Dopo l’omonimo disco d’esordio del 2015, i La Notte, band fiorentina, sono tornati con un nuovo lavoro, Volevo fare bene, uscito per Woodworm Label/Audioglobe/The Orchard e prodotto da Andrea Marmorini.
Partiamo dalla bellissima copertina di questo nuovo disco. Com’è stata scelta e chi è l’artefice?
La copertina è stata realizzata da un nostro amico che ha disegnato anche quella del disco precedente, Giulio Noccesi. Semplicemente stavamo decidendo la copertina del disco e siamo andati a casa sua, lui ci ha mostrato alcuni sui schizzi e dipinti dell’ultimo periodo e ci sono piaciuti subito quei personaggi completamente bianchi e con la cuffia e il costume da nuotatori. Dal concept Giulio ha creato varie tele, tutte dipinte a mano, con cui abbiamo realizzato il booklet del disco.
“Volevo fare bene” appare meno arrabbiato rispetto all’album d’esordio di due anni fa. È solo una mia impressione?
No, è vero, ma non è stata una vera e propria decisione. Durante la scrittura delle canzoni ci facciamo trasportare molto da ciò che vogliamo fare senza imporci limiti. Quando abbiamo iniziato a scrivere questo disco Yuri diceva di non riuscire più a scrivere il riff alla Queens of the Stone Age (giusto per fare un paragone) ma gli riusciva più naturale scrivere una sequenza di accordi con la chitarra acustica. Quindi è nato un po’ così questo disco, istintivamente e senza aver paura di fare qualcosa di troppo diverso.
In che modo affrontate la composizione dei pezzi? Ognuno di voi ha un ruolo preciso?
Come dicevo prima il processo creativo dei pezzi è cambiato molto. Nel primo disco Yuri arrivava in sala con un’idea di un riff o degli accordi con la chitarra e noi bene o male ci jammavamo sopra per tutte le prove e poi ci si costruiva un pezzo (non ricordo nemmeno più bene in che modo ci si riusciva ai tempi). Con questo disco abbiamo cominciato a lavorare in un nostro piccolo studio che è anche la nostra sala prove, quindi abbiamo sviluppato un approccio molto più da studio che “live”. In ogni caso arrivava sempre Yuri con un giro di chitarra, magari aveva anche già la voce e poi però si iniziava a costruire la canzone a strati (prima la batteria, poi il basso, etc). In generale comunque ognuno di noi lavora molto sul proprio strumento e non c’è un deus ex machina che fa tutto.
Nel tour promozionale dello scorso disco avete avuto anche la possibilità di aprire i live di diversi artisti (Giorgio Canali, Fask, Ghemon…), da chi pensate di aver appreso qualcosa di importante?
Credo che suonare con queste persone sia molto importante, ma non bisogna dimenticarsi che spesso e volentieri sono le persone con cui lavori che ti insegnano di più. Penso che Giorgio Canali sia bravo a farti capire quanto devi essere grato di suonare in qualunque posto tu sia e i Fask ti ricordano che devi spaccare il culo a tutti in qualunque posto tu sia.
Invece il “Volevo fare bene tour” sta partendo proprio in questi giorni, che tipo di set presentate?
Ci saranno due tipi di set: quello elettrico dove porteremo il disco nella sua interezza sia dal punto di vista degli arrangiamenti che di strumentazione e un live semi acustico in cui semplificheremo un po’ la strumentazione e i pezzi e, a volte, ci giocheremo anche un po’ per renderli realizzabili in situazioni più piccole e intime.
Domanda Nonsense: rimedio più efficace per riprendersi dall’hangover?
Non l’abbiamo ancora capito molto bene, infatti sarà un casino affrontare questo tour. Se qualcuno ha qualche consiglio ci scriva in privato oppure ci mandi una mail che siamo disperati.
Intervista a cura di Cinzia Canali