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No New – “Santi Diavuli e Brava Genti”: il mondo attraverso gli occhi dei NiggaRadio

Il 2018 ha portato anche il terzo nuovo disco di Vanessa, Andrea, Daniele e Peppe, ovvero i NiggaRadio, dal titolo Santi Diavuli e Brava Genti. L’album, uscito per Dcave Records e cantato in siciliano, racconta le storie di tutti e di nessuno, e lo fa senza filtri, con umiltà e intelligenza.

“Santi Diavuli e Brava Genti”: che storie raccontate in questo album?

O  beh, quelle di Santi Diavuli e Brava Genti, no?!? A parte gli scherzi, questa pseudo divisione in categorie è ciò che abbiamo colto con il nostro ascoltare, girando, guardandoci intorno, ascoltando la gente. Gente che è a volte un po’ Diavolo, ma molto più spesso è  un povero Diavolo che sbaglia perché non ha via d’uscita se non esserlo. Poi ci sono i Santi, quelli che sanno sempre cosa è giusto:  la giusta politica, i giusti comportamenti, il giusto sesso, il giusto amore, la giusta fede, la giusta famiglia. Pensa, sanno anche qual è la giusta Musica. Poi però, molto spesso, sono loro stessi che percorrono strade altre, in contrasto a quel che predicano. Infine a “Brava Genti”. Quella che sembra dire a me non interessa, io penso a miei, al mio vivere, basta che tutto vada “discretamente”. Peccato che spesso, nei tempi la brava gente è sembrata essere quella più manipolabile, disposta a passare sopra qualsiasi cosa per il proprio quieto vivere. In fondo, quel che raccontiamo sono storie di varia umanità, magari vista un po’ più dai sud del mondo, visto che in uno di questi viviamo.

Cantare in siciliano pensate abbia dato più forza all’anima del disco?

Seriamente, a noi piacerebbe che ce lo dicessi tu, voi. Lo domandiamo sempre alle interviste o alla fine dei concerti. Per noi questa è una lingua, progenitrice dell’italiano, con un suo suono e una forte musicalità. Arrivati al terzo disco e con i due precedenti ottimi candidati al Tenco (incrociamo le dita per il terzo), pensiamo che sì, il siciliano si fonda a meraviglia con l’emozione del disco tutto, suoni, concetti, parole.

A livello musicale siamo di fronte ad un suono definito “The Real Southern Sound”, un’attitudine a lavorare con quel che si ha … e direi che il risultato è stupefacente! Raccontateci qualcosa di più riguardo ai vari strumenti utilizzati.

Questa definizione arrivò al primo disco da un amico e finì su “Niggaradio”. In realtà pensiamo che esistano diversi “ Real Southern Sound”, anche solo in Sicilia. Crediamo comunque di poterci fregiare senza timore di questo “titolo”. Lo facciamo per molti motivi, uno è il modo in cui otteniamo i suoni che cerchiamo. Il rumore, insito nelle parti o da solo è uno degli elementi fondamentali. Sia brusio di folla a un mercato o traffico di strada, è sempre presente nel nostro suono spesso ripreso con un telefonino e così utilizzato. Il mandolino che fra fuzz e ammennicoli vari diventa tutte le corde del mediterraneo. Il marranzano che da noi si fa “sintetizzatore acustico”. Un vecchio Dobro e una chitarra acustica pesantemente elettrificata e accordata “più che strana” sono il doppio ponte che collega il Simeto, il Sahara e il Mississippi. I synth e i synthbass sono spesso affidati ad applicazioni “supacheap” di un vecchio Ipad veramente  “maltrattato” in ripresa e ci concediamo il “lusso” di un piccolo analogico incazzoso. Poi percuotiamo di tutto: unghie di capra, strumenti a corda, oggetti di uso comune e non (percuotiamo anche noi stessi), una batteria minimale che qualcuno fra noi vorrebbe ancora più minimale. Il basso elettrico, quando c’è, è un bassettino per ragazzini che suona come un tuono.  Si affaccia ogni tanto una vecchia e strana chitarra elettrica raccattata da un rigattiere e che caratterizza alcuni brani come “Diavulu”.  Infine le voci, sia quelle degli amici che si uniscono alle nostre per cantare insieme o quella principale sono sempre intorno a un qualche vecchio microfono di quelli meravigliosi che si trovano a The cave (lo studio che chiamiamo casa). Lo studio… beh lo studio è infine lo strumento degli strumenti con le sue macchine analogiche, i suoi spazi e le sue atmosfere.

“Cammarera” è l’ultimo singolo estratto dal disco, un brano contro chi pensa di aver sempre il diritto di giudicare …

Cammarera è solo un esempio della spaccatura sociale in questo Paese. Qualcuno (lui o la sua famiglia), ha tirato su un bel po’ di denaro magari a danno e alle spalle di altri. Per questo pensa spesso in termini di lui e gli altri. Dall’altro lato c’è gente che arranca, combatte facendo lavori duri magari umili, spesso ai limiti dello sfruttamento ma con dignità. Dignità spesso calpestata da certi comportamenti… questa è una storia vera come tante altre simili.

A chi vorreste dedicare questo lavoro?

A te, a voi che lo ascoltate e condividete, alla gente che ci ispira e infine ad una piccola protagonista di “To Mama” l’ultimo brano del disco. A Monica.

Come sono andate le prime date live? Il pubblico come ha accolto i nuovo pezzi?

Molto bene. La gente è stata meravigliosa e il rapporto col pubblico è per noi più che indispensabile, è vitale. Anche nei live in radio, in una situazione per noi un po’ più “soft” è stato un bell’andare e giornalisti e critica sono sempre stati di gran supporto.

Domanda Nonsense: una parola desueta che dovremmo reintegrare nel nostro linguaggio?  

Dopo aver a lungo discusso e scartato parole come “cunnilingus” e “fellatio” abbiamo deciso che, anche se non così desueta, la parola da usare spesso e veramente, non solo come parola ma da cercare nei nostri cuori è “Umanità”, con tutto ciò di buono che questa parola porta con sé.

Intervista a cura di Cinzia Canali

Written By

Cinzia Canali nasce a Forlì nel 1984. Dopo gli studi, si appresta a svolgere qualunque tipo di lavoro, ama scrivere e ha la casa invasa dai libri. La musica è la sua passione più grande. Gira da sempre l'Italia per seguire più live possibili, la definisce la miglior cura contro qualsiasi problema.

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