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No Report – Vinicio Capossela al Metropolitan di Catania

Ha fatto tappa a Catania il “Ballate per uomini e bestie – Tour” di Vinicio Capossela, spettacolo incentrato sul più recente e omonimo lavoro dell’artista, un concept che si addentra in quello che può considerarsi il medioevo moderno dei nostri giorni, dove regna la sfiducia per la cultura, un profondo disprezzo per la natura e una caduta di valori che si traduce in odio, diffuso in ogni settore. Presentato dall’autore come “Un cantico per tutte le creature, per la molteplicità, per la frattura tra le specie e tra uomo e natura”, il nuovo album sceglie la ballata come forma espressiva per i nuovi brani, alcuni dei quali ispirati alla grande letteratura, da testi medievali ad opere di grandi poeti quali Oscar Wilde e John Keats.

Scritto, composto e prodotto da Vinicio Capossela, “Ballate per uomini e bestie” è stato registrato nell’arco di due anni tra Milano, Montecanto e Sofia da Taketo Gohara e Niccolò Fornabaio, e si avvale della collaborazione di musicisti prestigiosi come Alessandro “Asso” Stefana, Raffaele Tiseo, Stefano Nanni, Massimo Zamboni, Teho Teardo, Marc Ribot, Daniele Sepe, Jim White, Georgos Xylouris e l’Orchestra Nazionale della Radio Bulgara.

Lo spettacolo si snoda in un viaggio in questo medioevo, in cui anche i precedenti successi dell’artista si incastrano perfettamente, per regalarci un racconto preciso e puntuale di tutto ciò che oggi è marcio ed insostenibile.

Dopo una falsa partenza sul brano “Uro”, dove le casse hanno deciso di non funzionare, si riparte con lo stesso brano sul finire del quale l’artista ci saluta e affronta la disavventura scherzandoci su: “Buonasera popolo della pietra lavica. Cominciamo il nostro percorso dalla prima scintilla dell’umanità. Abbiamo allestito questa specie di arca per accogliere voi dimenticati da Noè. Cominciamo da una Danza Macabra, danziamo insieme alla signora morte prima che torni a spegnersi l’impianto audio”.

Poco dopo aver concluso il brano torna a scherzare con la platea: “Se uno inizia con pezzi del genere, è ovvio che si spenga l’impianto. Alla morte bisogna riconoscere che è l’ultimo tabù rimasto nella società del consumo. La consapevolezza della morte è un incentivo a vivere una vita piena. C’è un’odiosa pestilenza in corso.”

Con queste parole ci anticipa quello che è il concept del disco, sul quale è incentrato tutto lo spettacolo, ovvero la pestilenza che ha colpito i nostri giorni e che si traduce in odio e sfiducia, in mancanza di cura ed attenzione, in una lotta tra pari che non porterà a niente di buono.

Si prosegue con “La peste”, brano che conclude con un tocco di Auto-Tune, e che dedica a tutte le vittime dell’odio in rete.

Durante lo spettacolo sono tantissime le sferzate rivolte a certi politici che trascorrono le proprie giornate disseminando odio e false informazioni. Ci racconta di come il suo animale guida sia il licantropo mannaro, che però si trasforma all’interno, non nelle notti di luna piena, ma in occasione delle consultazioni elettorali. Ad ogni brano corrisponde una pausa per intrattenere il suo pubblico, pausa che utilizza per veicolare cultura e messaggi positivi. È evidente come questo periodo che stiamo vivendo abbia spinto l’artista a non arrendersi e a sentire il peso della responsabilità, predisponendo uno spettacolo volto a contrastare la pestilenza che sta avvelenando le nostre vite. Lo spettacolo rappresenta un’oasi felice per chi non ce la fa più, una vera boccata d’aria, e di questo gli va riconosciuto il merito. È ammirevole che siano sempre più numerosi gli artisti che ci mettono la faccia e cercano, concerto dopo concerto, di diffondere cultura, amore e fratellanza.

In questi vari momenti di dialogo non dimentica di portare “un sano punk rock contadino in quella che una volta era la Seattle italiana”; oppure di ricordarci come “certi personaggi avranno sempre nemica la cultura, la semplificheranno e la metteranno in carcere”. Ricorda Oscar Wilde nel periodo della prigionia e della sua caduta con “La ballata del carcere di Reading”, che viene dedicata a Stefano Cucchi.

Brano dopo brano veniamo arricchiti di cultura. Si va avanti con la romantica “Con una rosa”, brano ispirato dalla fiaba di Oscar Wilde “L’usignolo e la rosa”, e che per l’occasione vanta un arrangiamento definito dall’artista come preraffaellita.

Immancabili “I musicanti di Brema” e “Marajà”, subito dopo i quali ci addentriamo negli abissi dove “troviamo folle di sardine, che si uniscono per non farsi pigliare all’amo da un capitano che annega in un mare di Nutella”. È il momento della vispa “Pryntyl” dal caschetto luminoso, che viene accolta con gran calore dal pubblico.

Ci si avvia verso il finale, ma prima però è fondamentale mostrare solidarietà a Liliana Segre. Lo spettacolo si conclude con i brani più belli e significativi del repertorio di questo grande artista: “La madonna delle Conchiglie”, “Il povero Cristo”, “L’uomo vivo”, “Al Colosseo”, “Il Ballo di San Vito”, “Ovunque proteggi”, che dedica a Franco Battiato, e per concludere “La lumaca”.

Vinicio Capossela ha portato a Catania uno spettacolo ricco di parole e di musica, straripante di arte e cultura, uno di quegli imperdibili spettacoli da cui esci cambiato e con una cosa ormai rara che si chiama speranza.

Report a cura di Egle Taccia

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Egle è avvocato e appassionata di musica. Dirige Nonsense Mag e ha sempre un sacco di idee strambe, che a volte sembrano funzionare. Potreste incontrarla sotto i palchi dei più importanti concerti e festival d'Italia, ma anche in qualche aula di tribunale!

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