Un pianeta su nove è il primo disco, uscito per Private Stanze, del cantautore Mario Alessandro Camellini, in arte MAC. Un album che scava nell’oscurità umana, un esordio che non può e non deve passare inosservato.
Definirei questo tuo esordio conturbante, impossibile non fermarsi ad ascoltarti, puoi dare fastidio così come puoi piacere, ma bisogna farci i conti con la tua arte. Tu sei consapevole di tutto ciò?
Sono una voce fuori dal coro, e in un coro intonato l’attenzione del pubblico inevitabilmente si incanala sulla voce sguaiata e stonata e non sui virtuosismi di tutti gli altri cantanti.
Mi piace molto questa immagine. Sì, in particolare dal giorno dell’uscita del disco mi sono piacevolmente accorto che le mie canzoni o vengono particolarmente accolte con entusiasmo o lasciano gli ascoltatori disgustati e disturbati. L’idea che la mia musica dia vita ad un contrasto (musicale) così forte tra chi si imbatte in quello che scrivo e suono mi gratifica assai.
Sarà una mia ambiguità, ma questo conflitto tra chi mi stima come artista e chi dice che sono molto peggio di Young Signorino mi entusiasma. Però non credo che bisogna farci per forza i conti con la mia arte, purtroppo non sono Equitalia.
In “Un pianeta su nove” troviamo frustrazione, delusione, angoscia. Quanto hai attinto dai tuoi pensieri e quanto dallo sguardo altrui?
“Un pianeta su nove” è composto da tanti riflessi riprodotti su altrettanti specchi , ma alla fine quando mi avvicino ad uno specchio l’unica cosa che vedo è me stesso. Come nella copertina del disco.
La produzione artistica del disco è di Luca Spaggiari. Che valore aggiunto ha apportato al lavoro?
Luca è stato determinante, mi riferisco alla produzione artistica. Gli arrangiamenti delle musiche, a parte le linee di pianoforte, sono farina del suo sacco. E poi mi ha formato come musicista, e anche come uomo.
Il primo album ascoltato che ti ha letteralmente travolto?
“Grace” di Jeff…
Fare musica in una società in cui la parola cultura fa rima con hobby, quanta incoscienza e coraggio richiede?
Pensare che la nostra Patria, che viene considerata da tutti come la culla della cultura occidentale, non concepisce l’arte come un mezzo di sostentamento economico è un qualcosa di atroce, è uno squallore. Ma mi censuro. Mi fermo qui. Sennò le forze dell’ordine mi vengono a cercare a casa!
Stai progettando anche un tour? Puoi anticiparci qualcosa?
Il 25 Gennaio suonerò negli studi di una famosa radio di Roma. Senza un’agenzia di booking trovare date è come trovare un ago in un pagliaio. E purtroppo trovare un’agenzia di booking interessata al tuo progetto, nonostante la critica abbia accolto il disco con grande entusiasmo, è una missione ardua. Ma suonare live, fare i miei concerti, è il solo fine che mi pongo!
Domanda Nonsense: l’ultima volta che hai alzato gli occhi al cielo?
Quando è morta mia nonna, la donna della mia vita.
Intervista a cura di Cinzia Canali