Da tempo la città di Varsavia è solita ospitare una scena musicale underground di tutto rispetto. Molti i locali dal fitto calendario dal vivo ed uno dei più sorprendenti è – di fatto – l’Hybrydy Klub, situato nel pieno centro della città nuova.
Il 26 marzo scorso ha ospitato gli statunitensi WALK THE MOON, dopo un repentino cambio di venue, che aveva fatto temere poca affluenza. La serata, invece, si è svolta nel migliore dei modi: il pubblico polacco (con svariate ‘delegazioni’ da tutto il mondo) ha riservato alla band un’accoglienza così calorosa da lascarli sbalorditi. E’ stata la loro prima tappa a Varsavia in assoluto e – c’è da giurarci – torneranno. Reduci da un lungo tour sold out a stelle e strisce che riprenderà in estate al seguito dei 30 Seconds to Mars, il gruppo sta trascorrendo i mesi di marzo ed aprile in Europa.
La setlist presentata è di tutto rispetto e copre magistralmente tutti e tre gli album pubblicati. La band è attiva da oltre dieci anni, con un paio di cambi di line up, e da sempre capitanata dal poliedrico front-man Nicholas Petricca.
‘What If Nothing’, ‘Talking is Hard’ e ‘Walk The Moon’ sono lavori eterogenei ma con una matrice funky-pop anni Ottanta di squisita raffinatezza. Pur avendo subito un cambio di rotta per virare verso terreni più introspettivi, la band non lesina energie dal vivo.
Il concerto si apre con ‘Press Restart’ a sottolineare l’inizio di questo nuovo cammino, ma non c’è tempo da perdere e si dà il via alle danze con ‘Portugal’, forse il loro brano più rappresentativo così in bilico tra nostalgia e ritmi serrati. Segue ‘Kamikaze’, ipotetico singolo in uscita, che dal vivo (così come gli altri brani di ‘What If Nothing’) è investito di una nuova energia e ben si adatta all’interazione col gruppo da parte dei fan presenti.
‘Shiver Shiver’ e ‘Avalanche’ sono ormai due classici, così come le note suadenti di ‘Aquaman’, quasi un inno per la band dell’Ohio.
Tuttavia, la versa e propria gemma della serata è ‘Surrender’, il brano – contenuto nel nuovo album – ha elevato la loro scrittura a livelli mai raggiunti prima. Portato all’attenzione del pubblico in versione pianoforte e voce, viene proposto live in arrangiamento spumeggiante, rivelandosi uno dei pezzi più riusciti.
‘Shut Up and Dance’, che li ha resi famosi in tutto il mondo, è una vittoria facile, ma non sorprende constatare che la versione rivista e corretta di ‘Tiger Teeth’ e la nuovissima ‘Lost in the Wild’ siano già largamente apprezzate dai loro sostenitori.
Il set si avvia verso il gran finale con il singolo ‘One Foot’, le punk ‘Headphones’ e ‘Up 2 U’, ma il colpo di scena con tanto di crowd surfing da parte di Petricca è, ovviamente, la storica ‘Anna Sun’, al termine della quale si spengono le luci lasciando il pubblico con un dubbio ed una certezza. Se, infatti, è inspiegabile il poco credito dato loro da parte dell’Europa, è – altresì – fur di dubbio che ci troviamo al cospetto di musicisti di eccellenza, condotti da quella stella sinuosa ed elegante che è Nicholas Petricca.
Recensione a cura di Emanuela Borgatta Dunnett