Più che un disco, il nuovo album degli alt-J è una sostanza stupefacente, tendente all’oppiaceo. Questo potrebbe sembrare controproducente. Ma non lo è nella misura in cui è esattamente l’effetto voluto dagli autori, come si può capire dal titolo che hanno scelto di dare al loro nuovo album “Relaxer”, pubblicato il 2 giugno di quest’anno.
Si tratta di un lavoro in cui si presentano delle sonorità variegate al punto che corre il rischio di trasformarsi in un grosso “mappazzone”, come direbbe Barbieri.
Il nuovo disco continua con le sonorità made in alt-j, cui si aggiunge un sostrato fatto di molti, forse troppi, campionamenti e che viaggia su tempi molto più lenti rispetto a lavori precedenti. Gli acuti di Joe Newman continuano ad esserci, ma l’album risulta carente di qualcosa in maniera insanabile. E allora occorre domandarsi “cosa manca a Relaxer”?
Le risposte che si possono dare sono diverse, la prima cosa che salta all’occhio è la mancanza di una “Bombtrack” e cioè del pezzo bomba che basta ad invogliarti ad ascoltare tutto l’album. Invece, il disco prosegue placido per tutta la sua durata senza picchi troppo alti né valli troppo profonde. Un disco potremmo dire piano, o forse più appropriatamente “piatto”.
A mancare è anche un’altra cosa. È noto a tutti il detto “la minestra riscaldata non è mai buona”. Ecco, quello che gli alt-j hanno pensato di fare è tirare fuori una zuppa vecchia, condirla con un po’ di pepe e riproporla ad un pubblico affamato.
Chiaramente gli effetti sono quelli che sono in termini di originalità. In questo caso il pepe che il gruppo di Leeds ha pensato di aggiungere sono stati i ritmi placidi, l’utilizzo di più strumenti musicali possibili, oltre alla campionatura di tutto quanto potesse essere campionato.
Queste caratteristiche – che sono proprie di tutto l’album – non sembrano però molto incisive nel tessuto delle tracce, ma anzi lo annacquano un po’ troppo (che la zuppa sia stata pure allungata?).
Fatto sta che il terzo album è l’album che nell’esperienza di molte band rappresenta quello del bivio tra il successo totale e l’oblio (vedi “OK Computer” dei Radiohead o “Absolution” dei Muse); e fatto sta che a quest’appuntamento gli alt-J, forse, hanno toppato.
Non perché il lavoro non sia di qualità, ma perché non si ripropone nulla che non si conosca già, o non lo si fa agli stessi livelli del passato. Quello che gli alt-j hanno fatto è stato provare a camuffare con toni di novità e di stranezza – troppo ricercata – un lavoro che probabilmente la band non era ancora pronta per partorire.
Così, The House of the Rising Sun diventa una litania che non rispecchia in nessuna maniera l’originale né nell’anima né nel sound.
Piacevole invece il primo singolo estratto da “Relaxer”, 3WW, che seppur rispecchia le caratteristiche non proprio positive dell’album in cui è inserito, di certo ricorda un po’ da vicino gli alt-j originali. Il titolo della canzone sta per “3 worn words” (tre parole logore) che in codice binario traduce il titolo del teaser pubblicato sul loro album di youtube, intitolato appunto in binario 00110011 01110111 01110111.
Ennesima stranezza ricercata.
Insomma, Relaxer forse rilassa, probabilmente confonde, ma di sicuro non stupisce.
Andrea Costa