Che effetto fa parlare di “Britpop” al giorno d’oggi? Se guardiamo oltre alle tante serate a tema che si stanno organizzando un po’ in tutti i music club, gli unici argomenti di cui si parla sono l’eventuale agognata reunion dei fratelli Gallagher, con tanto di scommesse presso i bookmaker, congetture su cosa stia passando nelle vulcaniche menti di Damon Albarn e Graham Coxon, lodi a Richard Ashcroft e a Brett Anderson, impegnati l’uno da solista e l’altro con i Suede in un pregevole rock “adulto” lontano dagli esordi, ma ancor oggi in grado di emozionare le grandi platee.
Al di là dei grandi nomi, in un modo o nell’altro sempre sulla breccia dell’onda, fa quindi specie assistere ad un ritorno inatteso, sorprendente e – diciamolo subito – assai riuscito come quello degli Sleeper, dopo un silenzio durato quasi 22 anni. Lievemente cambiata la line-up originale, con la brava cantante Louise Wener – divenuta nel frattempo un’apprezzata scrittrice di romanzi e sceneggiature – ed il marito batterista Andy Maclure, affiancati dal chitarrista Jon Stewart e dal nuovo bassista Kieron Pepper, già al lavoro coi Prodigy.
È difficile dire quali fossero gli obiettivi che la band si sia posta con questo inatteso e rischioso rientro, ma a ben vedere la chiave di lettura dell’album è probabilmente la più semplice: Louise e soci hanno ritrovato ispirazione e voglia di suonare insieme, riuscendo a ripartire da dove erano rimasti. Certo, il top delle classifiche toccato ai tempi è lontano, così come i volumi di vendite, ma il #18 raggiunto nelle UK charts dimostra che il pubblico non si è scordato degli Sleeper e che “The Modern Age” è un lavoro onesto e piacevolmente easy listening che ci mostra come certe sonorità, rimaste nel cuore di molti, possano ancora far breccia negli ascoltatori.
L’album infatti, grazie ad un’ottima produzione e a dei musicisti ispirati, evita i cliché della nostalgia, proseguendo senza troppi fronzoli e patemi il discorso artistico interrotto nel 1998: come a dire che la sincerità e l’onesta artistica sono il miglior modo per riproporre e far apprezzare ancora oggi sonorità non più di moda. I due single finora pubblicati “Look At You Now” e “The Sun Also Rises” uniscono sapientemente melodia ed energia rock, impreziosendo il tutto con tocchi di elettronica affatto invasivi e sfruttando al meglio la voce elegante e seducente di una Louise ancora in formissima; la cantante inglese si mostra particolarmente eclettica, ispirandosi nelle sue particolari modulazioni vocali alla mitica Debbie Harry in maniera particolarmente evidente in quelle canzoni in cui prevale l’aspetto melodico – come la suadente title track e l’eterea “Car Into The Sea” – mettendo però in piena luce la propria grinta e personalità nei pezzi più rock, l’eccellente “Blue Like You” su tutti.
Cosa dire in conclusione di “The Modern Age”? In 36 minuti, gli Sleeper da un lato ci fanno fare un innegabile tuffo nel passato, dall’altro ci mostrano, tuttavia, come la buona musica sia sempre attuale, realizzando un’opera probabilmente non seminale, ma in grado di lasciarsi ascoltare e riascoltare al punto da scommettere che forse sì, la band inglese è tornata con un altro piccolo cult.
Tracklist:
- Paradise Waiting
- Look At You Now
- The Sun Also Rises
- Dig
- The Modern Age
- Cellophane
- Car Into The Sea
- Blue Like You
- More That I Do
- Big Black Sun