Una delle esibizioni più attese delle serate conclusive di Indiegeno Fest era certamente quella di Carmen Consoli, che ha indubbiamente avvicinato alla manifestazione anche coloro che ancora non la conoscevano, riempiendo l’anfiteatro come mai prima d’ora.
Accompagnata dalla sua inseparabile orchestra (chiamarla band sarebbe riduttivo, visti i talenti che la affiancano), appare sul palco dell’anfiteatro di Tindari dopo una vera e propria insurrezione del pubblico, che fremeva per l’inizio dello spettacolo.
Tutto si placa nell’istante in cui cominciano a farsi vedere i suoi musicisti. Finalmente eccola, vestita in un lungo abito scuro, pronta ad intrattenerci con quelle che, più che canzoni, sono degli spaccati di vita raccontati da un osservatore attento. Da quel momento è un susseguirsi di brani meravigliosamente eseguiti, ma anche di confessioni. È stato molto toccante, per esempio, il racconto di come sia nata “Mandaci una cartolina”, brano dedicato al padre scomparso e che parla di come egli abbia affrontato con ironia la sua fine e di come per la famiglia, anche in quel frangente, sia stato sempre una sorta di eroe. Spiritoso, al contrario, il racconto che introduce “In bianco e nero”, brano portato a Sanremo nel 2000, che venne erroneamente interpretato dalla stampa come una dedica alla madre scomparsa, che in quel periodo era solita fare scongiuri e che a Tindari si trovava tra il pubblico “viva, vegeta e ballerina”.
La platea l’ha accompagnata in coro a ogni suo brano, applaudendola e cantando insieme a lei, mentre tutte le storie e i personaggi raccontati dall’artista sfilavano sul palco con le loro vite dal sapore agrodolce. Carmen non ha mancato di interagire varie volte col pubblico, parlando dei sui personaggi, dei suoi testi, che si muovono tra un romanticismo quasi retrò e un impegno sociale non indifferente. Carmen racconta gli ultimi e lo sa fare molto bene, racconta di quelle storie che non vanno tanto di moda in radio o tra i cantautori moderni e lo fa con un’intelligenza e un piglio tagliente, rivelando i peggiori mostri della nostra terra con sarcasmo, raccontando una Sicilia vessata da certi retaggi storici, ma che porta il suo peso a testa alta e con tanta voglia di riscatto, nonostante tutto, nonostante la perenne assenza di uno Stato, che ha spesso girato lo sguardo da un’altra parte.
Purtroppo il palco di Tindari anche quest’anno non ha fatto mancare i suoi problemi tecnici. Ad un tratto si è spento tutto e la Cantantessa ha mostrato il suo lato più solare a chi forse ancora non lo conosceva. Scherzando si è rivolta ai suoi musicisti dicendo che, forse, avrebbe dovuto buttare del sale per scaramanzia prima di salire sul palco, facendoci sorridere e approfittando del disagio per regalarci uno spettacolo nello spettacolo, per esserci ancora più vicina.
Da quel momento in poi, fortunatamente, tutto si sistema, arrivano brani come “L’Abitudine di tornare”, “L’ultimo Bacio”, “Amore di Plastica”, ma è con “Blunotte” che si raggiunge il culmine, con un momento da brividi, in cui i musicisti sul palco, l’artista e il pubblico, si ritrovano a vivere insieme uno dei momenti più toccanti e commoventi del live. Che questo sia il capolavoro, tra i capolavori dell’artista, è ormai evidente.
Non ci vengono risparmiati i bis, che sono tantissimi e che ci portano alla fine in un susseguirsi di emozioni, da cui ogni volta è difficile riprendersi.
Ascoltare Carmen Consoli e i suoi musicisti è una gioia per il cuore. Recentemente ho letto un articolo su di lei, in cui si rifletteva su come fosse possibile che, nell’era dei social, dove gli artisti ci raccontano costantemente le proprie vite pur di avvicinarci ai loro live, Carmen Consoli riesca ad andare spesso in overbooking, nonostante mantenga un certo riserbo sul suo privato. Il perchè è presto spiegato. Carmen Consoli ha ben capito che i social devono essere uno strumento per la musica, unica protagonista nella vita di un artista. È così che si attira un pubblico di qualità, una platea di appassionati di buona musica e di testi importanti. La Cantantessa ha rispetto per la critica e sa bene che una storia di instagram non potrà mai sostituire un’intervista dai contenuti importanti o una recensione scritta bene.
Report a cura di Egle Taccia
Foto di Erminia Aricò