Ci sono serate in cui sembra accadere di tutto. Serate in cui a Roma suonano contemporaneamente i Baustelle, i Viito, debuttano Luca coi Baffi e John Idea, all’Auditorium c’è il National Geographic – Festival delle Scienze, all’Angelo Mai va in scena MDLSX con Silvia Calderoni e sbocciano piccoli eventi un po’ dappertutto.
Il 19 aprile era una di queste. Proprio per l’accanirsi degli appuntamenti, scegliere è diventato qualcosa di importante e chi ha preso la via del Largo Venue per Stella Maris si è sentito parte di un’atmosfera esclusiva, intima e musicalmente affascinante.
Certo, potremmo parlare delle influenze musicali della band, dagli Smiths ai Cure, e di una certa wave anni ottanta, ma preferisco parlare del live come di un racconto o di un lavoro di tessitura, dove Umberto Maria Giardini filava, con gesti, parole e voce, Ugo Cappadonia avvolgeva il filo mantenendo sempre la stessa tensione, Carlo Narduzzo teneva il fuso senza distrarsi, Paolo Narduzzo misurava il passare del tempo, rimpiendolo di senso, ed Emanuele Alosi recideva il filato. Tutti fondamentali, tutti bravi.
Quello che ne è uscito è un prodotto pregiato, vintage e resistente. E’ antico e moderno al tempo stesso e, come tutte le cose di una volta, non si sciupa se utilizzato per creare un tessuto rock, punk o un morbido vestito alternativo, d’ispirazione brit. E’ un materiale che è, di per sé, un inno alla bellezza.
Umberto, che non potendo abbandonare il meraviglioso timbro vocale ha apposto – volente o nolente – il suo marchio inconfondibile, è riuscito a trasmettere originalità e freschezza. Cappadonia, autore della maggior parte della musica, è rimasto costantemente in relazione con le emozioni della band e, senza assomigliare a nessuno degli altri chitarristi indie, ha raccontato il suo modo di esistere. Un eccezionale Paolo Narduzzo è riuscito a restituire grazia e fermezza a uno strumento, il basso, che spesso si muove su altri fronti emozioniali. Carlo Narduzzo si è esposto con sicurezza tra quattro musicisti esperti. Infine, che Umberto Maria sapesse scegliere i batteristi si sapeva. Chi l’ha seguito nei tour da solita, l’ha potuto comprendere, tanto più che lui, batterista, c’è nato. Emanuele Alosi ha la capacità di comparire e sparire, farsi notare e tornare ad essere amalgama musicale.
E questa è la musica di Stella Maris. I testi, nati dalla penna di Umberto, si muovono su altre dimensioni: camminano tra il quotidiano e il pensato, il racconto e la metafora. Sono una straordinaria sintesi tra immagini semplici e sentimenti complessi. Sono un po’ come tutti noi.
“La primavera baciandoci il collo / capovolse le sorti del mondo“