Venerdì 25 aprile al Monk di Roma erano previsti due concerti, quello di Young
Signorino e quello di Bugo. Non si trattava di un live e di una apertura, ma di due
appuntamenti separati, con due biglietti separati e due pubblici separati.
Per Young era la prima data del tour. O meglio, la prima non-data. Che si sia
trattato di un attacco di panico, una crisi d’ansia o una timida sceneggiata, poco
importa. Ha comunque fatto parlare di sè. Non credo che sul palco non sia salito per
provocare. Penso non abbia suonato perchè è difficile incontrare le persone che si
aspettano qualcosa da te, senza occhiali scuri perchè è sera, in una città che non è
la tua. Anche se sei il figlio di Satana.
E veniamo a noi, perchè rispetto all’esperienza romana di Signorino il web ha
regalato già troppe opinioni. Bugo, che avrebbe dovuto suonare alle 23.00, ha
conquistato il palco esattamente un’ora dopo. Di fronte a lui un bel numero di fan,
che ha cantato con sincero amore dall’inizio alla fine del concerto. Amore che, dopo
qualche brano, ha portato via anche le ultime briciole di frustrazione dalla faccia
dell’artista.
Dalle prime note capisci che Bugo dal vivo è fortissimo. Un’indole a metà tra Vasco
Rossi e Ivan Graziani. Non esagero. Musicisti top, testi intelligenti, energia
implacabile. Perchè da “Il sintetizzatore” a “C’è crisi”, da “Vado ma non so” a “Che
diritti ho su di te?” lui non ha mollato mai. Non sono sicura abbia nemmeno
respirato. Come se cantare, con tutto il fiato che aveva in corpo, fosse stato un
modo per guarire, un mantra che ti permette di trascendere solo se detto tutto d’un
fiato. Un mantra per lui, per gli altri, per tutti.
Lacerato il velo della musica indie, son tornati ad essere protagonisti i chitarroni
rock, il “tutto suonato bene e forte”, le canzoni che non dicono solo “io sto male”,
ma organizzano un mondo intero attorno al dolore, raccontano un universo di
frustazioni che ha delle regole, che dispone dei rapporti.
Non avevo mai sentito dal vivo Bugo, anche se lo avevo spesso trasmesso quando
lavoravo in radio, e sono contenta di averlo conosciuto. Perché lui è così: magari
con l’occhio spiritato e la mascella serrata, apre la porta e ti fa entrare, dandoti
in pasto una parte di sé. La più feroce e la più vera.