Abbiamo incontrato Rocco Losavio, che ci ha parlato di “Panacea”, il suo nuovo singolo, un dialogo intimo tra l’autore e la sua coscienza su una base prog-rock, caratterizzata da chitarre potenti, che lasciano tuttavia spazio ai synth sul finale.
Il brano nasce durante un periodo molto complicato per l’artista, in cui doveva decidere chi essere, sebbene dentro di sé avesse tutte le risposte alle sue domande…
E rinasce ogni volta che si trova ad affrontare qualcosa di emotivamente complesso.
Potenzialmente “Panacea” rinasce ogni giorno.
Intervista a cura di Egle Taccia
Mi racconti il tuo percorso artistico?
Sorrido pensando a questa domanda, perché non penso di avere un vero e proprio percorso artistico. Mia nonna ci teneva a che imparassi a suonare il pianoforte, in quanto lei non aveva potuto proseguire con gli studi perché aveva 5 fratelli: troppe bocche da sfamare. Ho studiato pianoforte e chitarra, anche se adesso è davvero molto che non suono.
Come e quando hai iniziato a scrivere canzoni?
Sin da piccolo mi è sempre piaciuto giocare con le parole: mi divertivo a riscrivere i testi delle canzoni famose, a volte in maniera caricaturale. Verso la fine del liceo, quando ho cominciato a suonare la chitarra, ho iniziato a comporre delle musiche e su quelle a scrivere i miei testi. Parto sempre dalla musica e quando ho ben chiara quella ci scrivo sopra le parole.
Come definiresti la tua musica?
Non saprei come definirla: è semplicemente qualcosa che scaturisce quasi da sé quando è il momento giusto.
Di cosa parla Panacea?
Panacea l’ho scritta diversi anni prima di intraprendere il mio percorso di transizione di genere: da anni sapevo che quella sarebbe stata una necessità per me se volevo in qualche modo sopravvivere, ma mi spaventava tutto il processo. Soprattutto l’idea di prendere ormoni a vita: quella era la parte che mi spaventava di più. Il primo verso della canzone, “Mandalo giù con la forza”, è venuto fuori perché pensavo che la terapia fosse a base di compresse… Invece nel mio caso ho poi scoperto che si trattava di iniezioni.
Quali sono i riferimenti musicali del brano?
L’unico riferimento che mi viene in mente sono due piccoli omaggi che ho fatto a due dei miei cantanti/artisti preferiti: Anastacia e Tiziano Ferro. Sono entrambi contenuti nei due versi: “Cosa resta indenne ad ogni cambio di stagione? Forse un altro sogno a cui convenga rinunciare.” Il primo riferimento è ad uno dei primi brani di Anastacia, “Who’s Gonna Stop the Rain?”, in cui lei canta: “Each day another dream is washed into the sea: it’s another piece of you, it’s another piece of me”, che, come vedi, è molto simile quanto a significato a quello che ho scritto io. Il secondo riferimento è al brano “Ti voglio bene” di Tiziano Ferro, in cui l’artista dice: “e in quanto a te, so solo che, se ti vedessi, sarei più stronzo di ciò che ti aspettassi”, sbagliando il modo dell’ultimo verbo, che sarebbe dovuto essere invece declinato al condizionale, “aspetteresti”.
Anch’io ho sbagliato volutamente il modo del verbo esattamente come ha fatto lui, scrivendo “convenga” invece che “converrebbe”, che tra l’altro non sarebbe rientrato nella metrica del verso.
L’accettazione di sè è una delle cose più difficili da affrontare nella vita?
Il nostro vero nemico siamo sempre noi stessi: pertanto sì, è forse la cosa più difficile di tutte. Io non ci sono ancora riuscito e dubito di farcela, e non solo in riferimento alla transizione.
Hai pronti altri brani da farci ascoltare?
Ne ho diversi completi, ma mi manca la base dell’arrangiamento. Attualmente ho iniziato a scrivere un brano che vorrei dedicare a un nostro ex collega: vediamo se riesco a ultimarlo.
