Lo scorso ottobre è uscito il secondo LP della band romana Marcello e il mio amico Tommaso, il cui titolo, Un amore, è ispirato dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati. Lo abbiamo ascoltato a lungo e ci è piaciuto sempre di più, ascolto dopo ascolto, così abbiamo deciso di approfondire la conoscenza con questo gruppo dal nome bizzarro e dall’animo così sincero.
di Eleonora Montesanti
Iniziamo da una domanda che vi suonerà sicuramente banale, ma personalmente sono troppo curiosa. Qual è la storia del vostro nome?
Tommaso ed io siamo amici da prima di iniziare a suonare insieme. Riferendomi a lui in conversazioni con altre persone usavo spesso la formula ‘il mio amico Tommaso’, senza troppo rendermene conto. Così, anche altri amici, che non lo conoscevano, hanno cominciato a chiamarlo in quel modo. Col tempo, per gioco, è diventato parte del suo nome: non più ‘il mio amico Tommaso’, ma ‘Il Mio Amico Tommaso’. Prima di Nudità, era scritto così anche sui dischi.
Il vostro ensemble è composto da strumenti abbastanza particolari: voci, violino, violoncello, batteria, basso, chitarra e organo elettrico. Come funziona, in un gruppo del genere, la composizione di un brano?
Per Un Amore abbiamo lavorato in molti modi diversi, a seconda del brano. Avevamo una sala prove, un box auto vicino alla stazione Tiburtina, e cercavamo di arrangiare collaborativamente il più possibile. Chiaramente facevamo anche delle prove per sezioni: gli archi, le voci, la sezione ritmica. Su Un Amore ci tenevamo che gli arrangiamenti fossero molto ricchi e che quadrassero tutti i conti. Allo stesso tempo era importante che non tutto suonasse troppo pensato, così suonando e risuonando i pezzi prima di andare in studio abbiamo trovato modi per dargli un po’ di vita, lasciando spazio ad errori e variazioni.
Un amore è il vostro secondo disco e, rispetto al primo (Nudità), le sonorità sono più corpose, elettriche ed energiche, rispetto all’acustica quasi da camera in cui vi rispecchiavate in precedenza. Quali sono le ragioni di questa novità?
Volevo fare un disco meno adulto, meno posato. Credo fosse anche un periodo strano per tutti noi, stavamo finendo l’università, cambiando città, cambiando un po’ tutto, e quell’intensità si è fatta sentire nelle canzoni. Penso anche che volessimo semplicemente fare musica che avremmo voluto ascoltare, e in quel momento i nostri gusti ci hanno portato in quella direzione.
Quali sono state, dunque, le ispirazioni musicali che vi hanno accompagnati nella fase creativa dell’album?
Molto molto varie. Per me e Gianlorenzo soprattutto c’era sicuramente un bel po’ di emo italiano di mezzo. Robe tipo i Distanti, i Raein, i La Quiete. Poi il power pop: i Big Star, i New Pornographers, i Replacements. Ricordo poi viaggi in macchina ascoltando i primi due dischi dei Baustelle, i Guided By Voices, i Califone. Un disco poi è stato importantissimo per capire come avremmo registrato: Osaka Bridge dei Maher Shalal Hash Baz con Bill Wells. Ci ha insegnato a volerci bene.
Un amore è un omaggio forte e chiaro al romanzo di Dino Buzzati. In che modo è collegato ai contenuti del vostro disco?
Ho letto Un amore mentre eravamo in studio a registrare Nudità. Ricordo un profondo disagio verso la fine del libro. Buzzati non si risparmiava. Cambiava registro continuamente, si contraddiceva, si arrabbiava. Sembrava averlo scritto tutto d’un fiato. Io invece ero molto insicuro, credevo di dover dire qualcosa di chiaro e compatto. I personaggi di Nudità conoscevano il loro posto nel mondo e il loro ruolo nelle storie che raccontavano, ma la vita non è così: quel tipo di chiarezza è spesso un modo per calmarsi, per illudersi che le cose seguano un percorso razionale e leggibile. Un amore mi è servito da modello per permettere ai personaggi del disco di vivere davvero, e di raccontarsi in modo più onesto. Poi servirebbe parlare proprio di Amore, ma preferirei di no.
Una delle cose più belle e interessanti di Un amore è il concept su cui si basa il gioco delle voci. Una maschile, una femminile, rappresentano due amanti che si inseguono, si rincorrono, si cercano, tra dialoghi e monologhi interiori. Alla fine si trovano?
Onestamente non lo so. Narrativamente ero più interessato a esplorare perché si cercassero che seguirli poi una volta riuniti. Mi piace che il finale sia così aperto. Del resto, non saprei per quale risoluzione tifare: pensi che si dovrebbero vedere? Pensi che lui sia uno stronzo? Brecht diceva che un personaggio si definisce in base alle scelte che compie, e un personaggio riuscito mostra sia le porte che apre che quelle che lascia chiuse. Un Amore è pieno di porte chiuse perché in fondo non sono porte davvero. I personaggi cercano un ritorno più che una partenza, e come insegna Ulisse che riparte da Itaca verso mete ignote, ritornare non è realmente possibile (Perdonami la pedanteria).
C’è un’altra cosa che ho apprezzato tantissimo. Avete messo a disposizione il disco in free download. Come mai questa scelta?
La musica non è un lavoro per nessuno di noi. Non avrebbe senso mettere barriere tra noi e il nostro pubblico.
E le musicassette, invece?
Dal momento che chiunque può ascoltarci in streaming o scaricare il disco da Bandcamp, il supporto fisico diventa meno un veicolo per ascoltarci e più una specie di souvenir. Le cassette sono perfette per quello perché sono belle da vedere e si possono facilmente stampare in tirature molto limitate.
Che faranno, nel futuro immediato, Marcello e il mio amico Tommaso? Come vi vedete, invece, da qui a dieci anni?
Davvero non saprei. Viviamo sparsi in giro e dubito che avremo modo di suonare insieme con regolarità nel futuro prossimo. Tra dieci anni invece mi sembra molto probabile che suoneremo ancora, solo che non ci sarà più l’elettricità, quindi torneremo all’acustico. Purtroppo non ci sarà neanche l’internet, quindi dubito che lo verrete a sapere.
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