“Nella mia carriera ho ricoperto tanti ruoli ma quello di Quasimodo mi rimane cucito addosso. Per noi è una grande gioia tornare in Sicilia. E’ un pubblico che non ci ha mai deluso e sono sicuro che anche questa volta non farà mancare il suo calore. Questa potrebbe essere l’ultima occasione per vedere il cast originale e mi aspetto di vedere tra il pubblico facce nuove perché Notre Dame de Paris va visto almeno una volta nella vita”.
Queste le parole con cui Giò Di Tonno, lo storico interprete di Quasimodo in Notre Dame de Paris, ci aveva presentato, durante la conferenza stampa, il ritorno in Sicilia dell’opera monumentale prodotta da David e Clemente Zard, con le musiche di Riccardo Cocciante e le liriche di Luc Plamondon, adattate in italiano da Pasquale Panella, circa un mese prima dell’inizio degli spettacoli siciliani.
Così, per non perdermi questa incredibile occasione, io, che ancora non ero riuscita ad assistere a questo immenso spettacolo, non ho esitato a partecipare all’ultima data messinese, il 30 giugno alla Fiera di Messina.
L’impatto col palco è immediato, si rimane catturati dalla maestosa architettura scenografica, che ci si pone davanti, senza però minimamente immaginare ciò che di lì a poco avrebbe creato e quanto si sarebbe poi trasformata.
A uno a uno entrano sul palco tutti i protagonisti, fino all’apparizione di Esmeralda prima e di Quasimodo poi. Impossibile non notare quanto il romanzo di Victor Hugo, da cui è tratto lo spettacolo, sia così vicino alla nostra realtà. Si parla di asilo, di religione, di razzismo, di convenzioni sociali e di amori impossibili, di diversità, in tutti i suoi aspetti, della paura nei confronti di ciò che è diverso e sconosciuto, che sia l’amore, la deformità o la provenienza geografica. Tutti i personaggi maschili sono uniti dall’amore per lei, la bellissima gitana Esmeralda, che però è destinata a soffrire proprio a causa di questo amore, perché come le dice il suo Clopin, capo spietato dei gitani, “in ogni uomo si nasconde un demonio”.
L’unico che le rimane accanto è Quasimodo, colui che viene definito il mostro a causa della sua deformità, l’unico capace di amare la ragazza fino alla fine, come meriterebbe.
Lo spettacolo è di tale portata da rimanerne totalmente affascinati, da esserne coinvolti fino a commuoversi sul finale. Dei ballerini eccellenti, le voci strepitose dei protagonisti, una scenografia mozzafiato, che raggiunge il suo culmine nella scena delle campane, dove la bravura degli acrobati unita alla maestosità della scenografia raggiungono il culmine.
Il finale è da stretta al cuore. Il pubblico, chiusosi il sipario, finalmente rompe le righe (dopo le richieste di non scattare fotografie e non fare video durante lo spettacolo per rispettare gli artisti) e si affolla sotto il palco per vedere da vicino i magnifici componenti del cast, che escono per salutare il pubblico e per intonare un’ultima volta “Il tempo delle cattedrali” e salutarci per chissà quanto tempo.
Uno spettacolo colossale, davvero perfetto. Consigliato per chi vuole vivere una serata che resterà per sempre impressa nella memoria.
Report a cura di Egle Taccia