È un gioiello prezioso l’ultimo album da solista di Thom Yorke, dal titolo italiano ANIMA. In un’intervista il cantante ha spiegato che il titolo è Anima in parte perché continuamente ossessionato dal tema del sogno, ma anche perché – spiega Yorke – la società ha cominciato ad emulare ciò che i nostri account social dicono di noi, con la conseguenza che tutto ciò che facciamo tramite i nostri dispositivi mobili ormai non è più reale, potendo mandare i nostri avatar a vomitare abusi e veleno e rimanere comunque assolutamente anonimi.
Ed in effetti ascoltando ANIMA sembrerebbe che Yorke stia ricercando un’identità ultima, un’anima appunto, che l’umanità ha perso nei meandri dell’alienazione tecnologica e della frustrazione dell’esistenza quotidiana, come è iconicamente espresso nel cortometraggio dall’omonimo titolo che Paul Thomas Anderson ha prodotto per la promozione del disco.
L’album è un disco istantaneo e diretto, della durata complessiva di meno di un’ora, composto da 9 canzoni più una bonus track, le quali si agganciano l’una all’altra senza soluzione di continuità, in perfetto stile yorkiano.
I pezzi – ideati con la collaborazione dello storico produttore e amico Nigel Godrich – sono composti su una base elettronica dal ritmo dionisiaco dove la voce di Yorke – che sul palco non si ferma un attimo ballando come uno sciamano moderno – appare di rado per pronunciare un’unica frase, spesso ripetuta in loop, che costituisce l’essenza stessa della canzone. “I thought we had a deal” che si ripete come un mantra in The Axe; “You don’t mean a thing, but it won’t bother me” in “I’m a very rude person”; “I’ll be ready” in “Impossible Knots”; “That’s when you know, That’s when you don’t” in “Runwayaway”.
L’unica eccezione a questi brani dall’anima elettronica è la bellissima “Dawn Chorus”, in cui i testi si dilatano, dove uno Yorke stanco di ballare abbandona il sintetizzatore per lasciarsi guidare dalle note del pianoforte e dove l’immagine lascia spazio alla riflessione esistenziale ed all’inquietudine malinconica tipica della produzione dei Radiohead, in cui si sente più forte l’influenza dell’ultima fatica yorkiana, la OST del film Suspiria (“Unmade”).
Il disco è il racconto di un sogno e non stupisce che per la sua promozione siano state proiettate sui principali monumenti europei le frasi “Do you have trouble remembering your dreams? You’re deep in a surreal world where you can be anybody you like, where you can do anything. And then you wake up, and the dream fades.” Hai difficoltà a ricordare i tuoi sogni? Sei sprofondato in un mondo surreale dove puoi essere chiunque tu voglia, dove puoi fare qualsiasi cosa. Poi ti svegli, e il sogno svanisce.
Nel complesso ANIMA è un disco onirico, da ballare ad occhi chiusi, che parla per immagini e che trascina col suo ritmo catartico, senza tuttavia mai perdere quel retrogusto amaro, sintomo dell’inquietudine e della solitudine esistenziale che solo Yorke sa esprimere in maniera così profonda, in cui l’ascoltatore può perdersi e fuggire lontano dalle alienazioni quotidiane del nostro secolo.
Mariafrancesca Calabrini