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No Review

No Review – “Rammstein” formula collaudata e vincente per il nuovo album

Dopo un decennio esce finalmente l’ultimo album dei Rammstein e, nonostante questa lunga attesa, la loro popolarità è aumentata grazie alle stravaganti performance dei loro concerti e all’aura di mistero che li circonda, perché raramente i tedeschi rilasciano interviste o si mostrano sui profili social. Il nuovo album presenta la stessa formula collaudata degli ultimi dischi, ma quest’opera è più teatrale e soprattutto vede la band esplorare suoni più morbidi e commerciali rispetto al passato. La prova sono i primi due brani, che poi sono anche i migliori del disco: la provocante “Deutschland” e l’aggressiva ma allo stesso tempo melodica “Radio”. Il primo singolo, con la sua accattivante batteria, i riff massicci del chitarrista Kruspe e il sintetizzatore ipnotizzante, cattura la massima attenzione dell’ascoltatore più distratto, perché il testo scritto dai rockers berlinesi è una vera e propria bomba atomica sulla controversa storia della Germania, attuale stella splendente dell’Unione Europea e un modello per la diplomazia internazionale, che è però rappresentata come una delusione mondiale. Non oso pensare se i sei teutonici fossero nati in Italia cosa avrebbero scritto, probabilmente non un brano ma un concept o una trilogia sulla nostra martoriata e incoerente nazione. A parte gli scherzi, il bravo frontman Till Lindeman canta il suo amore e odio per la sua Germania, lamentando lo stato di un Paese diventato troppo potente, molto avido, condannando fortemente il crescente nazionalismo interno e il feroce nazismo che ha mietuto milioni di vittime durante la Seconda Guerra Mondiale. La voce e il cantato in tedesco del vocalist sono inquietanti quanto basta per far apprezzare l’efficace suono metal ed elettronico di “Radio”, dove si elogiano le trasmissioni mondane dell’oppressiva Germania dell’Est che cercavano di aprirsi a nuove musiche e a moderni pensieri di libertà. La successiva “Zeig Dich” ha un’introduzione operistica, con un coro latino, che colpisce i timpani con chitarre dallo stile punky che si spingono attraverso una preoccupante frenesia elettronica, con un testo che accusa d’ipocrisia la chiesa cattolica per gli scandali continui e senza suscitare emozioni per una melodia che sa già di sentito e di testato. L’abilità di creare canzoni che sono destinate a soddisfare le folle nelle grandi arene o in qualche mondana discoteca si manifesta nel brano “Ausländer”. Genere electro-dance, che allontana i germanici dal metal e che segna il punto debole del platter, anche se fa sorridere per un coro sfacciatamente sexy e cantato in più lingue. Stranamente, la seconda metà dell’album fa emergere una versione molto più melodica e più morbida del gruppo, con pezzi più sperimentali come nel lento “Puppe”, che si sviluppa pacatamente per poi rivelare l’orrore al suo interno e dove il singer all’inizio canta su una linea leggera di chitarra per poi urlare, capovolgendo il sound dell’intera traccia. Dopo questo variegato inizio, abbiamo la vera e propria ballata del disco, la deludente “Diamant”, che è la traccia più breve del lavoro ed è una dichiarazione di pace e amore, con un sottofondo di dolci melodie di synth e una voce sottile che non entusiasma più di tanto.
Per fortuna “Weit Weg” e “Tatoo” arrivano in soccorso e riportano in auge il suono che ha fatto grandi i sei artisti, con il primo pezzo che possiede un seducente groove melodico, intrecciato ai pesanti sintetizzatori che sono ormai il marchio di fabbrica dei panzer. “Tatoo”, invece, ripresenta i classici e duri riff heavy metal, con linee veloci di sintetizzatore e oscure trasmissioni vocali.  Le linee horror del basso di Riedel chiudono mestamente la scaletta con l’ultima traccia intitolata “Halloman” che è un mid tempo con un’atmosfera cinematografica molto tenebrosa, dove ancora una volta la voce delicata di Till, i synth sagaci di Lorenz e gli struggenti tamburi di Schneider abbattono le certezze e gli schemi piatti della nostra difficile vita, offrendo così l’ennesimo divertente spettacolo horror. Dopo venticinque anni di onorata carriera, il metal industriale e alternativo dei Rammstein è tornato provocatoriamente con il settimo album senza titolo e con una copertina raffigurante un fiammifero pronto a essere acceso per bruciare i nostri pregiudizi, il nostro falso moralismo e le nostre profonde perversioni. Insomma nulla di nuovo sotto il cielo di Berlino, perché i sei musicisti continuano a fare quello che sono riusciti a inventare agli esordi con coerenza e purtroppo con qualche idea in meno rispetto al passato. Discreto ritorno per i fan, ma dopo tanti anni dall’ultima opera, ci si aspettava qualcosa di più importante dai germanici anche perché la band vuole dimostrare di essere famosa non solo per i pirotecnici spettacoli live portati in tutto il mondo, ma anche per il suo metal alternativo, moderno, creativo, che solo in parte è riuscita a proporre in questa ultima fatica discografica.

Tracklist:

1. Deutschland

2. Radio

3. Zeigh Dich

4. Ausländer

5. Sex

6. Puppe

7. Was Ich Liebe

8. Diamant

9. Weit Weg

10. Tattoo

11. Hallomann

 

 

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