge a ogni tipo di superficialità sentimentale e che ama per davvero, perché osserva con altri occhi, gli occhi che guardano sapendo bene che “non ci si guarda solo per sentito dire”. Questo brano è anche un grido forte contro il bullismo e il cyberbullismo.
Il produttore artistico del disco è il cantautore Edoardo De Angelis, com’è nata questa collaborazione?
Nasce proprio a Palermo, la mia città natale. Edoardo era lì per un suo spettacolo, un amico in comune mi consigliò di dargli il mio primo disco, un ep autoprodotto, cosa che feci. Non immaginavo che lo avrebbe ascoltato e invece qualche giorno dopo mi arrivò una telefonata: era lui! Mi fece i complimenti per il modo di scrivere e interpretare i miei brani e mi propose di lavorare insieme. Da allora è iniziata una felicissima collaborazione, nonché una bellissima amicizia.
Il tour sta partendo in questi giorni, cosa porterai sul palco?
Sì, ad aprile proverò a portare “Diventeremo adulti” in giro per l’Italia sia insieme alla mia band sia in formazione ridotta. Il tour partirà il 30 aprile dal ‘Na cosetta di Roma, dove insieme alla band suoneremo i brani del disco e non solo: infatti in ogni mio live inserisco sempre delle “chicche d’autore”. Poi resterò a Roma per delle interviste e a maggio mi sposterò al nord, nel frattempo stiamo già pensando alle date estive. L’intento è quello di fare ascoltare la mia musica e questo album a più persone possibili, incontrare tanta gente e fare nuove e belle esperienze.
Domanda Nonsense: un profumo che ti riporta sempre a casa?
Sarà una risposta da tipica siciliana, ma il profumo del sugo sospende sempre il tempo e mi riporta in campagna, a Corleone, con mio nonno che friggeva le melanzane per la pasta. Ovunque la vita mi porterà, dovrà sempre esserci un po’ di sugo che mi riporti a casa, nella mia Sicilia, bella e maledetta.
Intervista a cura di Cinzia Canali