Anche quando tutto pare andare a rotoli non bisogna mai perdere la leggerezza, quella del beviamoci sopra e passa la paura. È uscito il 16 marzo, per Brutture Moderne/Aaudioglobe, Lo stretto necessario, l’album che segna il debutto del cantautore romagnolo Giacomo Scudellari. Un disco per celebrare “il gusto onesto della Gioia con la g maiuscola”.
“Lo stretto necessario” è uscito da poco, cosa ti preme raccontarci di questo lavoro?
Lo stretto necessario è un po’ il precipitato dei miei ultimi anni di attività. Ho cercato, per quanto ho potuto, di condensare all’interno del lavoro quell’energia accumulata suonando assieme ai Gang in occasione di numerosi concerti. La mia idea era di fare un disco che suonasse come una doccia di vernice colorata, e devo dire che sono molto soddisfatto del risultato.
Il brano scelto per anticipare l’album è “Il cantico della sambuca” e il protagonista del video (realizzato da Davide “Bart” Salvemini) è un tronco spezzato dalla sua immobile quotidianità che si ritrova a vivere un’avventura che lo cambierà profondamente. Come ha preso forma questo pezzo?
Dal punto di vista della scrittura sono una persona molto impulsiva: c’è un esatto momento in cui bastano due parole per capire che la canzone ormai è scritta, occorre solo scavare. Con “Il cantico della sambuca” è accaduta la stessa cosa: doveva essere novembre, o giù di lì, e il vento era particolarmente affamato. Infatti, se ci fai caso, il brano inizia proprio con un riferimento al vento: però poi si celebra il rito alcolico della sambuca, e questo rimette a posto le cose.
https://youtu.be/6-INII1d_bo
Sei un cantautore sicuramente atipico e in questo disco ne hai dato prova lampante: si può essere profondi senza per forza cadere sempre nella tristezza!
Sì, diciamo che il disco riflette un mio approccio a tutta la vita in generale. Ultimamente siamo circondati da canzoni che vogliono puntare sull’ansia, la frustrazione giovanile ecc…ma il rischio, mi pare, è che si finisca con l’avvitarsi su se stessi. Magari fa pure più figo lagnarsi per 3 minuti e mezzo di canzone, però, di questi tempi, penso che occorra essere propositivi.
Stai già lavorando sulla presentazione dei nuovi brani nella dimensione live? Puoi anticiparci qualcosa?
Con il supporto dell’infrangibile Francesco Giampaoli, produttore artistico dell’album, abbiamo predisposto una formazione elastica in quartetto. L’obiettivo è quello di riportare quell’atmosfera un po’ sghemba che pervade il disco, e che sia anche compatibile con gli spazi e le risorse dell’attività live.
Sambuca e Romagna vanno decisamente a braccetto. La tua terra quanto influisce sulla componente artistica?
Senza fare i campanilisti di turno, anche se un po’ lo sono, devo dire che in questa parte d’Italia la scena culturale è particolarmente vitale. Non solo nella musica, ma anche in altri settori: penso, in primis, alla fotografia. Sicuramente, essere imbevuti di questi stimoli ha reso possibile l’elaborazione e la realizzazione del disco: ora si tratta di farlo rotolare qua e là, ma ci stiamo lavorando!
Domanda Nonsense: a che età risale la prima ciambella inzuppata nell’Albana?
Intanto ti faccio i complimenti perché hai azzeccato l’abbinamento. Penso sia avvenuto in sala parto, il 5 settembre del 1986, quando sono nato.
Intervista a cura di Cinzia Canali