Dopo i due Ep “Viaggio immobile” e “Hesminè”, è stato pubblicato a giugno, ancora una volta per INRI, Pitonatio, il primo album di Noirêve, producer e musicista trentina di formazione londinese. Il disco vede l’utilizzo di strumenti lontani dalla tradizione occidentale, sonorità esotiche e tanta sperimentazione.
“Pitonatio” ha la capacità di portare l’ascoltatore altrove. E non è poco.
Partiamo con serietà: in quanti sbagliano a pronunciare il tuo moniker?
In troppi, quasi tutti. Ho tenuto quella cavolo di ê accentata per far capire che era francese, ma ahimè non è servito a molto se non a far imprecare tutti quelli che si trovano a dover scrivere il mio nome (ah, si pronuncia nuarèv).
World music, elettronica, sperimentazione, ma soprattutto un senso di libertà autentico, o almeno è questo che ho avvertito, la libertà di plasmare la propria arte senza vincoli. Ho vaneggiato?
Io credo fortemente nell’esprimere la propria individualità senza essere condizionati da logiche di mercato, dalle mode, o dalla volontà di emulare altri artisti. Poi il risultato può piacere o no, risultare più o meno intellegibile, ma per me l’importante è che sia autentico.
L’unico punto su cui effettivamente rifletto in modo razionale è la coerenza interna della pubblicazione, infatti se ascolti l’EP precedente si distacca abbastanza da questo disco, perché nonostante alcuni brani di “Pitonatio” fossero già stati composti ho preferito destinarli alla release successiva, per avere due lavori organici piuttosto che uno più dispersivo.
“Pitonatio” è stato concepito per l’ascolto su vinile. Cosa ti ha portata a questa scelta?
Senza rinunciare alla release digitale, sicuramente comoda e immediata, ho scelto già in fase compositiva di stampare su vinile perché è un tipo di ascolto che riporta la musica al centro dell’attenzione, diversamente da quello a cui ci siamo abituati con le piattaforme di streaming. Riprodurre un album da un giradischi significa prima di tutto dedicargli più tempo, minuti preziosi per sceglierlo, estrarlo, metterlo su e girarlo, minuti che se perdessimo attendendo il caricamento su internet ci farebbero passare la voglia di ascoltarlo. Una volta fatto partire, il disco risuona così come l’autore l’ha pensato: non si può mettere in pausa, in repeat, in riproduzione casuale, ma fluisce rispettando l’ordine che l’artista gli ha voluto dare. Tra l’altro sapevo di voler dedicare una parte consistente dell’album a “Musica per grattini”, che non avrebbe avuto una parte percussiva, quindi ho deciso di dividere fisicamente le due sezioni: una con una componente ritmica fondamentale, l’altra che fluisse senza sbalzi dinamici che interferissero con l’esperienza (dei grattini). Inoltre, dal momento che avevo intenzione di mixare alcune tracce senza soluzione di continuità, il vinile era il supporto che meglio ne avrebbe garantito la riproduzione.
Tra i sette brani presenti troviamo “Lu rusciu de nonno Osvaldo”, folk popolare che si fonde con l’elettronica, un connubio di tradizione e modernità. È importante per te, in fase compositiva, attingere anche dal passato?
In realtà non mi soffermo molto sulla questione passato-presente, è più un voler incorporare delle cellule che risuonano con la mia sensibilità musicale. “Lu rusciu de nonno Osvald” è stata composta durante un percorso in cui ho isolato alcuni elementi della tradizione italiana e li ho inseriti in un contesto diverso, per scoprire se questi brani antichi potessero ancora avere rilevanza contemporanea. Ma nella mia composizione c’è molto più istinto che concetto, preferisco mantenere la musica al livello più irrazionale possibile.
Come stai presentando il disco nella dimensione live?
Oltre a me sul palco ci sono la meravigliosa Alice Righi (voce di Jalìa) e il mio salvavita Jacopo Bordigoni che suona il sitar (anche nel disco) e il basso. Il top è quando c’è anche il nostro subwoofer umano Valentina Nascimbeni (voce di Pitonatio) con cui facciamo una parte di improvvisazione sulla linea di “Musica per grattini”. È molto bello esibirsi con loro, perché si creano delle sinergie inedite a cui da sola non posso aspirare.
Cosa ti rende più fiera di “Pitonatio”?
In questo disco ho lasciato che affiorassero la maggior parte delle mie sfaccettature: ci sono ritmi tribali come in Embers e Holy Guacamole, produzioni dark come Lu Rusciu de Nonno Osvaldo, ma anche atmosfere sognanti e a tratti ambient come in Jalìa e Musica per Grattini, e le influenze world e trip-hop in Bradipedia e Pitonatio. Sono contenta perché sono riuscita a condensare diversi stili e influenze in un modo che a me sembra coerente, e soprattutto personale.
Domanda Nonsense: se ora aprissi il tuo frigorifero…?
Come al solito non c’è granché…una zucchina, una cipolla, del pecorino e latte di riso. Ah wow, ci sono anche dei chicchi di caffè ricoperti di fondente!
Intervista a cura di Cinzia Canali