Il 5 gennaio Giorgio Poi è approdato al Land di Catania portando sul palco i brani di “Fa Niente”, il suo fortunatissimo album d’esordio solista, uno dei migliori dischi del 2017.
Il segreto dell’album è sicuramente quello di raccontare storie in cui tutti possono riconoscersi, storie intrise di sognante malinconia, accompagnate da un tappeto sonoro per nulla banale, ricco di architetture compositive che hanno il loro fulcro nel mondo psych, principalmente di matrice britannica, mescolato ad arte con echi battistiani. Poi c’è la sua voce, riconoscibile tra mille, che sull’album sembra il risultato di chissà quale effetto, ma che in realtà è il frutto di abili sovraincisioni, e che dal vivo esplode in tutta la sua originale purezza. Quello che Giorgio Poi ci propone è un mondo ovattato e sognante, che offre al pubblico anche nella dimensione live, dove, con una formazione a tre, riesce a far tornare la speranza nella musica suonata.
Il concerto comincia con “Paracadute”, brano perfetto per catapultarci nel suo mondo, per proseguire con “L’abbronzatura”, sul finire del quale compare anche un flauto e per la prima volta l’artista saluta Catania, elogiando i suoni perfetti del locale. Ci presenta il suo nuovo pezzo “Il tuo vestito bianco”, che parla di ritorni, per poi catapultarci nella nostalgia della sua reinterpretazione de “Il mare d’inverno”. Parla poco, lasciando tutto alla musica, spesso si allontana dalla parte centrale del palco per avvicinarsi ai suoi musicisti, con i quali l’intesa sembra perfetta.
Il fatto che l’artista abbia viaggiato molto nella vita, si intuisce dai suoi testi, vere e proprie cartoline capaci di proiettare dei film in bianco e nero nella nostra mente, frutto della sua brillante capacità espressiva. Si prosegue con “Le foto non me le fai mai” e la bellissima “Acqua Minerale”.
Il live di Giorgio Poi ha dei suoni strepitosi, prova che sul palco si esibiscono musicisti di altissimo livello, capaci di ipnotizzare il pubblico per bravura e interpretazione. Alla batteria, Francesco Aprili, sfoggia un talento eccezionale, capace di far tremare i polsi anche ai colleghi più blasonati, di compiere dei veri e propri miracoli, che raggiungono il loro culmine nella reinterpretazione di “Ancora, ancora, ancora” di Mina, dove il trio si merita un applauso infinito. Insieme a Matteo Domenichelli, ai bassi e tastiere, formano la linea ritmica perfetta per accompagnare le melodie di Giorgio Poi alla chitarra.
Tutto si conclude con “Tubature”, “Semmai” e “Niente di strano”, ma il pubblico ne vuole ancora e così arriva anche il momento dei bis, buttato lì senza troppa enfasi, evitando il classico rito di ritirarsi per poi tornare, con un luccichio negli occhi che ha mostrato qualche accenno di timidezza. Il trio ci saluta con “Il Tuo Vestito Bianco”, tra gli applausi e i commenti positivi dei fan e dei molti musicisti presenti in sala.
Report a cura di Egle Taccia