Cos’è “PEOPLE”? Nato da un’idea dei fratelli Dessner (The National), Juston Vernon aka Bon Iver e gli imprenditori Tom e Nadine Michelberger, questo progetto consiste in un vero e proprio “collettivo digitale” (accessibile da qui) che raduna artisti più o meno conosciuti (oltre ai già citati ideatori, sono presenti Damien Rice, Erlend Øye, Lisa Hannigan e Sufjan Stevens) mettendo a disposizione alcune loro opere in streaming con lo scopo di “deformalizzare parte dell’artificio e della struttura che portano alla pubblicazione di opere musicali, avvicinandosi al processo creativo e collaborativo, e alle persone (appunto)”.
Quale miglior occasione dunque, per Justin Vernon ed Aaron Dessner, per riprendere e portare a compimento una collaborazione iniziata circa dieci anni fa?
Ecco dunque che la piattaforma PEOPLE si trasforma nel “campo giochi” ideale per i due artisti, che grazie ad essa hanno finalmente concretizzato questo progetto intitolato “Big Red Machine”, pubblicando un album omonimo di notevole spessore che diventa a tuti gli effetti un importante biglietto da visita per il collettivo.
In “Big Red Machine” i due amici armeggiano ed osano sperimentare all’interno di un calderone composto da sonorità folk, elettroniche ed ambient: il loro sembra un approccio del tutto simile a “My Life in the Bush of Ghosts” di Brian Eno/David Byrne o ai lavori di Peter Gabriel del periodo “US/UP”, e l’esito di questa collaborazione a quattro mani non può che essere la nascita di un’opera ricca di interesse, che a livello di orecchiabilità non sacrifica nulla agli sperimentalismi, risultando un ascolto godibile che renderà certamente felici i fan di entrambi i main project Bon Iver e The National.
Il cantato di Vernon, versatile come sempre, ma più solare e giocoso del solito, ci mostra che l’artista si trova assai a suo agio in questo contesto, tanto nei momenti più affini alle sonorità del gruppo dei fratelli Dessner – vedi in particolare il mood notturno della splendida traccia d’apertura “Deep Green” o la sincopata “Ayr Stryp” – quanto in quelli più legati al suo stile compositivo intimista, come la ieratica “Gratitude” o il gospel postmoderno di “Hypnostic”.
Lavoro solo apparentemente minimalista, “Big Red Machine” è un album vivo e cangiante che si apprezza ascolto dopo ascolto: l’ascoltatore scopre via via come gli stili musicali delle due menti di questo progetto si intreccino in una dinamica continua, in un gioco di perfetta e reciproca ibridazione, arricchendosi vicendevolmente: fra momenti ora elettrici, ora elettronici, le composizioni offrono una ricchezza di sfumature ed atmosfere figlie di un grande incontro di idee e visioni musicali.
Opera apprezzabile non solamente dagli estimatori di Vernon e Dessner, “Big Red Machine” è un lavoro ispirato e solido in tutte le sue dieci tracce, che pur figlio di un progetto parallelo pare destinato ad essere annoverato fra i momenti più cult della discografia di entrambi gli artisti.
Per estimatori, ma non solo.
Tracklist:
- Deep Green
- Gratitude
- Lyla
- Air Stryp
- Hymnostic
- Forest Green
- OMDB
- People Lullaby
- I won’t run from it
- Melt